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Mia Diop: «A offese e insulti sono abituata. E agli odiatori rispondo così...» – Video

di Libero Red Dolce e Luca Baestri

	Miap Diop
Miap Diop

La vicepresidente della Regione Toscana nella sede del Tirreno. Sulle fake news: «Mai stata musulmana, invenzione che usano come accusa»

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Circolano interviste mai rilasciate in cui Mia Diop avrebbe dichiarato di «voler mettere un tetto al costo degli Spritz». Le vengono attribuite risposte aggressive ai giornalisti che non ha mai pronunciato. C’è chi sostiene che sia stata nominata perché «il suo colore di pelle piace all’armocromista di Elly Schlein», copyright del deputato leghista Andrea Barabotti, o perché il Pd sarebbe «folgorato dal fatto che si dichiari musulmana», come affermato dall’eurodeputata Susanna Ceccardi.

Vicepresidente della Toscana da meno di due settimane, Diop - ieri in visita al Tirreno - sta sperimentando sulla propria pelle l’intero spettro delle distorsioni comunicative contemporanee: fake news, manipolazioni, razzismo, sessismo, fino a quel togliere la parola che, nella pratica politica, si traduce nell’attribuire a qualcuno idee e frasi mai dette per poi usargliele contro. Una forma di silenziamento, viene da dire, che la Convenzione di Istanbul del 2011 riconosce come «manifestazione di diseguaglianza di genere, perché mira a delegittimare e a ridurre lo spazio di parola delle donne nello spazio pubblico».

Sul piano politico, è chiaro che Diop non potrà né dovrà sottrarsi alle critiche, anche severe. Su alcuni temi porta una visione radicale che potrebbe creare frizioni nel suo stesso partito, e la sua inesperienza è un elemento reale del dibattito. Ma Diop andrà misurata sui risultati, mentre l’unica cosa che conta è confrontarsi con la visione politica di una giovane politica che parla un linguaggio più raffinato di quello che si usa per criticarla.

Fin dalla sua nomina lei è stata accusata di essere stata messa lì perché amica di Schlein. Ma lunedì è stato eletto il nuovo presidente del Veneto, Alberto Stefani, che ha trentatré anni. Perché una giovane donna viene criticata se non ha esperienza, mentre un uomo al contempo viene esaltato?

«Immagino bene le critiche che starà ricevendo il nuovo presidente del Veneto. Ma in Toscana l’investimento sui giovani viene fatto da anni. Con il Parlamento regionale degli studenti, dove sono entrata quando avevo quindici anni. Lo stesso Giani l’ho conosciuto nel Parlamento, così come Bernard Dika (sottosegretario della Regione Toscana, ndr). È giusto che i giovani abbiano i propri spazi per potersi esprimere: hanno idee da valorizzare e portare avanti. Alle critiche rispondo che iniziamo a lavorare fin da subito. Testa bassa e scarpe comode. E nelle strade con le persone e per le persone».


La spaventa la sua inesperienza?

«Sarei una incosciente se rispondessi che non ho nessun timore. Sono pronta al lavoro che c’è e che ci sarà da fare. Sento il grande peso della responsabilità, ma so che non sarò da sola».

Sul web sono già circolate diverse interviste false a suo nome. Come risponde a chi manipola informazioni per attaccarla?

«Con la verità e con il lavoro. Le fake news servono a chi vuole distorcere la realtà, non a chi vuole migliorarla. Io non perderò tempo: risponderò con trasparenza e con risultati. Chi manipola le informazioni si commenta da solo».


In un post social pubblicato oggi (ieri, ndr), ha spiegato l’origine del suo nome, facendo riferimento alla cultura femminista che le ha trasmesso sua madre. Cos’è il femminismo per lei?

«Mi ritengo una transfemminista intersezionale. Il femminismo non deve battersi solo per le donne, ma deve intersecarsi in tutte le lotte. Non si può parlare di femminismo senza parlare delle conquiste della comunità Lgbtqia+, della lotta antirazzista, della lotta di classe. È così che porto avanti il mio transfemminismo. Porterò questa visione all’interno delle istituzioni».


In Toscana, solo nel 2024, sono state uccise nove donne. Come intende muoversi su questo tema?

«Il femminismo con cui sono cresciuta mi ha insegnato che la libertà è sempre collettiva. E che chi governa ha il dovere di renderla reale: servizi che funzionano, prevenzione, educazione, case rifugio, sostegno economico, percorsi di uscita che non chiedano eroismo a chi è già ferita. E mi muoverò anche facendo da esempio. So cosa significa sentirsi in pericolo per la strada, addosso gli sguardi o i commenti sessisti, la paura che un “no” non sia compreso».

La mattanza dei femminicidi continua, anno dopo anno. Eppure il governo ancora non vuole introdurre l’educazione sessuoaffettiva nelle scuole.

«L’educazione sessuoaffettiva nelle scuole è necessaria, proprio perché la lotta alla violenza di genere parte anche da qui, dai più piccoli. L’educazione sessuoaffettiva serve a prevenire la violenza perché insegna il rispetto dell'altro, per il proprio corpo, affettività, confini e consenso. È un percorso culturale che aiuta a costruire relazioni sane. Per questo dovrebbe essere parte fondamentale della scuola».

Al momento della sua elezione ci sono state diverse critiche. Tipo: “La razza nera ci sta scavalcando”. Altri dicono che è stata nominata perché il suo cognome è Diop, nemmeno fosse Andreotti. Come si è sentita?

«Purtroppo non mi sono sorpresa, e non sono nuova a certi attacchi. Spero di tornare a una dialettica che torni sul piano politico, è questo l’unico modo di lavorare. Io sono livornese, noi siamo gente di scoglio, abbiamo le spalle larghe. Le offese che ricevo mi toccano il giusto. Spero la mia presenza normalizzi il fatto che ci sono minoranze che fanno sentire la loro voce. E a chi mi dice di tornare a casa mia, rispondo che casa mia sono Livorno e l’Italia».

C’è anche chi l’ha attaccata dicendole che è musulmana.

«Vorrei sapere dov’è stata trovata questa informazione. Nella mia famiglia, da parte materna, sono atei e cattolici. Io ho interesse per la teologia, ma sono agnostica».


«Spazio ai giovani», aveva detto Giani. Ma la delega alle politiche giovanili l’ha tenuta per sé. Non sarebbe stato meglio darla a lei?

«Dobbiamo guardare il mondo con gli occhi dei più giovani, non rinchiuderli in uno spazio simbolico. Le politiche giovanili non sono un recinto, riguardano ogni scelta di governo. Continueremo a lavorarci insieme. Io porto la prospettiva della mia generazione dentro tutta la giunta, non solo in una delega».

Dove si vede tra cinque anni, alla fine della legislatura?

«Non so dove sarò. L’unica cosa che spero è di riuscire, in questi cinque anni, ad aprire la strada a giovani, donne, italiani di seconda e terza generazione. La mia speranza riguarda queste persone».

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