Costa Concordia, Francesco Schettino chiede la semilibertà. Il fratello di una delle vittime: «Quanto successo non potrà essere dimenticato»
Nel naufragio all’Isola del Giglio persero la vita 32 persone: l’udienza si svolgerà il 4 marzo
ISOLA DEL GIGLIO. Il comandante Francesco Schettino, condannato a 16 anni di carcere per il naufragio della Costa Concordia avvenuto il 13 gennaio di 13 anni fa al largo dell’isola del Giglio, ha fatto richiesta della semilibertà. L’ex comandante della nave, rinchiuso nel carcere di Rebibbia, ha maturato il termine che gli consente di accedere a misure alternative al carcere avendo già scontato oltre metà della pena. L’udienza che deciderà se accogliere o meno la sua richiesta è stata fissata per il 4 marzo davanti al Tribunale di Sorveglianza.
La condanna a 16 anni
Schettino venne condannato in primo grado a 16 anni di reclusione il primo febbraio 2015. La Corte d’Appello di Firenze confermò la condanna. Il 12 maggio 2017 la Corte di Cassazione confermò in via definitiva la sentenza di condanna: 16 anni di reclusione per omicidio colposo plurimo, naufragio colposo e abbandono della nave. L’ex comandante fu anche interdetto per sempre dai pubblici uffici. Schettino, per anni, ha svolto lavori socialmente utili all’interno della casa circondariale romana. Nel 2022 la direzione del carcere avanzò la richiesta, poi accolta, di farlo uscire dal carcere per occuparsi della digitalizzazione degli atti dei processi di Ustica. Un compito che ha portato a termine. Sempre nel 2022 gli avvocati dell’ex comandante avevano chiesto la revisione del processo. I giudici della Corte europea però hanno confermato la condanna firmata dalla quarta sezione penale della Cassazione.
La richiesta della semilibertà
La richiesta della semilibertà arriva a pochi giorni dalla celebrazione del tredicesimo anniversario della tragedia che cambiò per sempre la vita delle 4229 persone tra passeggeri ed equipaggio che erano a bordo della Costa Concordia: 32 di loro persero la vita e 157 rimasero ferite. Fra le vittime c’era un cameriere, si chiamava Russel Rebello ed era nella sua cabina: quel giorno era di riposo perché non stava bene. Il suo corpo fu ritrovato tre anni dopo la tragedia, quando la nave era già nel porto di Genova.
Le reazioni
Il Tirreno ha chiesto a Kevin Rebello, suo fratello, un commento sulla richiesta di Schettino. Nelle sue parole non emergono rancore e risentimento nei confronti dell’ex comandante; per lui conta solo che suo fratello non tornerà più. «È un suo diritto – commenta Rebello a proposito di Schettino – La legge glielo consente, io penso solo alla legge. Saranno i giudici che dovranno decidere in base ai fatti. L’importante è che la decisione sia presa con serietà e rispetto per le persone coinvolte. Quanto successo non potrà mai essere dimenticato né da chi è sopravvissuto né dai familiari di chi è morto. I giudici hanno condannato Schettino e lui sta pagando un prezzo, 16 anni. Io non mi so immaginare nemmeno una notte in prigione. Lui c’è ormai da anni». Anche Sergio Ortelli, primo cittadino del Giglio al momento del naufragio, commenta spiegando che Schettino sta facendo ciò che la legge consente. «Saranno i giudici a decidere il suo futuro. Se ha maturato il termine che gli consente di accedere a misure alternative al carcere, potrà usufruire della semilibertà. Non sono contrario dal punto di vista umano, e penso che interiormente abbia pagato abbastanza. La nostra Costituzione parla della pena come funzione rieducativa e dell’inserimento del condannato nella società. Nel caso specifico sono convinto che possa rifarsi una vita dopo quanto è accaduto».