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Palestinese morta a Pisa, le prime parole della madre: «Marah era gioia pura, poi la guerra le è entrata dentro...»


	Marah Abu Zuhri in una foto pubblicata in suo ricordo da un'amica (foto Facebook / Un Ponte per)
Marah Abu Zuhri in una foto pubblicata in suo ricordo da un'amica (foto Facebook / Un Ponte per)

I volontari dell’associazione “Un Ponte per” hanno fatto visita alla mamma di Marah Abu Zuhri con l’imam palestinese di Pisa: «Una madre deve tentare il tutto per tutto per salvare i figli»

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PISA. «Una madre deve tentare il tutto per tutto per salvare i propri figli...». Poche parole – le prime – che raccontano un grande dolore, quello di una madre che ha appena perso una figlia di soli 20 anni, Marah Abu Zuhri, morta all’ospedale Santa Chiara di Pisa dopo essere arrivata in Toscana dall’inferno di Gaza. Un viaggio con un volo umanitario, che per loro era speranza. L’unica, probabilmente, per potersi salvare. Ma le condizioni della giovane – «già fortemente deperita e allettata», come dichiarato dalla direttrice dell'Unità operativa di Ematologia dell'ospedale Santa Chiara di Pisa, Sara Galimberti (qui il video– erano troppo gravi tanto da averne provocato la morte.

Le parole della madre

E mentre il caso diventa sempre più geopolitico – con Israele che accusa i medici pisani di avere omesso la diagnosi di leucemia effettuata dai medici di Gaza dal certificato di morte – la madre di Marah rompe il silenzio. A darne notizia è l’organizzazione no-profit “Un Ponte Per” che l’ha incontrata questo pomeriggio per portarle la propria solidarietà insieme all’imam palestinese di Pisa. «Marah fino al giorno prima della guerra era gioia pura – ha raccontato loro la donna – Il suo nome significa “allegria” e la sua vita cercava ostinatamente di accordarsi al suo nome». 

«Ci ha raccontato che, dopo i funerali di sua figlia, vorrebbe tornare a Gaza dal marito e dagli altri figli – spiegano poi dall’organizzazione no profit – Non vuole rimanere in Italia né tentare riunificazioni familiari, perché “il mio destino è legato alla nostra terra”», ha detto la donna ai volontari.

Il racconto dell’associazione

«La sofferenza della guerra, secondo sua madre, le è entrata dentro, e 5 mesi fa Marah ha lentamente smesso di mangiare. Il suo corpo non riusciva più a trattenere il cibo, e quando è arrivata in Italia aveva perso almeno 20 chili», riportano ancora da “Un Ponte per”. 

«La presunta leucemia, ipotizzata dai medici di Gaza senza strumenti idonei, è stata esclusa dall’ospedale Santa Chiara di Pisa dopo le prime analisi - dichiarano da “Un Ponte per” – quel che è certo è che il male di Marah non poteva essere diagnosticato né curato a Gaza, a causa della guerra genocida imposta da Israele (che ha danneggiato/distrutto il 95% degli ospedali della Striscia), e che Marah è uscita dal paese gravemente debilitata e malnutrita. Se fosse stata ridotta pelle e ossa “semplicemente” per la malnutrizione, Israele non ne avrebbe autorizzato l’espatrio».

Alessandra Nardini: «Vergognoso dubitare della professionalità dei medici»

«Trovo davvero ignobile che persino sulla morte di una giovane donna palestinese si provi a fare polemica politica mettendo persino in dubbio la professionalità del personale medico italiano che nel nostro ospedale, un'eccellenza a livello europeo, ha fatto tutto ciò che era possibile per prendersi cura di Marah, incluso, come si legge dalle dichiarazioni della dottoressa che se ne occupava, verificare la possibile diagnosi di leucemia con cui era arrivata per individuare la terapia adeguata. Diagnosi che le analisi effettuate a Pisa, a quanto si apprende, non avrebbero confermato». A dirlo è l’assessora regionale Alessandra Nardini dopo le accuse mosse da Israele ai medici italiani. «È vergognoso che venga messa in dubbio la professionalità del personale ospedaliero pisano, evidentemente con il solo scopo di provare a fare uscire un po' meno compromessa l'immagine di uno Governo genocida che si è macchiato e continua a macchiarsi ogni giorno sempre di più, di crimini terribili verso il popolo palestinese – continua Nardini – Chi lavora in ospedale non fa politica, non ha nessuna convenienza a raccontare una verità piuttosto che un'altra, quelle donne e quegli uomini che salvano ogni giorno vite umane, come hanno provato a fare anche con Marah, si prendono cura di ogni persona che ne ha bisogno, da qualunque parte del mondo provenga».

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