Grosseto, video per controllare i lavoratori: multato un bar-ristorante
I militari dell’Ispettorato riscontrano la presenza di «impianti audiovisivi abusivi». Dopo il caso “Test del carrello Pam” si apre il dibattito
GROSSETO. I carabinieri del Nil (il Nucleo ispettorato del lavoro) hanno riscontrato nei giorni scorsi la presenza di «impianti audiovisivi abusivi» in un noto bar ristorante della città, installati «senza la prevista autorizzazione e potenzialmente impiegabili per sorvegliare i lavoratori “a distanza”, in violazione della dignità e della riservatezza degli stessi».
I militari hanno fatto scattare la denuncia alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Grosseto, oltre ad ammende e sanzioni. E in città si è aperto il dibattito.
Il caso
Si possono mettere sistemi di controllo nella propria attività? La domanda assume un valore precipuo di attualità soprattutto all’esito del “Test del carrello Pam” che ha portato ai licenziamenti di cassieri anziani e sindacalisti tra Livorno e Siena.
Il legale
La risposta, premette l’avvocato giuslavorista e docente universitario Marco Tufo, no è così scontata: «La versione breve è: sì previo accordo sindacale oppure (se una rappresentanza non c’è, per esempio) ricorrendo all’autorizzazione dell’ispettorato del lavoro. Ma i controlli non possono essere impiegati per elevare magari una sanzione disciplinare per una prestazione lavorativa non penalmente rilevante, perché sarebbe una lesione di dignità e privacy».
Ci sono, in verità, delle “zone grigie”. «Il badge o lo stesso computer potrebbero essere utilizzati per monitorare i dipendenti da remoto: la questione è complessa», ammonisce il legale, che spiega: «La giurisprudenza si fonda sull’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, che nel tempo è stato aggiornato e modificato. Il principio che permette di “aggirare” il divieto ai sistemi di controllo è quello della tutela delle esigenze di sicurezza (come in banca, ndr) e/o del patrimonio aziendale (si pensi al rischio furti in un negozio); oppure, in terza battuta, per ragioni cosiddette organizzative».
La zona “grigio più scuro”, per motivi che è facile intuire, è quella del registratore di cassa: «La macchina può essere inquadrata, il dipendente no. Il che può non essere semplicissimo a farsi».
Dalla teoria alla pratica il passo è incerto. «Sicuramente la notifica della presenza dei sistemi di monitoraggio deve essere presentata al dipendente per iscritto in modo chiaro e inequivocabile. Ma spesso a dirimere la questione si arriva quando i lavoratori impugnano le sanzioni: sono i giudici, hanno superato lo scoglio dei controlli preterintenzionali, a decidere». Tenendo conto del fatto che l’articolo 38 dello Statuto stabilisce che le violazioni degli articoli relativi ai controlli a distanza (come la videosorveglianza) sono punite con l’ammenda da 154 a 1.549 euro o con l'arresto da 15 giorni a un anno.
«La norma non è solo civilistica ma può configurare un reato», ribadisce Tufo, precisando che «molto spesso a decidere è proprio il Garante della privacy».
