Livorno, addio a Loris Rispoli: una vita per la verità sul Moby Prince
Aveva perso la sorella sul traghetto. Il sindaco Luca Salvetti: «Una persona speciale che con gli anni è diventato un amico». Il cordoglio di una città intera, tantissimi i ricordi
LIVORNO. È stato il simbolo della ricerca della verità per la strage del Moby Prince. Sul traghetto Navarma diretto a Olbia, distrutto dalla collisione con la petroliera Agip Abruzzo la sera del 10 aprile del 1991, c’era sua sorella Liana. Lavorava nella boutique e aveva 29 anni.
Da oggi, sabato 22 novembre, Loris Rispoli, la ritroverà in cielo. Pensionato delle Poste e storico presidente dell’associazione “140”, il numero delle vittime del più grande disastro della marineria italiana, aveva 69 anni ed era originario del comune apuano di Licciana Nardi, ma da decenni abitava a Livorno. Aveva fondato l’associazione che raggruppava i familiari per chiedere giustizia. Non aveva mai smesso di farlo, lasciando la presidenza solo quando nel febbraio del 2021 venne colpito da tre arresti cardiaci consecutivi mentre si trovava a casa dei genitori, in via della Vecchia casina, e venne salvato dai volontari. La tragedia nel tardo pomeriggio di oggi, dopo un arresto cardiaco: è morto in ospedale poco dopo. Lasciando nel dolore più totale tutta la città.
Parla il suo successore
«Ho perso un fratello maggiore – le parole di Nicola Rosetti, che da quel giorno del collettivo ne è diventato il presidente – e la sua morte rappresenta una perdita non solo per Livorno, ma per l’Italia intera. I familiari delle vittime della strage di Viareggio, mi piace sempre ricordarlo, si rivolgevano a lui per avere dei consigli, Loris era un punto di riferimento per queste battaglie. Ha dato la vita per arrivare alla verità sul Moby Prince e ora non dobbiamo assolutamente mollare. Dobbiamo farlo anche per lui. Non dimenticherò mai i lunghi e sempre più forti abbracci che mi dava ogni volta che veniva a trovare a San Benedetto del Tronto, dove abito. Questa battaglia per ottenere la verità, ormai, sta portando via troppe persone: penso naturalmente anche ad Angelo Chessa (il figlio del comandante della nave Ugo, morto poco più di tre anni fa a 56 anni ndr)».
Le parole del sindaco
«C’è un volto che poi diventerà per me molto familiare, impossibile da dimenticare: è il volto di Loris Rispoli, fratello di una delle ragazze che lavorano sul Moby. Lui abbraccia la madre – scrive il sindaco Luca Salvetti, che da giornalista lo ha intervistato molte volte – dalla banchina guarda verso l’imboccatura del porto, aspetta notizie certe, ma è come se avesse già capito tutto, i suoi occhi sono lo specchio del dramma...”. Con queste parole negli anni ‘90 ho descritto il primo incontro con una persona speciale, che con gli anni è diventato un amico e con il quale ho percorso un lunghissimo cammino di vita e un’esperienza umana, giornalistica e poi da sindaco legata al Moby Prince e al dramma del 10 aprile 1991. Ciao Loris, sarai sempre con me e con tutti i livornesi».
I ricordi
Innumerevoli i messaggi sui social, anche sulla pagina di Rispoli. Loris – scrive Debora Rosetti – ci sarà per sempre, perché senza di lui tutto sarebbe già stato dimenticato e ciò che siamo riusciti a sapere oggi è solo grazie alla perseveranza pacata, ma puntuale e costante, di un uomo che per anni ha portato sulle sue spalle il dolore di noi tutti. Riposa ora Loris e grazie per tutto ciò che hai fatto per tutti noi con estremo e generoso coraggio».
«Ciao Loris. Ho avuto il privilegio di conoscerti. Purtroppo – le parole di Lucia Teresa Benetti – erano momenti di solo grande e profondo dolore. Hai insegnato a tutti cosa sia il senso di giustizia, cosa siano il coraggio e la lealtà. Ti sei speso senza mai fare un passo indietro. Ora vola. Ora davvero saprai. Ora e per sempre resterai nei cuori di tutti. Ti abbraccio e condoglianze alla tua famiglia». «Ciao Loris – scrive Serena Fabbrini –. Sei una Grande persona e lo sarai ancora di più finalmente riunito a tua sorella, la tua ragione di vita, la tua missione, la tua battaglia per lei e per tutti i coinvolti. Onorati di averti conosciuto e vissuto». «Ti conoscevo da cinquant'anni, dai tempi dell’Iti – scrive Ivano Pozzi – e crescendo ti avevo perso di vista, per ritrovarti nell'occasione peggiore. Tanti 10 aprile, tante iniziative. Quel dolore terribile non ti aveva abbattuto, anzi. Purtroppo quel dolore ti ha indirizzato la vita».
«Ciao Loris – aggiunge Ombretta Fallani – sono onorata di averti conosciuto molti anni fa e buon viaggio per te insieme alla giustizia che hai sempre inseguito e cercato». Ora sei volato via, libero. Ma il vuoto che ci hai lasciato è immenso. Ci resta il ricordo della tua forza – scrive Paola Pellegrini – della tua lotta generosa e instancabile per la verità di quelle 140 morti ormai lontane. E continuarla è l’unico modo per onorare la memoria di te». «Caro Loris, non avrei mai voluto che arrivasse questo triste giorno. Averti conosciuto – le parole di Ferdinando Bencreati – e aver partecipato alle tue battaglie è stato per me un onore. Se da una parte c'è la sofferenza, dall'altra mi conforta la certezza che sei di nuovo con la tua Liana. Adesso tu sai la verità. A noi lasci in eredità il proseguo della battaglia e la ricerca costante di questa. Un abbraccio immenso. Ci rivedremo».
Arrivederci Loris – aggiunge Simona Ghinassi –. Mi mancano le parole, ero ormai rassegnata al tuo silenzio, ma c’eri e mi tranquillizzava pensare che non avresti smesso di far sentire comunque la tua voce. La ricerca della verità resta intatta, è una promessa». «Ti ho ascoltato per ore. Giorni. Anni. Fino a quando hai avuto la parola. Hai acceso luci di speranza. Eri un eroe. Unico. Esempio di impegno civile. Assiduo. Costante. Incessante. Senza soste. Senza freni. Ho ascoltato ogni singola parola. Le ho memorizzate, pesate, incastonate nella memoria – scrive il giornalista e scrittore Francesco Sanna –. Credo fosse quello che avevi deciso giusto per me. Quello che è successo oggi era giusto invece per te. Era da tempo che meritavi quel dono dovuto a una persona del tuo calibro. Ricordi, furono le ultime parole che ti dissi dal vivo, prima di quel giorno buio, delle ambulanze, di quell’ultimo te che era rimasto: “Loris prima o poi ce l'avremo un po' di pace?”. Mi hai sorriso. La meritavi più di chiunque altro. Pace, di verità e giustizia. Resterà in ogni particella di aria che respirerò il dono del tuo esempio. E la voglia di chiudere quella storia di cui resterai il più iconico dei protagonisti. Avanti fino alla fine, per te e per chi prima ci ha lasciato trovando quella pace».
