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Medici di famiglia, in Versilia ne mancano 33: parte la rivoluzione del ruolo unico - Come funziona

di Gianni Parrini

	Sanità: in Versilia mancano 33 medici di famiglia
Sanità: in Versilia mancano 33 medici di famiglia

Le situazioni più gravi si registrano in Alta Versilia e a Torre del Lago. Il dottor Squillace: «La popolazione invecchia e le patologie aumentano»

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VIAREGGIO. «Dica 33», recita la formula classica del medico di famiglia che deve auscultare un paziente. Ma in Versilia quel numero oggi significa tutt’altro: sono infatti 33 i dottori mancanti, con una carenza che pesa soprattutto nella zona nord e a Torre del Lago. È questa la fotografia della medicina territoriale in Versilia, un settore che si appresta a vivere una profonda rivoluzione, tra il cosiddetto “esodo bianco” che porterà all’uscita di un dottore su quattro da qui al 2030, e all’arrivo del cosiddetto ruolo unico, che prevede per i nuovi medici l’obbligo di svolgere alcune ore in Case e ospedali di comunità.

Andiamo con ordine e partiamo dalle carenze. Quelle individuate dall’ultimo aggiornamento regionale di luglio sono 21 nella parte nord (Pietrasanta, Forte dei Marmi, Seravezza, Stazzema) e 12 in quella sud (Viareggio, Camaiore e Massarosa), dunque 33 in tutto. A Viareggio la situazione è intermedia, ma con la grave carenza di Torre del Lago, a Massarosa va attenzionata per l’elevato numero di medici già al tetto massimo di pazienti, mentre a Camaiore si registra addirittura una lieve sovrabbondanza. «Nella zona Versilia nord i medici sono già tutti al massimale di 1.500 assistiti: basta un pensionamento per aprire una nuova voragine assistenziale», spiega il dottor Alessandro Squillace, referente per i medici di famiglia e coordinatore dell’Aft di Camaiore. La tendenza di questi anni è assai chiara: tanti pensionamenti, pochi nuovi ingressi. L’Asl cerca di combattere questa penuria su due fronti: da un lato anticipando l’ingresso dei giovani, attraverso i “corsisti”, i medici che stanno frequentando il corso triennale; dall’altro, prolungando la permanenza in servizio degli “anziani”, che da quest’anno, nelle zone carenti, su base volontaria potranno restare in servizio fino a 73 anni. «Ma in pochi hanno fatto questa scelta», spiega Squillace.

Il 2025, inoltre, è l’anno dell’avvio della rivoluzione della sanità territoriale. In Versilia sono arrivati quattro nuovi medici, tutti entrati automaticamente nel cosiddetto ruolo unico di assistenza primaria (Ruap). Il loro contratto prevede un monte ore obbligatorio da svolgere nelle strutture territoriali – Case di comunità, Ospedali di comunità, ecc – variabile in base al numero di assistiti: da 38 ore settimanali per chi ha meno di 400 pazienti fino a 6 ore per chi ne ha oltre 1200. In pratica, meno pazienti hai, più ore devi garantire in queste strutture. Saranno dunque loro i primi a mettere in moto le Case di comunità, che dovranno diventare un punto di riferimento per i cittadini sul territorio, offrendo servizi diagnostici di primo livello e attività ambulatoriale multispecialistica. Diverso il discorso per i medici di famiglia in convenzione da prima del 2025: per loro l’adesione al ruolo unico non è automatica, ma opzionale. L’Asl ha aperto un bando, con scadenza fissata a metà ottobre, per consentire loro di scegliere se passare o meno al nuovo modello. Non c’è grande ottimismo, sulla risposta che arriverà, ma anche chi non aderirà potrà fare alcune ore di attività su base volontaria nelle Case di comunità.

La riforma della sanità territoriale ridisegna anche il ruolo delle Aggregazioni funzionali territoriali (Aft), che diventano centrali nella gestione delle ore e nell’organizzazione dei servizi insieme alle zone distretto dell’Asl. In Versilia le Aft sono sei: Viareggio 1 (coordinatrice Manuela Marsili), Viareggio 2 (Massimo Del Mutolo), Massarosa (Riccardo Sarti), Camaiore (Alessandro Squillace), Pietrasanta (Paola Pucci ora sostituita da Francesco Gattai) e Forte dei Marmi e Seravezza (Gianluca Babici). «Una nuova distribuzione delle zone carenti per Aft tornerà molto utile: i nuovi ingressi saranno collocati davvero dove serve», sottolinea Squillace.

La sfida, però, resta aperta. La professione di medico di famiglia continua a essere poco attrattiva per i giovani, che preferiscono specializzazioni più remunerative e meno gravose. «La popolazione invecchia, le patologie aumentano, le aspettative dei pazienti crescono: oggi fare il medico di famiglia è molto più difficile e stressante – conclude Squillace – Siamo in una fase di rivoluzione della medicina generale, nell’arco di due anni cambieranno molte cose. Il lavoro è in divenire». La speranza è che riesca a ridare ossigeno a un servizio che, senza cambiamenti, rischia di andare sempre più in affanno.

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