La misura
Lupo strangolato, scuoiato e appeso a un a cartello stradale in Toscana: prescrizione per l’allevatore
Così è stato stabilito dalla Corte di Appello di Firenze: il caso nell’aprile del 2017
RIOTORTO. Sette mesi e 200 euro di multa, più 2.000 euro alle associazioni Legambiente e Wwf e 4.000 da versare alla Lav, tutti costituite parte civile. Questo era stato il 13 febbraio scorso il verdetto per Salvatore Fais, allevatore 32enne di Riotorto, noto anche perché leader del movimento dei trattori, imputato per aver ucciso e scuoiato un lupo. La Corte di appello di Firenze, terza sezione presieduta da Daniele Cenci, ha riformato quella sentenza e ha dichiarato il non doversi procedere per estinzione per prescrizione, confermando le statuizioni civili e riservandosi il deposito delle motivazioni entro novanta giorni.
Cosa è successo
Fais, assistito dall’avvocato Carlo Valle, era finito sotto processo per fatti risalenti al 27 aprile 2017. Quel giorno tra Monterotondo Marittimo e Suvereto venne ritrovato un lupo impiccato e scuoiato, appeso a un segnale stradale sotto un cartello con due scritte a pennarello: “No agli abbattimenti/Sì alla prevenzione” e “No Lav” sul lato opposto. Nell’ottobre successivo la Procura aveva chiesto l’archiviazione, non essendo stato possibile arrivare all’identificazione del responsabile. Ma nemmeno un anno dopo, i carabinieri forestali avevano ripreso a indagare, basandosi sul traffico telefonico. Quei nuovi accertamenti, durati oltre un anno, portarono all’iscrizione nel registro degli indagati di Fais grazie a prove scientifiche raccolte dai Ris: era il dicembre 2018 e la Procura ipotizzò il furto venatorio con uccisione di animale nei confronti dell’allevatore. Le analisi portarono ad accertare che il lupo era stato strangolato con un laccio; era morto per asfissia da soffocamento ed era stato scuoiato con un coltello a lama corta. I carabinieri avevano isolato le tracce del dna e le impronte digitali lasciate dal responsabile (in particolare sulla corda utilizzata per legare l’animale) , e perquisendo l’azienda dell’allevatore avevano trovato una cabina della rete del gas metano dalla quale era stato strappato il cartello di “attenzione, pericolo”, del quale erano però rimasti i lembi; che combaciavano con il cartello attaccato sopra la carcassa del lupo; la vernice sul cartello non era però la stessa di quella trovata a casa.
Il processo
Nel corso del procedimento, l’avvocato Carlo Valle aveva invocato – per due volte – l’applicazione del “ne bis in idem”, sostenendo che il suo assistito era già stato giudicato, avendo pagato una contravvenzione sulla vicenda. Erano stati sentiti in aula anche i carabinieri del Ris, appunto, che avevano condotto i nuovi accertamenti, nonché tre testimoni a difesa, tra cui il padre di Fais, per testimoniare che quella corda poteva averla presa – e usata – chiunque. In conclusione, il difensore aveva chiesto che l’uccisione del lupo fosse considerata come «dettata da necessità» in quanto l’allevamento dell’imputato avrebbe subito attacchi da parte di predatori. Adesso la prescrizione.
