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Festa della Toscana: la storia

Gregory Summers: l’eterno ricordo degli studenti mobilitati per la vita

di Marco Sabia
Gregory Summers: l’eterno ricordo degli studenti mobilitati per la vita

Dal braccio della morte statunitense all’abbraccio dei ragazzi di Cascina. L’ex preside: «Si proclamò innocente, cercammo di salvarlo»

30 novembre 2022
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La lapide si trova facilmente: entrando al cimitero e seguendo la fila centrale, sulla sinistra è la seconda tomba a terra. Una persona, in particolare, con costanza da quel 25 ottobre 2006 se ne prende cura: Maria Carmela Carretta, ex preside dell’istituto comprensivo “Borsellino” di Navacchio, oggi in pensione ma in quel periodo al centro di una vicenda che, per una donna schiva, non deve esser stata semplice da gestire. Perché in fondo chi intratterrebbe uno scambio epistolare con un condannato a morte? Con un “dead man walking”, che per la giustizia americana è stato ritenuto organizzatore dell’omicidio dei suoi dei genitori, per intascare poi un premio assicurativo di poche decine di migliaia di dollari.

C’è un filo sottile che ha legato per dieci anni la dirigente scolastica e Gregory “Greg” Summers, 48enne giustiziato nell’ottobre 2006 con un’iniezione letale, nonostante mille appelli e il suo professarsi, sin dalla condanna del 1991, innocente. Carretta lesse della sua vicenda su Famiglia Cristiana, gli scrisse e continuò a farlo per anni. Tanto che, nel 2005, decise di coinvolgere l’istituto comprensivo che guidava in un progetto sul valore della vita e che, per le classi terze della media, si focalizzava sul tema della pena di morte. E così i ragazzi, tramite la dirigente, scrissero a Greg, il quale continuava a proclamarsi innocente. Carretta addirittura consegnò 1.200 firme grazie al passaparola fra i ragazzi e le famiglie all’allora console americana. Ma niente, Summers venne accompagnato lungo il corridoio, steso sul lettino, legato e poi sottoposto all’iniezione letale. Nessuno, solo Dio per chi crede, conosce la verità assoluta: per la giustizia degli uomini, invece, ci sono i processi. Che però, spesso, lasciano sensazioni contrastanti. La preside tutt’ora non sa e non può dire se Summers fosse innocente o colpevole, ma si deve attenere a quanto i tribunali americani hanno deciso. Anche se non può accettare che uno Stato «scientemente uccida una persona, perché questo atto non riporta in vita la vittima».


Allora Summers si legò così tanto ai ragazzi di Navacchio che chiese come ultimo desiderio di trovare l’eterno riposo in questo lembo di provincia pisana, all’interno di una bara bianca firmata dai ragazzi. “Dal braccio della morte all’abbraccio di Cascina”, questo riporta la lapide che ha inaugurato questo racconto.

Oggi è la Festa della Toscana, una terra bellissima che al ripudio per la pena capitale si lega: il Granducato di Toscana fu, infatti, il primo Stato al mondo ad abolire la pena di morte grazie a una legge di Pietro Leopoldo, nel 1786. Sempre oggi, a Cascina, ci sarà un evento dedicato al teatro cittadino, sul tema della libertà d’espressione e in un luogo simbolo proprio per la vicenda oggetto di questo racconto. Ma a distanza di anni cosa rimane alla preside protagonista di questa vicenda insieme a Summers, ai ragazzi e agli insegnanti della scuola media? «È un tema – spiega l’ex dirigente scolastica, oggi in pensione – che mi ha sempre toccato e per il quale mi sono sempre battuta. Mi rimane di aver concorso a esaudire il desiderio di una persona che si è costantemente proclamata innocente e l’aver fatto riflettere i ragazzi sul valore della vita: c’era chi si proclamava a favore della pena di morte, poi parlandone in classe cambiava opinione. E questa è una soddisfazione».

Una “sfida”, quindi, che affrontabile anche tra le mura scolastiche. «Sì, anche se non avevo idea delle conseguenze e degli attacchi che avrei poi ricevuto. Vale la pena insistere per fare un’opera di sensibilizzazione», continua Carretta, l’unica, o comunque una delle pochissime persone che ancora oggi va al cimitero di Cascina a sistemare la tomba di Summers e a lasciare qualche fiore. «Mi è capitato di trovare piantine o lumini che non ho lasciato io – conclude – quindi significa che c’è anche qualcun altro». Che non si sa chi sia: potrebbe pure esser uno dei ragazzi di allora, che adesso è un adulto con una trentina di primavere alle spalle. Cesare Beccaria, padre de “Dei delitti e delle pene”, era contrario alla pena di morte, semplicemente perché non aveva la funzione deterrente di allontanare gli uomini dal commettere reati. Qualunque fosse la pena, preceduta magari dalla tortura, non scoraggiava abbastanza. Può uno Stato uccidere un proprio cittadino? La Toscana ha detto no il 30 novembre 1786, a dieci anni di distanza dalla Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti. Ben 246 anni dopo quel momento storico, gli Stati Uniti sono la prima potenza mondiale, dove chi ha un sogno, qualunque esso sia, ha la ragionevole speranza di esaudirlo. Ma dove, tuttavia, accade che qualcun altro venga accompagnato lungo un corridoio, steso su un lettino, legato e poi ucciso in una prigione per mano di un liquido. Anzi, per mano dello Stato.

 

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