Calcio: Serie B
Omicidio dell'aiuto-cuoco all’Elba: l'ex studente sceglie il processo rapido
Portoferraio: Mounir Ghallab, 24 anni, ha optato per il rito abbreviato. Se condannato beneficerà dello sconto di un terzo della pena
PORTOFERRAIO. Mounir Ghallab, il ventiquattrenne elbano in carcere dal febbraio scorso con l’accusa di aver ucciso l’aiuto-cuoco milanese Angelo Carugati nello scantinato sotto il tunnel di Porta a Terra, è stato rinviato a giudizio e verrà giudicato, come richiesto dal suo avvocato Nicola Giribaldi, con il rito abbreviato. Potrebbe concludersi in meno di un anno – e in caso di condanna con lo sconto automatico di un terzo della pena – il primo grado del processo a carico del giovane che, stando alla ricostruzione dei carabinieri – coordinati dal pubblico ministero Niccolò Volpe, il titolare dell’inchiesta per omicidio volontario – avrebbe ammazzato il quarantaduenne nella notte fra il primo e il 2 febbraio scorsi a colpi di bastone e pure con una valigia e una pentola, dopo averci litigato in quello che, per loro, era un giaciglio di fortuna dove dormire e trascorrere il tempo libero, sgomberato dall’amministrazione dopo la tragedia.
La ricostruzione
Il primo febbraio, attorno alle 18,30, Ghallab si sarebbe incontrato con un testimone della lite (un ex studente portoferraiese dell’alberghiero), l’unica persona che si trovava con loro al momento dell’alterco e che lo accusa del delitto. L’appuntamento vicino al supermercato Eurospin, sotto a “La Centrale Gourmet” di viale Zambelli, di fronte al porto. Insieme avrebbero comprato una birra e da mangiare, poi si sarebbero diretti verso lo scantinato. Carugati li avrebbe poi raggiunti lì, cenando in loro compagnia. Poi, di notte, il diverbio che ha portato al decesso dell’aiuto-cuoco, preso a bastonate e colpito alla testa pure con una pentola e una valigia, anche se la causa della morte – secondo l’autopsia – è un’emorragia provocata dalla rottura della milza. Il decesso sarebbe quindi sopraggiunto dopo, visto che Ghallab dopo la lite se ne sarebbe tornato a casa, nella zona del “residence”, lasciando agonizzante – sempre stando alla ricostruzione dell’accusa – il povero Carugati, molto conosciuto a Portoferraio e benvoluto da tutti.
I dubbi della difesa
La difesa ha sempre nutrito molti dubbi soprattutto sul racconto del testimone, nonostante l’impianto accusatorio abbia retto sia al vaglio del giudice per le indagini preliminari, sia al riesame e alla Cassazione che hanno sempre bocciato le richieste di scarcerazione di Ghallab, presentate dal suo avvocato. Il legale, già durante l’interrogatorio di garanzia, si era concentrato sulle due richieste di aiuto del testimone, ritenute contraddittorie. L’ex studente dell’alberghiero, senza cellulare, alle 2,18 è andato sotto al commissariato della polizia di viale Manzoni, il presidio delle forze dell’ordine più vicino allo scantinato, parlando di una persona sdraiata per terra davanti alla gelateria “Zero Gradi”. I carabinieri, intervenuti sul posto, non hanno trovato né lui, né la persona da soccorrere. Mentre più tardi, alle 3,35, il giovane è tornato sempre al commissariato, chiedendo nuovamente l’intervento della forza pubblica. Poi, una volta sul posto, i militari lo hanno trovato e seguito fino alla stanza comunale, scoprendo il corpo senza vita di Carugati. Inutile purtroppo la corsa per salvarlo dei volontari, con a bordo il medico del 118, del Santissimo Sacramento: Angelo era già morto. Secondo il racconto del testimone – e stando anche alle risultanze dei rilievi scientifici dell’Arma, intervenuti anche da Firenze – sarebbe stato Ghallab a uccidere l’aiuto-cuoco, anche se il giovane quando ha chiesto di parlare con il sostituto procuratore ha negato con forza di essere l’omicida, ammettendo sì il litigio, ma non di averlo ucciso.
Il processo
Ora si è aperto il processo, con la richiesta del rito abbreviato ammessa dal tribunale. Ghallab, se anche dovesse essere condannato, beneficerà comunque dello sconto automatico di un terzo della pena (da 21 a 14 anni, come ipotesi per l’omicidio volontario, se dovesse prendere il minimo possibile naturalmente). Se invece dovesse essere ravvisato un reato diverso, ad esempio l’omicidio preterintenzionale, allora il quantum potrebbe ridursi ancora. Nel frattempo, in regime di custodia cautelare, ha già trascorso quasi un anno alle Sughere, con riesame e Cassazione che gli hanno negato la libertà. A fine gennaio, davanti al giudice, potrebbe arrivare la sentenza di primo grado. Un anno dopo il delitto che ha sconvolto l’Elba. l
© RIPRODUZIONE RISERVATA