Torno a vivere in montagna (e in collina): le zone che più si stanno ripopolando e 3 borghi toscani con sfide speciali
La comunità montana più benestante è l’Amiata di Val d’Orcia in cui il Pil pro capite medio arriva a 36.018 euro
Trentasette per mille. È un’incidenza piccola, anche se è quasi quattro volte superiore alla media nazionale (10 per mille). Eppure è un dato che potrebbe segnare una svolta epocale perché dice che, pure in Toscana, fra il 2019 e il 2023 la popolazione che abita in collina e sui monti è tornata a crescere. Del 37 per mille appunto. Il condizionale è d’obbligo, poiché l’inversione arriva dopo decenni di prolungato e intenso abbandono e spopolamento, uno dei fenomeni demografici più preoccupanti per le aree montane del territorio regionale e nazionale. Anche se i numeri sono consolidati, dato che riguardano un intero quadriennio, e studiati approfonditi nel Rapporto 2025 sulle montagne italiane elaborato dagli studiosi dell’Uncem, l’Unione nazionale delle comunità montane dello Stivale.
In Italia
Beninteso, è un fenomeno nazionale dato che nello stesso periodo in tutto lo Stivale il saldo migratorio della popolazione montana è aumentano di 99.574 unità. Vuol dire che sono quasi 100mila in più le persone che hanno deciso di andare a vivere in montagna rispetto a quelle che hanno scelto di abbandonarla. Ma è anche decisamente disomogeneo e concentrato nelle regioni settentrionali e centrali. In queste ultime, infatti, le comunità territoriali di montagna (l’unità d’osservazione presa in considerazione dal Rapporto che coincide, più o meno, con i territori delle diverse comunità montane) che presentano un saldo migratorio negativo sono appena 9, pari al 5% del totale. Tutte le altre (159), invece, sono in aumento. La situazione, però, s’inverte nell’Italia meridionale: qui, infatti, il segno è ancora negativo in quasi il 60% delle comunità montane.
In Toscana
Le montagne, insomma, si stanno ripopolando soprattutto nel centro-nord, Toscana inclusa. I dati, dal riguardo, sono emblematici: l’incremento maggiore ha riguardato la Val di Merse, il territorio del senese che copre le colline che si estendono fra Radicondoli, Chiusdino, Monticiano, Sovicille e Murlo: qui, in cinque anni, il saldo migratorio è aumentato del 143 per mille. Un incremento pari a quasi il doppio (62 per mille) rispetto alla media regionale, però, ha riguardato anche in Val di Bisenzio (comuni di Vernio, Vaiano e Cantagallo), mentre l’ Amiata Grossetana di ferma poco al di sotto (60 per mille). E anche le Colline Metallifere (Massa Marittima e dintorni) e l’Appennino Pistoiese superano la media del Granducato arrivando, rispettivamente, al +49 e al +45 per mille.
Stranieri e italiani
A livello nazionale l’altra novità è costituita dalla composizione delle quasi 100mila persone in più che sono andate a vivere in montagna: fino al 2019, infatti, i pochi e timidi segni “più” relativi ai saldi migratori della popolazione montana erano dovuti soprattutto all’arrivo di stranieri, prevalentemente migranti, che nelle cosiddette “aree interne” trovano case a costi sensibilmente inferiori rispetto a quelli dei grandi centri. Nel 2019, però la situazione si è invertita: quasi i due terzi (63.909) delle 100mila persone in più che si sono trasferite sui monti, infatti, sono italiani contro poco più di 35mila stranieri.
Una novità importante ma anche ben lungi dall’essere consolidata se è vero che nel 2024 la popolazione montana ha continuato sì a crescere (35mila persone in più) ma soprattutto per effetto della componente non italiana (22mila). La tendenza, comunque, per ora non riguarda la Toscana: qui, infatti, la componente straniera, fra il 2019 e il 2023 è cresciuta dell’89,9 per mille contro il 25,8 per mille di quella italiana. Nel dettaglio il saldo migratorio della prima è aumentano maggiormente nella Val di Merse (409 per mille), nell’ Amiata di Val d’Orcia (223 per mille) e in Val di Bisenzio (216 per mille). Soprattutto nelle prime due comunità montane, però, straniero non fa per forza rima con migrante da Paesi in via di sviluppo. Non sono pochi, infatti, i cittadini di Paesi a sviluppo avanzato che hanno scelto di trasferirsi in queste zone. In ogni caso, anche in Toscana, non mancano territori in cui il saldo migratorio verso la montagna è determinato soprattutto da italiani. È il caso, in particolare, delle Colline Metallifere dove sono aumentati del 56 per mille contro il 16 per mille degli stranieri.
