Il Tirreno

Toscana

Lo stop

Benzinai, scatta la serrata di 48 ore. In Toscana coinvolte oltre 1.200 stazioni, ma ci sono modi per rifornirsi

di Danilo Renzullo
Benzinai, scatta la serrata di 48 ore. In Toscana coinvolte oltre 1.200 stazioni, ma ci sono modi per rifornirsi

Due giorni di chiusura delle pompe contro il “decreto carburanti”. Vediamo quanto guadagnano i gestori

23 gennaio 2023
4 MINUTI DI LETTURA





FIRENZE. Braccia incrociate e distributori chiusi. I tabelloni dei prezzi, dopo anni, resteranno spenti. Ad accendersi sarà invece la protesta dei benzinai che da questa sera si fermeranno per 48 ore per contestare il cosiddetto “decreto carburanti”, le disposizioni emanate dal governo “in materia di trasparenza dei prezzi dei carburanti e di rafforzamento dei poteri di controllo del garante per la sorveglianza dei prezzi”. Un provvedimento che «ha l’unico obiettivo di far ricadere tutte le colpe degli aumenti dei prezzi dei carburanti ai benzinai, ma che non ha alcun beneficio per i consumatori», accusa Marco Princi, presidente toscano della Faib-Confesercenti, la Federazione autonoma italiana benzinai che, insieme a Fegica e Figisc-Anisa Confcommercio, ha proclamato la mobilitazione nazionale. Una serrata per «respingere le accuse rivolte ai benzinai da parte del governo, additati come i responsabili della speculazione per l’aumento dei prezzi» dovuto invece «alla decisione del governo di cancellare il taglio sulle accise».

Da stasera a giovedì sera, fare il pieno sarà difficile, ma non impossibile. A rimanere a “disposizione” dei viaggiatori sarà la maggior parte dei cosiddetti distributori “ghost”, gli impianti self-service gestiti direttamente dalle compagnie petrolifere.

Lo sciopero

Lo sciopero scatterà alle 19 sulla rete ordinaria e alle 22 sulle autostrade. I distributori, anche self-service, resteranno chiusi per 48 ore. Riprenderanno tutti la normale operatività il 26 gennaio alle 19 sulla rete ordinaria e alle 22 sulla viabilità autostradale. Mobilitazione che arriva ad oltre tre anni dall’ultimo (novembre 2019), quando i benzinai chiusero i distributori per due giorni per chiedere una riforma del settore e contrastare la «dilagante illegalità derivante dalle liberalizzazioni selvagge».

La protesta

Nonostante i tentativi di mediazione del governo, le categorie di rappresentanza hanno confermato la mobilitazione che si materializzerà in un presidio a Roma, nei pressi di Montecitorio, e con una serie di cartelli che saranno esposti nei distributori che aderiranno alla protesta. “Questo impianto rimarrà chiuso per protestare contro la vergognosa campagna diffamatoria nei confronti della categoria e gli inefficaci provvedimenti del governo che continuano a penalizzare solo i gestori senza tutelare i consumatori e per scongiurare nuovi aumenti del prezzo dei carburanti», l’avviso che sarà affisso nelle stazioni chiuse.

Chi resta aperto

Tanti, ma non tutti. Se secondo le sigle sindacali la maggioranza dei gestori aderirà alla mobilitazione, saranno decine i benzinai che manterranno in funzione i distributori, decidendo di “dissociarsi” dal braccio di ferro con il governo. Saranno quasi tutti attivi i distributori “ghost”. Sulla rete autostradale toscana il rifornimento sarà garantito in dieci stazioni di servizio.

La rete distributiva

Secondo l’ultimo censimento, in Toscana sono attivi circa 1.200 impianti distributivi che erogano, in totale, circa 1,3 miliardi di litri di carburante all’anno per un giro d’affari che supera i 2,5 miliardi di euro. I distributori ghost rappresentano circa il 20% del totale degli impianti attivi. Il consumo di carburante, secondo le ultime rilevazioni, è diminuito di circa il 20% rispetto al 2019.

I guadagni

Mediamente, il guadagno del gestore di un impianto oscilla tra i 3 e i 3,5 centesimi di euro al litro per i distributori self-service. Margine che sale leggermente per il “servito”, dove la presenza di una persona fisica “vale” 5 centesimi al litro. Guadagni negli ultimi anni progressivamente dimagriti. In alcuni casi vengono riconosciuti 2,8 centesimi di euro al litro, ma gli ultimi bandi per l’affidamento di alcuni impianti self-service hanno previsto un margine di guadagno di appena 1 centesimo. «Su un rifornimento di 20 euro – l’esempio di Princi –, 11,72 euro, il 59% del totale, finiscono nelle casse dello Stato, 7,9 euro (39%) vanno alle compagnie petrolifere e solo 0,38 euro, pari al 2%, al gestore».

Le associazioni rivendicano anche l’uniformazione dei costi di cessione dei carburanti tra impianti con gestori, ghost, supermercati e “no-logo”. «Non si capisce perché, caso unico in Europa, in Italia i prezzi di cessione sono calcolati su binari diversi: rete ed extra-rete – conclude il presidente toscano di Faib –. I prezzi alla pompa non vengono decisi dal gestore: non vogliamo più passare per speculatori e furbetti da controllare e sanzionare con multe spropositate per aumenti che sono chiaramente legati solo al ritorno delle accise. Per questo scioperiamo, sperando che i consumatori capiscano che noi siamo dalla loro stessa parte della barricata». l




 

Primo piano
Il caso

Elba, una bomba in spiaggia: scatta la chiusura

di Claudia Guarino