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Prato, i proprietari italiani dei capannoni affittati ai cinesi non vogliono il memoriale della Teresa Moda


	Il memoriale che ricorda i sette operai cinesi morti nell'incendio della Teresa Moda
Il memoriale che ricorda i sette operai cinesi morti nell'incendio della Teresa Moda

E’ ancora muro contro muro in via Toscana dopo la distruzione della targa realizzata dal Sudd Cobas per ricordare i sette operai cinesi morti nell’incendio del 2013

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PRATO. E’ muro contro muro in via Toscana tra il sindacato Sudd Cobas e i proprietari italiani dei capannoni affittati alle aziende cinesi, dopo la creazione del memoriale che ricorda i sette operai cinesi morti nell’incendio della confezione Teresa Moda il primo dicembre 2013. Due giorni prima della ricorrenza del Primo Maggio qualcuno aveva ordinato la distruzione del memoriale, realizzato dal sindacato al posto di un’aiuola che era diventata una piccola discarica di rifiuti.

Il memoriale è stato rapidamente ricostruito e inaugurato proprio in occasione della Festa dei lavoratori, ma a distanza di due settimane i proprietari dei capannoni non hanno ancora digerito la novità e vogliono che sia tolto il prima possibile.

Il Sudd Cobas ha chiesto un incontro e lo Studio Fincasa, che è l’amministratore di condominio per conto dei proprietari dei capannoni di via Toscana, ha risposto che non ci sono le condizioni per parlarsi, che l’area dove sorge il memoriale è una proprietà privata e che dunque il memoriale deve essere rimosso. Si minacciano anche azioni legali.

Il Sudd Cobas non ha intenzione di cedere e dunque siamo in una situazione di stallo. Il sindacato, dopo la prima distruzione, continua a presidiare la targa che ricorda i sette operai morti per evitare che qualcuno la distrugga nuovamente e, spiega, continuerà a farlo anche nei prossimi giorni.

Va anche ricordato che in tutti questi anni a nessuno, istituzioni comprese, era mai venuto in mente di ricordare le vittime della Teresa Moda dedicando loro almeno una targa, che ora c’è, ma continua a dare molto fastidio.

«Abbiamo provato a richiamare i proprietari non solo al rispetto delle più elementari regole del buon senso e del vivere civile che imporrebbero il rispetto per la memoria di uomini e donne che hanno perso tragicamente la vita – si legge in una nota del Sudd Cobas – ma anche al riconoscimento del valore sociale di quella targa che ha preso il posto di una piccola discarica. Ma a quanto pare è proprio questa memoria che da fastidio e si vuole cancellare. La memoria di quella strage ricorda anche le responsabilità dei proprietari del capannone che chiusero tre occhi su quello che accadeva all'interno della Teresa Moda, con i dormitori allestiti in fabbrica. E qui poco e nulla è cambiato».

«Invocare la "proprietà privata" contro una targa di ricordo di uomini e donne morti di sfruttamento – sostiene il Sudd Cobas – è vile e indecente. Il principio del "a casa mia decido io", applicato alle fabbriche di questo distretto, è lo stesso che ha prodotto la strage della Teresa Moda e lo stesso che, dodici anni dopo, continua a fare essere quello stesso condominio industriale un luogo di sfruttamento e di lavoro nero. Perché per molti proprietari ciò che conta è che dei capannoni qualcuno paghi regolarmente l’affitto. Poco importa come o perché. Si abbatte il rischio d’impresa, ci si garantisce una rendita sicura sullo sfruttamento senza freni di chi lavora. E oggi si ha paura che qualcuno accenda un riflettore su questi luoghi dimenticati da Dio e li renda spazi pubblici di interesse sociale».
«In una idea democratica di città e di lavoro – aggiunge il Sudd Cobas – le fabbriche non sono "la casa del padrone". E agli operai vivi non può essere negato il diritto di ricordare i loro colleghi morti a causa dello sfruttamento.  Intanto siamo arrivati al 18º giorno a difesa del monumento memoriale. Da diciotto giorni gli attivisti sindacali dividono il loro tempo tra scioperi e assemblee nelle fabbriche e turni di notte davanti all’aiuola di via Toscana. Diciotto giorni in cui centinaia di operai che in questi anni hanno conquistato il diritto a lavorare 8 ore per 5 giorni la settimana utilizzano una parte del loro tempo libero per presidiare il memoriale e lanciare un messaggio ai loro colleghi cinesi: “siamo dalla vostra parte, uniamoci perché non succeda mai più”».

«Siamo abituati a dormire in strada per difenderci dagli abusi, dallo sfruttamento, dall’ingiustizia – conclude il Sudd Cobas –Non abbiamo paura di farlo per difendere il ricordo di chi non c’è più. Certo è che l’atteggiamento dei proprietari è vergognoso. E assordante è il silenzio della politica per qualcosa che riguarda così intimamente questa città e la sua memoria. Speriamo che i primi facciano un passo indietro e si siedano a un tavolo rinunciando all'intenzione di distruggere nuovamente il memoriale. Speriamo che la politica ed il Comune si facciano avanti a sostegno dell’uso e del valore pubblico e sociale di quello spazio. Nel mentre, ci troveranno al nostro posto. Via Toscana 65. A difesa della memoria di 7 operaie e operai cinesi morti bruciati dentro il capannone in cui lavoravano».

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