Il Tirreno

Firenze

Il caso

Il Forteto fallisce, fine di un inganno: «Non ci sono i soldi per le vittime»

di Mario Neri

	Una delle vie di accesso alla fattoria agricola del FortetO
Una delle vie di accesso alla fattoria agricola del FortetO

I giudici: debiti insostenibili, risarcimenti mai accantonati e conti truccati. Quella della comunità-setta guidata da Fiesoli è una storia di abusi sistematici e minori sottratti alle famiglie

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VICCHIO. Chiude i battenti la cooperativa agricola Forteto che fu la casa di Rodolfo Fiesoli. Cade l’ultimo involucro di un sistema che per quarant’anni ha saputo rigenerarsi dentro l’omertà, le connivenze, i muri alzati in nome di un modello educativo diventato macchina di dolore.

Il Tribunale di Firenze ha dichiarato l’insolvenza della ForteMugello – questo il nuovo nome assunto nel tentativo di lavare via la storia dell’ex Forteto – e ha avviato la liquidazione giudiziale. Il concordato preventivo presentato dai vertici è stato respinto. Per i giudici, era una toppa peggiore dello strappo: «I creditori riceverebbero meno che con la liquidazione».

Fine di un capitolo. Ma non ancora del libro.

La lunga ombra del guru

Fiesoli, morto il 13 maggio scorso nella casa di riposo padovana dove scontava i domiciliari, ne era il fondatore e il dominus. Era stato condannato in via definitiva per violenza sessuale e maltrattamenti a oltre 14 anni di carcere. A lui – e al cerchio magico che lo ha protetto e gli ha obbedito – si deve il cuore marcio di quella comunità nata negli anni ’70 tra le colline di Vicchio, dove la cooperativa agricola era solo una copertura. Dietro, c’era un modello para-settario, un metodo educativo imposto con le botte e l’umiliazione. I figli venivano tolti alle famiglie, affidati a educatori abusanti. Lo Stato, per decenni, ha guardato altrove, troppo spesso complice, talvolta semplicemente distratto. Il fallimento della cooperativa è anche il fallimento di un sistema di protezione istituzionale che ha resistito oltre ogni denuncia.

Conti truccati

I giudici non si sono limitati a rigettare il piano. Nella sentenza si legge che la crisi della cooperativa era nota da anni. Gli indici economici erano in rosso già nel 2020, se non prima. Eppure nessun bilancio ha mai previsto un fondo per i risarcimenti alle vittime, nonostante le condanne in sede penale e le provvisionali disposte dalla giustizia civile. La società, scrive il tribunale, ha «procrastinato lo stato di insolvenza» per non affrontare l’eredità giudiziaria. Il piano di concordato prevedeva la vendita degli ultimi rami produttivi, come la Serra e la Bottega, per tentare di salvare qualcosa. Ma il valore offerto – 810mila euro – non bastava nemmeno a garantire i creditori privilegiati. Figurarsi le vittime: per loro, si promettevano 4,5 milioni. Una cifra giudicata del tutto «insufficiente», frutto di accordi parziali e non garantiti. Il Tribunale ha parlato chiaramente: le stime erano ottimistiche, le proiezioni traballanti, i numeri non tenevano.

«Tutelare le vittime»

A seguire l’iter ci sarà la Commissione parlamentare d’inchiesta sul Forteto. Il presidente Francesco Michelotti (FdI) parla chiaro: «Già nel 2016 i consulenti legali avevano chiesto di accantonare risorse per gli indennizzi. Nessuno lo ha fatto. Le vittime sono state danneggiate due volte: dagli abusi e dall’inerzia contabile». La stessa Commissione ha trasmesso documenti al curatore, professor Leonardo Quagliotti, nominato ora per avviare la liquidazione. A dicembre si aprirà il giudizio sullo stato passivo. Tutto sarà passato al vaglio: bilanci, asset, obbligazioni e responsabilità residue.

Fine dell’ipocrisia

Il Forteto, simbolo di una Toscana che non voleva vedere, chiude anche economicamente. La cooperativa che per decenni ha ottenuto contributi pubblici, venduto formaggi nelle grandi catene, ricevuto premi e sostegni da ogni livello istituzionale, oggi si arrende all’unica contabilità che non mente: quella delle carte bollate. Chi lavorava lì rischia il posto. Chi ci ha vissuto da bambino, chiede giustizia. È il finale amaro di una comunità che ha educato all’obbedienza cieca e all’occultamento. Che oggi si scopre nuda, senza più marchi da vendere, senza più alibi. Ma con molte verità ancora da svelare.
 

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