Previdenza
Calo delle nascite in Toscana, l’esperto: «Siamo in “trappola” e vi spiego i perché»
Il trend della denatalità si aggrava da decenni: l’analisi
Sebbene in Toscana il calo delle nascite dello 0,9% rispetto al 2023 non appaia esorbitante, il trend della denatalità si aggrava da decenni. Il quadro dei fiocchi non è roseo (né tantomeno celeste) e le politiche di incentivi alle giovani famiglie non bastano a compensare i problemi strutturali di occupazione e stabilità. Giammarco Alderotti è ricercatore di demografia all’Università di Firenze.
Dottore, quanto è grave questo -0,9% delle nascite?
«È un calo inferiore a quello di altri anni, ma come trend la Toscana non è messa bene, lo si vede sia dal tasso di natalità che di fecondità (il primo esprime i nuovi nati ogni mille abitanti, il secondo il numero medio di figli per donna, nda). Negli ultimi anni è tra le regioni più in difficoltà».
È soprattutto per la precarietà lavorativa che si fanno meno figli?
«Uno dei fattori principali è quello economico e lavorativo, come dimostrano le ricerche scientifiche. Ciononostante, l’incertezza economica e occupazionale da sola non è sufficiente a spiegare il fenomeno. Basta guardare Norvegia o Finlandia, Paesi nei quali il benessere economico è di gran lunga superiore al nostro eppure anche lì è sceso il numero di figli per donna».
Quali sono gli altri fattori che incidono?
«Innanzitutto ce n’è uno strutturale. La Toscana e l’Italia vengono da un periodo molto lungo di bassa fecondità e dopo decenni di calo delle nascite, oggi ci sono pochi genitori. Chi dovrebbe fare figli oggi, grossomodo chi ha dai 30 ai 40 anni, è nato in un momento di fecondità già bassa, dunque abbiamo pochi potenziali genitori. Quest’effetto è denominato dagli studiosi “trappola demografica”: essendo sempre meno i figli, saranno sempre meno anche i genitori. Una spirale negativa».
C’è anche altro che caratterizza in particolare la Toscana?
«In generale le aspirazioni e le intenzioni dei giovani di oggi sono diverse rispetto a qualche decennio fa. La Toscana è una regione molto secolarizzata, con un distaccamento dalla religione più forte di altre zone. E la secolarizzazione (l’affievolimento del dogma della famiglia tradizionalmente legato alla religione cattolica, nda) va di pari passo con la bassa fecondità. Oggi non è più necessario fare una famiglia per essere riconosciuti nella società. Incidono anche le logiche di conflitto tra carriera e vita familiare».
Eppure in qualche ospedale toscano i nati nel 2024 superano quelli del 2023. È un caso?
«Quando si scende a un livello di dettaglio maggiore, avere fluttuazioni casuali e quindi anche una variazione positiva in un trend negativo è molto più probabile. Gli aumenti in alcuni casi possono essere dovuti anche all’eventuale chiusura di punti nascita in ospedali vicini».
Nessun segnale di speranza?
«Non ci sono studi che facciano pensare a un’inversione di tendenza, però adesso il trend è meno drastico rispetto a quello durante la pandemia, quando molte coppie hanno sospeso i loro progetti di fecondità. Dati recenti dimostrano che sebbene sia aumentata la porzione di giovani che non fanno figli, la maggior parte di coloro che vuole averne, vorrebbe averne due. Dunque l’idea della famiglia tradizionale con due figli sembra essere rimasta».
Oltre a fare meno figli, si fanno anche più tardi. Questo cosa implica?
«L’innalzamento dell’età ha dato impulso a un maggiore ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Poi ci sono tante coppie che forse avrebbero avuto due figli se avessero cominciato prima a farli, ma avendo aspettato tanto per il primo, magari per motivi di carriera, poi desistono da fare il secondo».
Che impatto hanno le politiche di sostegno alle giovani famiglie?
«Studi anche recenti dimostrano che le politiche pronataliste, con misure come l’assegno unico o il bonus bebè, non funzionano quasi per niente. Servono riforme strutturali che migliorino il benessere economico e la stabilità lavorativa dei giovani».