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Pistoia, la scure dei dazi di Trump sulle aziende della provincia

di David Meccoli
Pistoia, la scure dei dazi di Trump sulle aziende della provincia

Tra i principali comparti del territorio è immune solo il florovivaismo. La Verinlegno pensa a delocalizzare negli Stati Uniti: ripercussioni anche sul turismo

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PISTOIA. Una tassa antica (e che esisteva ben prima del celebre “Un fiorino! ” del duo Benigni-Troisi), che genera però un panico contemporaneo. I dazi imposti da Trump alle merci in entrata negli Stati Uniti rischiano di mettere in ginocchio l’export anche nel nostro territorio, che non si sottrae alle intemperie di una guerra commerciale potenzialmente in grado di determinare una brusca frenata a uno sviluppo rimessosi in moto dopo la pandemia. E c’è anche chi pensa, come extrema ratio, a delocalizzare la produzione. I dazi statunitensi al 30 per cento minacciano comparti che rappresentano l’identità produttiva del tessuto produttivo pistoiese. Gli economisti ci insegnano infatti che le principali conseguenze contemplano un aumento marcato dell’inflazione (con i venditori che cercheranno di scaricare i maggiori costi sul consumatore finale), un’alta volatilità nei mercati, un impatto negativo sulla valuta del Paese esportatore e un aumento generalizzato dei prezzi delle materie prime. In poche parole: con i dazi imposti dall’amministrazione Trump i costi per i consumatori americani lievitano, la domanda si riduce e di conseguenza le “nostre” aziende devono affrontare un contraccolpo pesante.

Confindustria

«È evidente – dice Massimo Capecchi, vicepresidente Confindustria Toscana Nord – che la vocazione della nostra provincia verso l’export e verso gli Usa ci rende particolarmente preoccupati. Al di là di un’analisi più approfondita sugli effetti che i dazi potrebbero generare sulle singole merci (e sulle catene produttive) e che ci riserviamo di esporre, in questo delicato momento il mio commento non può che essere di carattere generale: la crescita dell’economia mondiale si è sempre basata sulla circolazione di merci libera e rispettosa delle regole di commercio internazionale. Imporre dazi, oltre che dannoso, non fa parte della cultura industriale dell’occidente, altera la concorrenza e finisce per deprimere la qualità dell’innovazione e della ricerca. Per questa ragione confido che i governi sappiano lavorare per disinnescare questa pericolosa mina, che potrebbe portare effetti a oggi neppure immaginabili, aggravati dall’andamento del rapporto euro-dollaro, che penalizza ulteriormente le relazioni commerciali».

Dal florovivaismo all’industria ferroviaria

Se un settore di fondamentale importanza per il nostro territorio, come ci spiegano dall’Associazione Vivaisti Italiani, «non è interessato dai dazi Usa in quanto l’esportazione dei nostri prodotti non è consentita dalle normative fitosanitarie vigenti», l’allarme arriva da tutto il mondo produttivo. Ma ovviamente anche dai lavoratori (ai quali forse, restando nell’ambito del “fiorino”, non resta che piangere): è stato infatti calcolato che in Toscana siano ora a rischio fino a 18mila posti di lavoro. Un numero che ben rappresenta il peso delle tensioni commerciali internazionali. «Per ora – dice Andrea Vignozzi, Fiom Cgil – non ho avuto particolari riscontri tra i lavoratori pistoiesi. Anche all’interno di Hitachi, che in passato ha lavorato a più riprese con gli Usa, non ci sono preoccupazioni imminenti. Il problema è che Trump cambia idea ogni pochi giorni e quel che vale oggi, non si sa se varrà anche domani, così come ancora non è chiara quale sarà la risposta dell’Europa. Ma monitoreremo la situazione per capire se e quali effetti i dazi potranno avere sull’occupazione».

Verinlegno

Un’azienda che fonda buona parte del suo business sul commercio estero (il 51 per cento del totale del fatturato) è la Verinlegno di Massa e Cozzile (vernici e prodotti chimici industriali). «Negli ultimi dieci anni abbiamo registrato una crescita complessiva dell’export pari all’81% – spiegano dall’azienda – Si tratta di un trend positivo e costante che conferma l’efficacia della nostra strategia di internazionalizzazione e il consolidamento nei mercati esteri. L’impatto dei dazi sulle materie prime? Al momento non rileviamo particolari criticità sull’approvvigionamento, in quanto ci riforniamo principalmente da produttori europei, il che ci consente una maggiore stabilità e tempi di consegna più affidabili».

Il general manager Daniel Galli aggiunge che «al momento, la nostra quota export verso gli Stati Uniti è contenuta, ma il mercato americano rappresenta uno dei principali obiettivi strategici per i prossimi anni. Stiamo avviando un percorso di sviluppo commerciale che prevede l’attivazione di nuovi canali di vendita e distribuzione negli Usa (al momento l’export verso il Nord America è al 10,56% del totale, nda). In questo contesto, l’introduzione di dazi sulle importazioni avrà certamente un impatto sulle nostre scelte. Stiamo già valutando soluzioni che ci permettano di mantenere competitività ed efficienza, inclusa la possibilità di una localizzazione parziale della produzione destinata al mercato nordamericano». Il rallentamento e la conseguente diminuzione delle esportazioni rischiano, in definitiva, di scatenare una crisi paragonabile solo al crollo generato dalla pandemia. Speriamo di dover pagare “pegno” solo con un fiorino.

Turismo

Anche il turismo, tradizionalmente una voce fondamentale per l’economia della nostra provincia (in particolare sul versante montecatinese) , sarà presumibilmente investito da un deleterio vortice negativo innescato dall’introduzione dei dazi decisi dall’amministrazione Trump. Un cocktail esplosivo che prevede “dosi” di rialzo dei prezzi per i cittadini americani e svalutazione del dollaro (viene calcolato tra il 10 e il 15 per cento) . Conseguenze immediate? Da una parte sarà più costoso viaggiare in Europa, dall’altra – per chi non si lascerà scoraggiare dal primo punto – il calo del potere d’acquisto renderà comunque meno appetibili i nostri prodotti sul “posto”.

«Posso confermare che anche Montecatini Terme – dice il presidente Apam Federalberghi, Carlo Bartolini – risente di un’estate particolarmente complicata. Il calo dei flussi turistici, già evidente a Firenze nei mesi centrali come luglio e agosto, ha un impatto ancora più marcato sulle destinazioni come la nostra. La situazione internazionale, tra conflitti in corso e crisi economica negli Stati Uniti, si riflette negativamente anche sul turismo in entrata». Un quadro già di per sé ingarbugliato, aggravato dagli stessi dazi. «A questo si aggiungono le preoccupazioni per i dazi Usa, che pur toccando principalmente l’export, rischiano di rallentare ulteriormente anche i viaggi dagli Stati Uniti verso l’Italia causa di un costo della vita crescente – spiega Bartolini – Speriamo in un recupero dell’ultimo minuto, soprattutto da parte del mercato italiano ed europeo, ma il contesto resta complesso». 

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