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Emergenza salari da fame, così il nostro Paese è sempre più povero

di Vladimiro Benedetti

	Alcuni volontari impegnati nella raccolta alimentare
Alcuni volontari impegnati nella raccolta alimentare

L’appello Caritas e il bene comune

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Due guerre sempre più cruente in corso alle porte di casa, un’Europa che appare stravolta dall’elezione di Trump in USA e che invano ricerca una sua identità, l’Italia che è un teatro dei pupi dove si dibatte su tutto, per arrivare al nulla. Purtroppo però la parte del nostro Paese più sofferente non è composta da pupi ma da uomini e donne in carne ed ossa. La Caritas ha lanciato un messaggio per la costruzione di un’economia che non sia solo focalizzata al profitto, ma che indirizzi le sue risorse anche verso il bene comune. Nel nostro paese 270.000 persone ricorrono ai centri della Caritas per assicurarsi il pane quotidiano. Una ricerca dell’Istat rivela che una persona su dieci vive in condizioni di assoluta povertà, si tratta quindi di circa 5 milioni e 600mila famiglie che non hanno di che vivere.

L’indigenza non è più riservata solo al sud del nostro Paese, ma viene registrata in costante aumento anche al nord. A patirne le conseguenze non solo i disoccupati e gli stranieri, ma anche una larga fascia della popolazione di “occupati” che percependo un salario da fame, ulteriormente eroso dall’inflazione, ogni giorno di più stenta a far fronte a bisogni essenziali come generi alimentari, bollette, casa. Ed è la casa la più grande emergenza nazionale. Il 6% delle famiglie risulta in difficoltà per pagare il mutuo o l’affitto, la speculazione edilizia spadroneggia ovunque, complici le istituzioni sia livello centrale che periferico. Da quando Fanfani creò l’istituto delle case popolari per dare un tetto a centinaia di migliaia di persone che dopo la guerra vivevano in cantine e soffitte disastrate, niente di altrettanto concreto e risolutivo è stato messo in opera.

Qualche quartiere risanato qua e là, mancanza di manutenzione del patrimonio edilizio sempre più degradato e scarsa risolutezza nel riscuotere i canoni di affitto delle case popolari, che se pur contenuti, potrebbero costituire una risorsa per gli interventi più urgenti. I ritardi nell’assegnazione delle case popolari sono all’ordine del giorno mentre in molte città gli appartamenti sfitti arrivano anche al 5%. Nel contempo rileviamo una crescita esponenziale di B&B e affitti brevi. Ovviamente anche molti giovani subiscono le conseguenze di questo scenario disastroso, impossibilitati a trasferirsi nelle città sede universitarie per il caro alloggi. Da qui la crescita esponenziale delle università on line, che ad oggi contano undici atenei accreditati. La politica tutta, senza distinzione di colore/orientamento, è responsabile di questo dissesto che colpisce duramente le fasce fragili della popolazione, una politica che invece dovrebbe lavorare per costruire un’economia giusta per tutti gli italiani, con una maggiore attenzione verso le classi più disagiate.

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