Terme, non basta l'acqua riscaldata per chiamarle così: la storica sentenza. Stangata per i centri benessere
Esultano i gestori delle strutture con acque terapeutiche. Il gestore di Casciana: «Finalmente vengono eliminati equivoci e si fa chiarezza con la clientela»
Non esistono terme senza acque dal valore terapeutico. Sembra una banalità, eppure su questo hanno dibattuto prima l’Antitrust poi il Tribunale amministrativo regionale di Roma. Oggetto della disputa, l’utilizzo dei termini “terme” e “spa” per alcune strutture che in realtà erano solo centri benessere. Una segnalazione che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato aveva archiviato con un provvedimento che – al contrario – è stato annullato dal Tar. Ma, al di là degli aspetti legali, il problema è più profondo: «I clienti – dice Rolando Pampaloni, amministratore unico di Bagni di Casciana, società che gestisce lo stabilimento del centro della Valdera – spesso non hanno chiaro qual è il valore dell’acqua termale e quali sono i benefici per la salute».
Il caso
A presentare ricorso all’Antitrust erano state la società Terme di Sirmione, appoggiata da Federterme, nei confronti di QC Terme, azienda che sul proprio sito pubblicizzava strutture in realtà prive di acqua termale. In particolare si esplicitavano i casi di “QC Termegarda” e “QC Terme San Pellegrino”. L’Agcom aveva archiviato il caso nel settembre 2023, spiegando che le strutture erano comunque pubblicizzate nella sezione “centri benessere” e non “centri termali”. Secondo il Tar – al quale si sono rivolti Terme di Sirmione e Federterme – l’Antitrust non ha «adeguatamente approfondito» la circostanza che le strutture contestate utilizzano il termine “terme” già nella denominazione, traendo così in inganno il consumatore.
Il commento
Per Pampaloni, come detto, la questione è in senso più ampio di tipo culturale: «Spesso ci risulta difficile far capire a clienti e pazienti la particolarità delle nostre acque».
E, in questa maniera, si aprono le porte a fraintendimenti che non per forza devono nascondere una volontà ingannatrice nei confronti del consumatore. «Il punto – continua l’amministratore delle terme di Casciana – è che bisogna far capire che l’acqua termale è curativa, grazie alle sue caratteristiche che per di più cambiano da fonte a fonte». Inoltre questo valore terapeutico è riconosciuto al termine di un percorso ben preciso: una sorta di “bollino di garanzia”, insomma. Che si estende anche ad altri trattamenti, come i fanghi.
«Faccio un esempio – continua Pampaloni –: nella nostra piscina esterna l’acqua è a 32-33 gradi. E certo non sono le temperature delle piscine dove si va a nuotare». E però a volte basta tuffarsi in una piscina riscaldata per inserire tutto nel “calderone” delle strutture termali, anche quello che termale non è. Il punto – in ogni caso – rimane la capacità curativa. E anche riabilitativa: «Noi – conclude l’amministratore – facciamo la riabilitazione in acqua termale. E questo contribuisce a far sì che il 70 per centro del nostro fatturato arrivi dall’attività curativa, mentre solo il restante 30 percento da quelle ludico-ricreative».