Gli rubano 2.500 euro con un sms: il giudice nega il risarcimento. Il caso a Lucca
Crede di parlare con un consulente e rivela numero di carta e codice segreto
LUCCA. É alto il pericolo di vedersi svuotare il conto corrente attraverso raggiri che – dati alla mano – solo il 17,5% degli utenti che acquistano in rete sa come evitare. Tra le truffe più riuscite c’è il phishing: un raggiro effettuato in rete da malintenzionati che ingannano le vittima convincendola a fornire informazioni personali, dati finanziari o codici di accesso, e fingendosi un ente affidabile in una comunicazione digitale. In sostanza il truffatore effettua un invio di messaggi che imitano, nell'aspetto e nel contenuto, messaggi legittimi di fornitori di servizi. Messaggi fraudolenti con richiesta di fornire informazioni riservate come, ad esempio, il numero della carta di credito o la password per accedere ad un determinato servizio. La maggior parte delle truffe è perpetrata con messaggi di posta elettronica, sms o telefonate.
Obbligo di diligenza
Proprio di recente un lucchese di 43 anni residente nella periferia cittadina è stato vittima di phishing e nonostante la cause civile, con richiesta di risarcimento di 2500 euro nei confronti di una banca a cui aveva chiesto un finanziamento per l’acquisto di un cellulare di ultima generazione, si è visto condannare per due volte (al giudice di pace e al tribunale civile) per violazione dell’obbligo di diligenza al pagamento delle spese processuali e dell’avvocato.
I fatti
Nell’ottobre 2020 l’uomo compra un telefonino il cui prezzo viene corrisposto mediante finanziamento con rata di 25 euro. Nella circostanza la banca gli attribuisce una carta di credito e un numero di riferimento per le comunicazioni del finanziamento. Di lì a poco gli arriva un sms che lo invitava a cliccare su un link. Poi riceve una telefonata da una persona che si qualifica come consulente della banca e gli comunica che è stata effettuata una richiesta di pagamento di 2500 euro dalla Svizzera e gli chiede di confermare i dati della sua carta per bloccarla. I numeri della carta però non corrispondono e il correntista, anziché interrompere la chiamata e porsi dei dubbi, corregge l’operatore dettandogli la numerazione esatta della carta di credito e il codice di sicurezza che garantisce gli acquisti online e permette alla banca di verificare che a eseguire il pagamento sia il titolare della carta che è l’unico a conoscerla. Morale? 2500 euro spariscono dal conto e la banca non annulla l’operazione perché sulla vicenda non ha alcuna responsabilità. Così oltre ad aver perduto i soldi, nei due gradi di giudizio ha dovuto pagare spese processuali per 2200 euro.