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Denunciare i vizi

L’acquisto del quadro e la scoperta di parti che sono state alterate

L’acquisto del quadro
e la scoperta di parti
che sono state alterate

Il venditore non restituisce i sold: i consigli dell'avvocata Giulia Orsatti

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Premetto che sono un appassionato di arte con un po' di esperienza alle spalle ma mai, prima d’ora, mi era capitata una simile situazione. L’anno scorso a gennaio, durante una vacanza, ho acquistato un quadro attribuito a un noto pittore, completo di certificato di autenticità e ad un prezzo che ho ritenuto congruo. Tornato a casa, il mio esperto di fiducia mi ha detto che alcune parti sono alterate e che ciò ne compromette integralmente l'autenticità. Dopo dieci giorni ho inviato una raccomandata al venditore per chiedere la restituzione del prezzo, ma lui ha rifiutato, sostenendo che è scaduto il termine per denunciare i vizi. È davvero troppo tardi per agire? E poi mi ha anche detto che il fatto che alcune parti siano state ritoccate da altri non vuol dire che il quadro non sia dell’autore.
Matteo M.


Il caso sottoposto all’odierna rubrica sembra il classico esempio di scuola che si può trovare in tutti i manuali di diritto civile, quando si parla del contratto di compravendita. Per quanto qui interessa, si ricorda che, ai sensi dell’art. 1490 c.c., il venditore è tenuto alla garanzia per i vizi di cui è affetto il bene compravenduto. L’art. 1495 c.c. prevede invece l’obbligo per l’acquirente di denunciare i vizi del bene entro otto giorni dalla scoperta e di agire giudizialmente entro un anno dalla consegna. In questo contesto, la pretesa del lettore de Il Tirreno - acquirente di un’opera d’arte risultata non autentica - sembrerebbe infondata, essendo decorsi i termini predetti. Tuttavia, la giurisprudenza ha elaborato un’importante eccezione a questi stringenti limiti temporali: l’istituto dell’aliud pro alio. Letteralmente “qualcosa per qualcos’altro”, esso si riferisce alla consegna di un bene radicalmente diverso da quello pattuito nel contratto. Non si tratta, dunque, di un semplice vizio, ma della mancata consegna del bene promesso.

La Corte di Cassazione ha riconosciuto che la vendita di un’opera d’arte falsamente attribuita a un determinato artista integra la fattispecie dell’aliud pro alio, legittimando l’acquirente a richiedere la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore (Cass. civ., 1 luglio 2008, n. 17995). In virtù di questa qualificazione, l’acquirente potrà avvalersi dell’azione ordinaria di inadempimento contrattuale, soggetta al più ampio termine di prescrizione decennale. Alla luce di ciò, l’eccezione del venditore può ritenersi infondata, rendendolo responsabile per l’inadempimento. Ai sensi dell’art. 2697 c.c., l’onere della prova ricade sull’attore: spetterà dunque all’acquirente dimostrare, mediante perizia tecnica, le alterazioni che compromettono l’autenticità del quadro. Tale perizia dovrà includere analisi puntuali, in grado di sostenere con rigore la tesi tecnica sostenuta. Una volta accertato giudizialmente l’inadempimento, l’acquirente potrà ottenere la restituzione del prezzo corrisposto, nonché il risarcimento dei danni eventualmente subiti. Infine, è bene ricordare che l’ordinamento italiano prevede anche una tutela penale per i beni culturali. L’art. 518-quaterdecies c.p. punisce con severità chiunque, anche senza aver partecipato alla contraffazione, metta in commercio, detenga o introduca nel territorio dello Stato, al fine di commerciare, opere contraffatte o alterate, presentandole come autentiche.
 

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