Il Tirreno

Toscana

La tragedia

Morte di Mattia Giani, il padre va dai carabinieri: «Ero allo stadio, ho visto tutto». S’indaga per omicidio colposo

di Sabrina Chiellini

	L'impianto del Lanciotto e Mattia Giani
L'impianto del Lanciotto e Mattia Giani

Lo sfogo: «Quello che è successo a mio figlio non deve accadere mai più. Non mi interessa colpire la società sportiva o qualcuno che era in campo domenica pomeriggio, voglio solo sapere cosa non ha funzionato»

17 aprile 2024
5 MINUTI DI LETTURA





SAN MINIATO. Le emozioni si sovrappongono. Da una parte c’è lo strazio di un padre che ha assistito impotente ai momenti in cui il figlio, Mattia Giani, 26 anni, attaccante del Castelfiorentino, ha avuto un infarto durante la gara d’Eccellenza contro il Lanciotto. Dall’altra il pensiero fisso a quegli interminabili istanti. E la determinazione nel fare tutto il possibile per evitare altre tragedie in campo. «Non voglio fare del male a nessuno – dice il padre di Mattia, Sandro Giani, residente a Ponte a Egola – ma quello che è successo a mio figlio non deve accadere mai più. Ero allo stadio con tutta la famiglia, ho visto cos’è successo, tante sono le domande senza risposta. C’era il defibrillatore, ma buttato lì da una parte, nessuno che lo sapesse usare. Sono entrato in campo anche io, mio figlio non si è più ripreso e il medico è arrivato solo quando è intervenuta la seconda ambulanza. Il primo intervento con il massaggio cardiaco l’ha fatto un dirigente del Castelfiorentino».

Oggi all’ospedale di Careggi, dove il giovane calciatore è morto, era in programma l’accertamento diagnostico sul cuore dell’atleta, ma probabilmente slitterà. La procura, infatti, ha aperto un’indagine per omicidio colposo. «La dottoressa del reparto dove è morto mio figlio a Careggi – aggiunge Giani – ci ha spiegato che faranno un accertamento sul cuore. Per ora non abbiamo nominato un avvocato. Vedremo cosa ha provocato l’arresto cardiaco. Mio figlio era seguito, non è mai emerso niente. Per questo vogliamo sapere la verità, non tanto su quello che è successo all’ospedale ma quando si è sentito male. Non mi interessa colpire la società sportiva o qualcuno che era in campo domenica pomeriggio. Però vorrei sapere se qualcosa non ha funzionato. Il defibrillatore – ripete – è stato usato solo quando è arrivata la seconda ambulanza con il medico».

I primi a soccorrere il calciatore sono stati i dirigenti del Castelfiorentino e una soccorritrice specializzata che è scesa dagli spalti: la situazione era disperata. Se ieri mattina la famiglia Giani ha cercato di capire i tempi per riportare a casa la salma del figlio, nel pomeriggio ha preso una decisione importante dopo aver ricevuto una telefonata dai carabinieri di Castelfiorentino. «Sono in caserma dai carabinieri insieme all’altro mio figlio Elia, anche lui calciatore – spiega Sandro Giani e la sua voce dice tutto il suo dolore – la procura vuole che spieghi come sono andati i fatti. Ero lì, non potrò dimenticare, siamo distrutti».

Domenica a Campi Bisenzio c’era tutta la famiglia di Mattia. I genitori, il nonno e la fidanzata Sofia Caruso che lavora in farmacia a San Romano. «Eravamo proprio sul più bello, amore mio ma grazie per esserti preso cura di me e avermi fatto capire il vero amore. Tu sei e sarai sempre l’amore della mia vita, Matti. Ti amerò per sempre e fino all’infinito. Sei la persona più pura che abbia mai conosciuto e mi hai sempre promesso che non mi avresti mai lasciata sola. Ti prego, proteggimi per sempre e dammi tutta la forza del mondo da lassù. Ciao amore mio, sorridi sempre così e insegnaci a tutti a giocare a calcio. Sono fiera di te, per sempre. Un bacio grande come l’universo» scrive sui social la giovane che da pochi giorni era andata a vivere con la vittima.

Intervenuto a Rai RadioUno sport, Nico Scardigli, allenatore di Mattia, seppure travolto dalla tristezza, ha raccontato l’accaduto cominciando però dal ritratto dello sfortunato giocatore: «Un ragazzo di una solarità unica con entusiasmo alla massima potenza, trasmetteva entusiasmo a chi gli stava vicino. Lo avevo già allenato al Tuttocuoio, fra noi c’era una empatia estrema, non ci sono parole per descrivere la qualità morale e umana di Mattia che comunque era anche un giocatore in grado di far divertire in campo». «Mi dicono che il padre ha inoltrato una denuncia, lui era al campo ed è legittimato a dire ciò che ha visto e che ritiene giusto – ha proseguito Scardigli –. L’aspetto della salvaguardia di ogni atleta di qualsiasi sport va potenziato dalle Federazioni e anche dalle società. Nel calcio dilettantistico ci sono ogni fine settimana una infinità di partite, pensare che accanto a ogni terreno di gioco ci siano gli strumenti sanitari al gran completo è difficile, però si può e si deve migliorare questo aspetto».

Il tecnico del Castelfiorentino ha aggiunto: «In questo momento i ragazzi sono distrutti. Ci ritroveremo, ci chiuderemo nello spogliatoio, domenica non si gioca grazie alla sensibilità della Federazione. Io e lo staff abbiamo un’età diversa dai ragazzi, dobbiamo fare capire ai compagni di Mattia che il miglior modo di ricordarlo è tornare a fare al meglio quello che lui amava». Per allenatore e dirigenti il duro compito di andare avanti. «Sta a noi cancellare la paura nei compagni di Mattia, toccare le corde giuste per dargli la tranquillità di completare questa stagione», ha concluso Scardigli.


 

Primo piano
Operazione “Piedi scalzi”

I migranti reclutati dentro il centro di accoglienza, dieci arresti per caporalato in Toscana: le accuse, i nomi e il sistema

di Stefano Taglione