Il Tirreno

Firenze

La città vista dalla strada

Firenze, c’è vita dopo il Ponte all’Indiano? Cronaca semiseria di una città ostaggio dei cantieri

di Mario Neri
Firenze, c’è vita dopo il Ponte all’Indiano? Cronaca semiseria di una città ostaggio dei cantieri

Traffico in tilt, viabilità compressa, cittadini esasperati: dopo la chiusura delle corsie interne, il ponte si è trasformato in un imbuto. I social esplodono, le opposizioni attaccano. Intanto Palazzo Vecchio difende l’intervento come “necessario”. Ma resta la domanda che tutti si fanno, in coda sotto il sole: questa modernizzazione è solo dolore… o anche speranza?

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FIRENZE Nel grande laboratorio a cielo aperto che è Firenze, dove ogni estate si sperimenta l’impossibile alchimia tra cantieri e vivibilità, l’ultimo ingrediente del caos ha un nome familiare e una funzione cruciale: Ponte all’Indiano. Ma da ieri è anche, più semplicemente, il "tappo". Il tappo che paralizza. Che strizza la città in una morsa d’asfalto e nervi. Che rende le code simili a quelle da bollettino bellico, chilometriche, immobili, invivibili. Un viadotto, quello dell’Indiano, che per i fiorentini è come il respiro: non lo noti finché non te lo tolgono. Da qualche giorno lo stanno lentamente svuotando, riducendo, sezionando. Non per capriccio, ma per una delle tante opere "necessarie": la sostituzione delle barriere di sicurezza. Roba seria. Roba che, in teoria, serve a non cadere giù. E che, in pratica, ha prodotto il crollo istantaneo della pazienza cittadina.

Il “tappo” dell’Indiano: quando l’infrastruttura diventa il nemico

Fino al 23 giugno si erano visti solo i ponteggi, il cantiere sospeso e quasi invisibile sotto l’impalcato. Ma da lunedì 24 le cose sono cambiate: è scattata la seconda fase, quella più invasiva. Corsie interne chiuse in entrambe le direzioni, viabilità compressa.A complicare la situazione, ieri si è aggiunta una congiuntura quasi astrale: A1, A11 e la Fi-Pi-Li bloccate, tutte rosse su Google Maps. Il traffico si è riversato in massa sul Ponte all’Indiano, che ha fatto da imbuto. La grande vena di Firenze ha avuto un infarto. Quaranta minuti per un tratto che normalmente richiede cinque. La pagina Facebook Traffico Firenze è un misto tra bollettino di guerra e confessionale popolare. «Comune, ma vi rendete conto? Da Firenze Nord a Firenze Sud è tutto bloccato!», scrive un utente esasperato. Giuseppe posta la foto di un’auto ferma in coda: «Questi sono o matti o incompetenti...».

Fronti contrapposti: cittadini, politici e amministratori

L’assessore Andrea Giorgio - "il vero sindaco" per alcuni - è il bersaglio preferito. Tra richieste di dimissioni, petizioni e invocazioni di coerenza con lo Scudo Verde: «Si multano le auto inquinanti e poi si progettano cantieri-ciminiere di gas di scarico in coda».Non tutto il caos è colpa dell’Indiano. Firenze appare come un piano regolatore gonfiato a cortisone: cantieri, transenne, deviazioni ovunque. Da viale Europa a via Bolognese, via Fortini, piazza Libertà, via Villamagna, Lungarno Ferrucci. Autolinee ha deviato 8 linee urbane. I bus si arrampicano su percorsi alternativi come animali in fuga, mentre il centro diventa un labirinto stremato.La politica sbraita. Le opposizioni attaccano a testa bassa. Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega, Noi Moderati, Lista Schmidt: «Fallimento completo», «Città al punto di rottura. Perché tutto a luglio, con 40 gradi?». Alberto Locchi (Forza Italia) accusa: «Firenze è un interminabile cantiere, sembra una guerra al traffico studiata a tavolino».

Turni di notte, ma non con il solleone

Il cantiere di Toscana Energia in via Toselli, aperto da tre mesi, è ironicamente definito «un filone d’oro nel sottosuolo». Nuovi interventi partono nel momento peggiore, spesso senza lavoratori visibili.Da Palazzo Vecchio assicurano: i lavori all’Indiano sono a doppio turno, con una pausa dalle 13 alle 18 per evitare che qualche operaio ci lasci le penne per il caldo estremo. E poi, ohibò, dalla Smart City control room Giorgio vedeva tutto e, ohibò, a una cert’ora è apparso il miracolo sui monitor: nel pomeriggio i viali alla Fortezza liberi, un viaggio nel tempo, roba che neanche in certe mattine terse del Covid.E poi è stato pure il primo giorno di trasferimento dell’hub dei bus turistici da lungarno Pecori Giraldi a piazza Vittorio Veneto, ed è andato bene. Giorgio era sul posto alle 8, senza "furbetti" segnalati sul lungarno. Commercianti di Borgo Ognissanti finalmente respirano, a Santa Croce sempre furiosi.

Non è la città di Johnny Stecchino. O forse sì?

Dietro tutto resta la domanda cruciale: si poteva fare diversamente? Scaglionare, programmare, evitare la simultaneità di tanti cantieri? Forse sì, forse no. Molti lavori, soprattutto quelli finanziati con il Pnrr, si sono accavallati come nervi. E ora Firenze è un corpo pieno di spasmi, ma rinunciare alla modernizzazione significherebbe fermarsi. Forse questa è la fisioterapia dolorosa di una città che prova a rinnovarsi, a restare viva. E in mezzo, i cittadini: sudati, bloccati, arrabbiati. Con il motore acceso e la radio che gracchia notizie da un’altra dimensione. Lontana, con meno cantieri ok, ma questa mica è la città di Johnny Stecchino. Suvvia.

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