Il Tirreno

Pistoia

La tragedia

Fermato col taser muore in ospedale, i testimoni: «Quell’uomo urlava ed era fuori di sé»

di Nicolò Valli

	Claudio Citro
Claudio Citro

Le voci del paese sotto choc dopo l’episodio al forno: vittima un 41enne che viveva in provincia di Pistoia

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REGGIO EMILIA. «Stavo ancora dormendo e le urla mi hanno attirato. Mi sono affacciato alla finestra pensando a un incidente stradale e ho assistito dal vivo ai momenti concitati; quell’uomo era davvero fuori dal mondo».

Massenzatico è sotto choc. Il piccolo paese di campagna alle porte di Reggio, infatti, si scopre fragile e vulnerabile; nei locali e negli uffici non si parla d’altro, specialmente al bar Sara dove Claudio Citro, 41 anni che viveva in provincia di Pistoia, è andato ieri mattina, martedì 16 settembre. Il barista ci dice di non aver assistito alla scena ma che la sua collega ha consegnato tutto agli agenti, a partire dalle telecamere di videosorveglianza. Immagini che potranno essere utili ai fini delle indagini.

Secondo quanto gli hanno riferito, il grido “aiuto, aiuto” da parte dello stesso Citro è stato quello più ricorrente. Daniele, inquilino dell’abitazione sopra al forno Castagnoli, racconta invece: «Non ho visto il taser perché il tutto è avvenuto tra l’interno e lo spazio sotto la veranda – prosegue–. Ho sentito che quella persona diceva frasi del tipo “Vogliono ammazzarmi” ma ho capito che era davvero poco lucido. Poco dopo è arrivata l’ambulanza».

Anche la mamma del ragazzo, affacciata al balcone, fa fatica a trovare le parole. La famiglia sino a due anni fa gestiva il forno, poi ceduto agli attuali proprietari: «Ho sentito tanta confusione e le urla. Dobbiamo ancora realizzare», precisa. In via Borromini, 19, da dove Citro si sarebbe lanciato dalla finestra, lavorano gli uomini della Scientifica. A lato, seduti sul marciapiede, il padre di Claudio è in lacrime e due vicine di casa cercano di consolarlo offrendogli un bicchiere d’acqua. Una delle due afferma di abitare al piano di sopra e di aver sentito, poco dopo le 5, un forte boato dovuto al lancio di Citro dal balcone. «Sembrava un terremoto», dice.

L’altra racconta di aver chiamato i soccorsi una volta accertata la pericolosità della situazione: «Io e mio marito ci siamo spaventati, quell’uomo infatti urlava a gran voce. Era vestito con una maglia e un pantaloncino, e non aveva le scarpe. Poco dopo sono andata al bar a fare colazione e mi sono ritrovata l’uomo che era agitatissimo; l’ho visto tirare un pugno anche al defibrillatore; è in quel momento che ho chiamato le forze dell’ordine». Citro, per le due donne, non era un volto conosciuto, ma quanto accaduto non può lasciare un senso di vuoto e tristezza: «Non stava rubando e tanto meno era armato, chiedeva soltanto aiuto. In ogni caso c’erano altri modi per fermarlo: non si può morire così».

 

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