La tragedia
Il soccorritore dei 29 migranti di Carrara: «Erano ricoperti tutti di benzina», uno era già ustionato
I migranti sono stati visitati subito da un medico a bordo, Giovanni Dolci: «Il bimbo ha rischiato la disidratazione»
CARRARA. «Quando siamo arrivati abbiamo trovato 29 migranti in una barca che non era assolutamente adatta al viaggio. Un motore era rotto. Loro erano ricoperti di benzina. Si era rovesciata una tanica». A parlare è Olivier Manzardo, uno dei soccorritori della Life Support di Emergency. Ha già diversi soccorsi alle spalle, di cui uno con la stessa ong.
Questo soccorso, dice, «non è stato difficile». C’era «mare calmo e questo aiuta». Ma il coinvolgimento motivo è sempre enorme. «Le storie delle persone che salviamo sono sempre le stesse – racconta -. Storie di violenza, di viaggi infiniti».
I migranti sono stati visitati subito da un medico a bordo, Giovanni Dolci. Lui era alla sua prima missione. «Lo stato di salute dei migranti – spiega – era piuttosto buono. Il bimbo piccolo era però a rischio disidratazione. Come tutti, d’altronde. Sono stati ore sotto il sole, senza protezione. Ma il piccolo ovviamente è più fragile. Uno dei naufraghi poi aveva già una ustione dovuta al mix di benzina e acqua salata».
Una volta arrivati al porto di Marina di Carrara, i soccorritori di Emergency sollevano un tema: quello dei respingimenti.
«I naufraghi sono finalmente in un Paese sicuro, ma per ogni persona soccorsa non sappiamo quante ne annegano nel Mediterraneo o quante continuano a soffrire perché riportate in Libia. – commenta Albert Mayordomo, capomissione della Life Support – Anche durante questa missione abbiamo toccato con mano quanto sia diffusa la pratica dei respingimenti. Solo in due settimane, siamo stati testimoni indiretti di almeno cinque respingimenti per un totale di oltre 800 persone riportate in Libia contro la propria volontà».
Uno dei respingimenti ha riguardato 500 persone che si trovavano in acque maltesi al momento dell’intercettazione da parte dei libici.
«La Life Support aveva cercato per oltre 24 ore un’imbarcazione segnalata in difficoltà di cui non c’era più traccia. Abbiamo scoperto in seguito che le persone erano già state riportate in una prigione a Benghazi in Libia – prosegue Mayordomo – . Nei giorni successivi, abbiamo avvistato diverse imbarcazioni cui era stato dato da poco fuoco, segno del passaggio dei libici, e abbiamo saputo che trasportavano più di 300 persone secondo quanto riportato da fonti che seguono le operazioni di respingimento in Libia».
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