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Le indagini

Strage di Calenzano, c’è la prima svolta: perquisizioni a due manager di Eni

di Paolo Nencioni
La strage di Calenzano
La strage di Calenzano

A un mese dalla morte di cinque operai il focus dell’inchiesta rimane la manutenzione

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PRATO. I lavori di manutenzione al deposito Eni di Calenzano non potevano essere eseguiti durante il riempimento delle autocisterne di carburante. Per questo la Procura di Prato ha disposto la perquisizione negli uffici e nelle abitazioni del direttore del deposito e del project manager incaricato da Eni di fare un sopralluogo coi tecnici della società Sergen, a cui erano stati affidati i lavori di manutenzione.

A un mese dall’incendio e dalla conseguente esplosione al deposito Eni, che lo scorso 9 dicembre ha provocato la morte di tre autotrasportatori (Vincenzo Martinelli, Carmelo Corso e Davide Baronti) e due manutentori della Sergen di Grumento Nova (Franco Cirelli e Gerardo Pepe) comincia a diradarsi la nebbia intorno all’inchiesta della Procura di Prato che ipotizza l’omicidio colposo plurimo, il crollo di costruzione o altri disastri dolosi e la rimozione od omissione dolosa delle cautele contro gli infortuni sul lavoro.

Il focus dell’inchiesta, come si era intuito, rimane la manutenzione, in particolare la circostanza che i lavori a una conduttura dismessa venissero fatti a pochi metri di distanza dalle operazioni di carico delle autocisterne. Ieri per la prima volta è stato detto esplicitamente che no, quei lavori non potevano essere fatti durante il riempimento delle cisterne.

Ufficialmente non c’è ancora nessun nome nel registro degli indagati, ma l’iscrizione delle figure a cui era affidato il controllo dei lavori di manutenzione pare inevitabile.

Nei giorni scorsi l’Eni ha fatto sapere di non aver sottovalutato il rischio incendio all’interno del deposito di via Erbosa, di aver predisposto un piano specifico, aggiungendo che l’onda d’urto che ha danneggiato le aziende tutte intorno al sito è stata provocata dall’esplosione delle autocisterne e non dall’incendio. Un sofismo al quale la Procura non sembra disposta ad aderire.

Oggi, mercoledì 8 gennaio, il procuratore Luca Tescaroli ha compiuto un altro sopralluogo all’interno del deposito di Calenzano. Con lui c’erano i consulenti tecnici nominati per far luce sulle cause dello scoppio e sul rispetto delle norme di sicurezza, i carabinieri del Nucleo investigativo di Firenze, i vigili del fuoco e i tecnici del Dipartimento di prevenzione dell’Asl Toscana Centro. Alla fine si sono trasferiti tutti nell’ufficio al terzo piano del Palazzo di giustizia di Prato per fare il punto della situazione e sono emerse le prime evidenze, come quella sull’incompatibilità tra manutenzione e rifornimento cui si faceva cenno prima.

Qualcosa avevano intuito anche i profani dopo aver visto le immagini del video diffuso prima di Natale dalla stessa Procura, nel quale si vedono i due operai della Sergen su un carrello elevatore, alcuni secondi prima dell’esplosione, mentre lavorano apparentemente ignari della nuvola bianca (vapori di benzina) che si sta formando alle loro spalle.

Non solo le immagini, anche il forte rumore che fa pensare a un attrezzo meccanico in azione e che potrebbe aver innescato la scintilla fatale.

I carabinieri sono tornati negli uffici dell’Eni, alla Sergen e negli uffici del direttore del deposito del project manager. La documentazione acquisita va a incrementare il faldone che già contiene le carte sequestrate durante le prime perquisizioni e sarà vagliata nei prossimi giorni. Decisiva sarà comunque la perizia tecnica sull’esplosione, che dovrebbe essere depositata entro la metà di febbraio.

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