Lucca, non diagnosticato feto con malformazione: Asl condannata a risarcire una coppia
La scoperta solo al momento del parto: ai genitori spettano i danni morali
LUCCA. Non essere stati informati delle gravi malformazioni del feto è un danno morale da risarcire. Lo ha stabilito la Corte d’appello di Firenze accogliendo il ricorso di una coppia di genitori che in primo grado si erano visti respingere dal Tribunale la richiesta danni all’Asl.
Il danno
Per stabilire il quantum i giudici fiorentini rimandano a una nuova consulenza tecnica d’ufficio nella causa da rimettere in ruolo. La storia risale al 2013. Nonostante le ecografie di routine i medici non avevano individuato una grave malformazione del feto, «che aveva portato alla nascita del piccolo con agenesia del perone destro, e assenza del secondo e quinto dito del piede destro». Questa mancata informazione, era la tesi della coppia, «aveva impedito alla madre di optare per l’interruzione della gravidanza e comunque ad entrambi i genitori di prepararsi ad affrontare la nascita di un figlio malformato, di talché essi, avendo scoperto le malformazioni solo al momento della nascita del bambino, a causa del trauma avevano sviluppato una sindrome depressiva».
Posizione feto
L’Asl aveva argomentato che «la posizione del feto impediva di avere visione del perone». Sul punto la Corte d’Appello stigmatizza il ragionamento dell’Azienda sanitaria: «Ciò avrebbe dovuto essere segnalato ai genitori, che avrebbero così saputo della parziarietà della verifica ed avrebbero potuto decidere se effettuare per sicurezza un’ecografia di secondo livello. Dunque, l’omissione d’informazione è stata colpevole ed in nesso di causa con il trauma della scoperta della menomazione solo al momento del parto». Nella richiesta danni la coppia sottolinea più che la scelta di interrompere la gravidanza quella di non aver avuto tempo per metabolizzare la disabilità del nascituro. Il trauma al momento del parto gettò nello sgomento i genitori che chiesero conto della mancata diagnosi.
La depressione
La coppia ha, quindi, concentrato, le proprie difese «lamentando che il contegno medico aveva impedito loro di conoscere con anticipo rispetto alla nascita la malformazione che affliggeva il proprio figlio, così da prepararsi psicologicamente e materialmente, e che proprio il trauma causato dalla scoperta della grave menomazione solo al momento della nascita del neonato avevano determinato in loro una sindrome depressiva».
Nuova perizia
Quello che la Corte d’Appello non ha fissato nel riformare per intero la sentenza di primo grado è l’entità del risarcimento. Le consulenze in atti non definiscono con precisione il danno da liquidare ai genitori. La necessità di ricorrere a una nuova consulenza deriva dal fatto che in quella presentata «manca completamente un tentativo di distinguere tra il danno psichico causato dall’impossibilità di prepararsi all’evento e quello causato, in ipotesi, dalle condizioni del bambino, quasi a voler sostenere che se preventivamente informati essi (i genitori, ndr) non avrebbero avuto alcun nocumento, in contrasto con la deduzione, pure contenuta nella relazione peritale, che la situazione psico-esistenziale dei genitori deve essere valutata anche rapportandola alle sofferenze ed i test molto impegnativi cui dovranno sottoporsi sia il bambino sia padre e madre con il loro imprescindibile sostegno genitoriale fino all’età di circa 20 anni a fronte del danno somatico e psichico in età evolutiva».