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Livorno, dalla sindrome di Down a Cannes: «La vita di mia figlia come un film»

di Claudio Marmugi

	Erika Bonura con Valeria Golino
Erika Bonura con Valeria Golino

Parla la mamma dell’attrice protagonista de “L’arte della gioia” di Valeria Golino. Dagli inizi con Giannini e i Mayor fino a Dustin Hoffman ed Helen Hunt

30 aprile 2024
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LIVORNO. «Ormai sono diventata un’attrice professionista». È con queste parole, tra il serioso e l’ironico, che Erika Bonura, livornese, 28 anni, attrice con sindrome di Down, ha commentato la notizia, di queste ore, dell’anteprima mondiale al Festival di Cannes di “The art of joy – L’arte della gioia”, la serie diretta da Valeria Golino dal libro omonimo di Goliarda Sapienza e interpretata da Tecla Insolia nel ruolo di Modesta e Valeria Bruni Tedeschi nel ruolo di Gaia, dove Erika recita la parte della sorella di Modesta.

Romanzo dalla genesi complessa, capolavoro della scrittrice siciliana, rifiutato per anni dalle case editrici – iniziato nel 1967, terminato nel 1976, ha visto la luce nella forma completa di 540 pagine solo due anni dopo la morte dell’autrice, nel 1998 – il testo è stato trasformato nel 2022 in una serie in 6 episodi (ancora inedita) dall’attrice e regista Valeria Golino, e nel corso del 2024 uscirà come film nelle sale cinematografiche. La prima parte, appunto, sarà a Cannes (dal 14 al 25 maggio) come evento speciale. Una notizia che ha riempito d’orgoglio l’attrice livornese ventottenne, che in questi giorni sta girando a Lucca il film di Peter Greenaway “Tower story” con Dustin Hoffman, Helen Hunt e Sofia Boutella.

«Per Erika recitare è terapeutico - racconta la madre, Margherita Oliva - tutto è partito da Lamberto Giannini e dalla sua compagnia teatrale Mayor Von Frinzius, un’esperienza vitale che ha trasformato Erika in maniera significativa: fin dal primo giorno Lamberto le ha chiesto di scandire meglio le parole, questa piccola cosa ha fatto più di qualsiasi logopedista». Fu proprio Giannini a suggerire alla famiglia di far fare il provino alla ragazza per la serie della Golino. «Pensavamo che non l’avessero presa - continua la madre - invece dopo qualche mese è venuto fuori che la parte era sua. Lì è esplosa la gioia di Erika: ha saltato per la casa su tutti i letti e i divani». C’è da dire che Erika non è una qualsiasi: è molto determinata, grintosa, agguerrita, caparbia (qualcuno arriva a dire “testarda”) – quando vuole una cosa, la ottiene. Diplomata con 98/100 in scienze umane al liceo Cecioni, di giorno lavora alla scuola dell’infanzia “Cremoni”, la sera collabora con la cooperativa sociale ThisIntegra. Sul set trova un’energia fuori dal comune.

Spiega la mamma: «Erika è andata da sola in Sicilia dalla troupe della Golino, accompagnata da un’attrice della Mayor Von Frinzius a farle da tutor. Ha girato tutte le sue scene in soli 12 giorni, in dialetto siciliano. Io sono siciliana, ma Erika è nata a Livorno e non sapeva una parola di siciliano prima del film. Lo ha studiato un coach, come si fa normalmente al cinema. È una perfezionista. Tutta la produzione le ha fatto i complimenti. Prepara tutto con attenzione perché vuol sempre dare il massimo: è una delle sue doti più grandi».

Appassionata di arte (danza, teatro, cinema in primis – ma anche architettura, ad esempio, studia le piantine dei teatri italiani dove va ad esibirsi con Paolino Ruffini e Lamberto Giannini quando recita in “Up & Down”) piena d’interessi, diligente, Erika oggi ha una vita normale, ma il suo percorso non è stato facile. «Ma non per quello che pensate voi - aggiunge la madre - non per la sindrome di Down: quella ci ha unito di più come famiglia, con suo padre Giuseppe e suo fratello Antonio le siamo stati sempre vicini. Il vero problema di Erika è stata una grave forma di leucemia che l’ha colpita prima dei tre anni, il suo terzo compleanno l’ha festeggiato in ospedale. Eppure lì è uscita fuori la guerriera. La sua battaglia è durata otto anni pieni, di fatto sotto una campana di vetro. Lei, però, con una forza di volontà unica, tirava su il morale a tutti. Col suo modo di essere ci ha insegnato tanto. È una maestrina nata».

E proprio dalla sua bellissima storia, che non è stata tutta una favola, c’è tanto da imparare – al cinema, in televisione, a teatro e nella vita – per cercare di carpire, da questa splendida ragazza, l’arte della gioia per davvero. 

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