Lucca, avvocato morto in bici a 47 anni: condannati Provincia e costruttore del mezzo
Il telaio si ruppe dopo aver impattato contro un dosso non segnalato, poi lo schianto su un Porter
BORGO A MOZZANO. La bici affronta un dosso e dopo il passaggio si spezza in tre punti. Il ciclista non riesce a controllare quell’ammasso improvviso simile a un rottame e finisce contro un Ape Porter. Perde conoscenza per il trauma cranico e nel giro di qualche ora muore all’ospedale di Cisanello.
Archiviato il procedimento penale, per il decesso di Alessandro Guaspari, 47 anni, avvocato, di Borgo Mozzano, morto il 16 marzo 2022 nell’incidente avvenuto in via Bellosguardo nei pressi dell’incrocio con via Fondi nel comune di Camaiore, il Tribunale di Lucca ha condannato la Provincia e la “Fabbrica Italiana Velocipedi Edoardo Bianchi” di Treviglio a risarcire gli anziani genitori con circa 600mila euro (spese legali incluse) .
Alle due controparti citate in giudizio dai familiari della vittima vengono contestate mancanze che, in un tragico “concorso” di colpa, avrebbero provocato per la sentenza di primo grado la caduta fatale dell’avvocato, appassionato cicloamatore. Le consulenze, accolte nei contenuti dal giudice Antonio Mondini, sono arrivate alla conclusione che la bici Bianchi non era sicura per la consunzione del carbonio in varie parti del telaio. Una condizione di vulnerabilità degenerata in rottura al momento di impattare contro un dosso non segnalato. La bici si è rotta per quell’ostacolo invisibile, ma che ha prodotto l’effetto di far perdere il controllo a Guaspari proiettandolo in un volo mortale contro il Porter.
La Provincia
Secondo Palazzo Ducale, citando la consulenza del pm nel procedimento penale, «la perdita di controllo del ciclista percepita dai testimoni prima dell’impatto è da attribuirsi esclusivamente al fatto che il telaio della bicicletta doveva essersi già spezzato, anche solo parzialmente, al momento dell’urto».
La Bianchi
Nella causa le due parti citate in giudizio hanno cercato di scaricare sull’altro la responsabilità della caduta di Guaspari. E così la Bianchi, con indagini difensive, ha ribadito che la causa dell’incidente «era da ricondursi all’insidia stradale e che il velocipede non presentava difetti». Lo ha fatto allegando dichiarazioni e testimonianze di ciclisti che segnalavano la presenza pericolosa del dosso.
Il testimone
Un teste ha riferito che il ciclista «sbandò a sinistra all’incirca 20 metri dopo l’avvallamento» ribadendo di avere visto «che prima aveva perso il controllo perché la bicicletta non era più stabile sulla strada, saltando sul dosso». L’avvallamento «era trasversale dal tombino fino alla sinistra della strada».
Le cause
Il consulente del pm ha evidenziato che per i modi dell’urto tra la bicicletta e l’Ape, osservabili nelle immagini, e per i danni riportati dai due mezzi, il telaio non si è spezzato per effetto dell’impatto ma doveva essersi spezzato prima dell’urto. «La consunzione avrebbe prodotto un cedimento del mezzo ma non può dirsi che, senza l’innesco dovuto al passaggio sul dosso, il processo di cedimento si sarebbe verificato in quel momento e con le modalità con cui si è verificato» scrive il giudice Mondini. Alla Provincia viene addebitata l’assenza di manutenzione della strada, lasciando che sussistesse l’insidia, mentre la società Bianchi risponde del danno per «aver commercializzato un prodotto difettoso». «Il telaio della bicicletta si è rotto in tre parti prima dell’urto con l’Ape Porter a causa del fatto che il telaio era soggetto a sfaldamento delle pelli, presentava cioè un deficit di tenuta strutturale – ancora la sentenza –. La bicicletta non offriva la sicurezza che la vittima poteva legittimamente attendersi dal mezzo». Il legale della Bianchi ha introdotto anche l’elemento della presunta scarsa cura della bici (vecchia di 8 anni) da parte dell’avvocato. Il meccanico di fiducia di Guaspari ha ricordato al giudice che il cliente «veniva frequentemente ogni 3-4 mesi, ossia quando aveva bisogno di qualcosa per la bicicletta».
Chi era
Figlio unico, la vittima dell’incidente stradale viveva con i genitori Fabrizio, a lungo ragioniere dalla Cassa di Risparmio di Lucca e la madre, Ilva, ex professoressa alle scuole medie Giovanni XXIII. Oltre all’attività di avvocato, Guaspari gestiva il patrimonio immobiliare di famiglia e, in particolare, l’agriturismo di Pruneta di Sopra, a Castelnuovo Garfagnana. Una struttura che seguiva con amore e che sotto la sua guida era diventata un luogo prediletto dei turisti (in gran parte stranieri) che vogliono trascorrere qualche giorno davanti allo spettacolo delle Alpi Apuane.
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