Pil e benessere
La montagna, comunque, non è solo un “buen ritiro”, lontano dallo stress e dalla frenesia. È sì un luogo di vita, ma anche di lavoro e in cui si produce ricchezza. Sotto questo profilo, in Toscana, la comunità montana più benestante è l’Amiata di Val d’Orcia in cui il Pil pro capite medio arriva a 36.018 euro. Nettamente più staccati gli altri territori: dopo, infatti, ci sono la Media Valle del Serchio e l’Alta Val di Cecina che, però, si fermano di poco al di sopra dei 24mila euro. Non è come sulle Alpi, ovviamente. Ma il turismo ha un peso non marginale neppure sulle colline e montagne toscane: nell’area delle Colline del Fiora, che copre i i comuni di Manciano, Pitigliano e Sorano, è pari addirittura al 18,7% del Pil prodotto. Ma la percentuale è elevata anche nel Mugello (15,2%), nelle montagne versiliesi e in Alta Val di Cecina (13,9% in entrambe i casi), sull’Appennino Pistoiese (10,7%) e nella Media Valle del Serchio (10,1%).
Lugliano, paese dei bimbi
Hanno deciso di vivere con ritmi più lenti dodici giovani coppie che risiedono a Lugliano, frazione collinare del comune di Bagni di Lucca. Ogni giorno affrontano il disagio della lontananza dal capoluogo, dai centri urbani più grandi, ma in loro vince il desiderio di vivere e crescere i propri figli “come una volta”, quando i bambini giocavano per strada e venivano chiamati dalle mamme affacciate alla finestra all’ora di pranzo e cena. La conferma arriva dall’impegno messo dai volontari che hanno dato vita al Circolo Lugliano Acli, dove, proprio nei giorni scorsi, si è tenuta l’inaugurazione dell’area esterna con l’installazione di giochi e la realizzazione di una nuova pavimentazione. L’attività dei volontari ha dato nuova vita alla frazione, dove le dodici giovani coppie dichiarano orgogliose che i loro bambini giocano liberi. All’ingresso del paese un cartello avvisa chi arriva e dà il senso all’esperienza: “Attenzione, rallentare: in questo paese i bambini giocano ancora per strada”.
Ritorno al borgo
San Marcello-Piteglio sulla Montagna pistoiese nell’ultimo decennio sta vivendo una situazione demografica particolare. Se dal punto di vista del rapporto nascite e morti sta registrando un saldo negativo dell’1% perché sono molti di più i decessi rispetto ai nuovi nati, dall’altro sta diventando sempre di più un luogo di attrazione dal punto di vista dell’immigrazione. Sono varie le combinazioni che regolano questo fenomeno positivo, ma il territorio del piccolo Comune montano negli ultimi anni è una realtà attrattiva per molte persone, sia stranieri che nazionali, che decidono di trasferirvisi. «Ormai – spiega il vice sindaco Giacomo Buonomini – questo è un dato consolidato. Il dato immigratorio è positivo, composto magari da persone che, a fine vita lavorativa, scelgono di venire o tornare nel nostro Comune perché comunque ci vivono bene. Negli ultimi anni questo incremento è dovuto anche a attività economiche che attirano le persone a venire a lavorare da noi. Purtroppo bisogna fare i conti con una popolazione autoctona sempre più anziana i cui decessi non riescono ad essere bilanciati dalle poche nascite».
La scommessa vinta
Sul Monte Amiata, a Santa Fiora (in foto la Peschiera), il sindaco Federico Balocchi punta da tempo su un’idea pionieristica a livello nazionale, quella di attrarre lavoratori e imprese con alto valore tecnologico in un paese “decentrato ma ben connesso”. Il progetto è partito nel 2019 e si chiama Santa Fiora smart village; l’arrivo della banda ultralarga è stato la svolta. Nel 2020 l’iter è decollato e il Comune ha affidato gli incarichi di progettazione. È prevista la trasformazione di un complesso abbandonato in una struttura multifunzionale di co-working che serva da incubatore per imprese ad alta tecnologia e start up innovative, con stanze attrezzate per lavoratori da remoto e turisti che hanno bisogno di connessione. «L’idea è quella di venire da noi a Santa Fiora - spiega il sindaco - a fare un impiego qualificato con i vantaggi di lavorare (e abitare) in un piccolo paese a contatto con la natura, senza il caos delle grandi città e con costi più bassi». Sono in cantiere 3 edifici. «I primi due saranno inaugurati nell’arco di pochi mesi. Tra qualche giorno sarà bandito l’avviso rivolto alle imprese che vorranno installarvisi».
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