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Lucca

Il personaggio

Giuseppe, il giudice di Lucca diventa apicoltore: «Ma non è l’unica passione, e mi resta ancora una mano da stringere...»

di Luca Tronchetti

	Giuseppe Pezzuti festeggiato nel giorno della pensione
Giuseppe Pezzuti festeggiato nel giorno della pensione

Va in pensione il presidente della sezione penale. In magistratura ha ricoperto tutti i ruoli

22 ottobre 2024
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LUCCA. Un napoletano tranquillo e riservato che ha fatto dell’equilibrio la sua ragione di vita e ha scelto Lucca, pur avendo avuto altre opportunità di carriera, come città adottiva per vivere e far crescere la sua bella famiglia composta da moglie (galeotto fu il tribunale Galli Tassi dove lei era impiegata come informatica) e tre splendide figlie. Trentacinque anni sono volati via come un soffio di vento per Giuseppe Pezzuti, 67 anni, presidente della sezione penale del tribunale di Lucca che nella mattina di lunedì 21 ottobre è stato festeggiato dai giudici, dal personale di cancelleria, dagli impiegati e dalle stenotipiste nel luogo che lo ha visto protagonista mai sopra le righe di migliaia di udienze: un’aula giudiziaria.

Dai codici al miele

Ora che ha svuotato il suo ufficio e riposto nei cassetti i codici che per una vita sono stati il suo strumento di lavoro, Giuseppe “Pippo” Pezzuti è pronto a coltivare il suo nuovo hobby: l’apicoltura. «Per il mio pensionamento i colleghi e il personale mi hanno regalato una serie di strumenti funzionali alla mia nuova attività. Sono appassionato di agricoltura e adesso ho scoperto l’allevamento delle api. Mi impegnerò, come ho sempre fatto nella professione, per realizzare un miele genuino». Sorride il giudice nel suo ultimo giorno da togato. Perché in fondo, nella vita, il lavoro è una parte importante, ma non è la sola. Perché uno spazio dev’essere dedicato alle passioni. E tra queste un posto in prima fila è per il calcio (tifoso passionale del Napoli e di Maradona). Ma soprattutto al Fantacalcio: «Se cercate sul motore di ricerca Google non ci sono foto che mi ritraggono in tribunale proprio per la mia riservatezza. Troverete soltanto una mia immagine di due anni fa quando ho vinto al Fantacalcio il primo premio messo in palio dalla testata giornalistica d’informazione sportiva online “Napoli Magazine”. Mi fa piacere quando avvocati, amanti di quel passatempo, mi chiamano per aver consigli sui calciatori da comprare nelle aste».

Un percorso completo

Pezzuti è l’ultimo giudice del tribunale ad aver ricoperto tutti i ruoli della magistratura: da pretore a pubblico ministero, da giudice penale a giudice delle indagini preliminari (16 anni complessivi in due periodi diversi). Un percorso completo che oggi, con le nuove normative e la separazione delle carriere che verrà, non sarà più possibile. Laureato in giurisprudenza con il massimo dei voti all’Università Federico II di Napoli, vinto il concorso in magistratura – dopo due anni trascorsi alla pretura di Nola – il 13 ottobre 1989 ha scelto Lucca su suggerimento di una sua compagna di studi. «Mai scelta è stata più felice. Perché quando nel 1993 sono tornato in applicazione per sei mesi a casa – al tribunale di Napoli, all’epoca del procuratore Cordova – ho maturato la convinzione di restare a Lucca».

La sicurezza sul lavoro

Dal novembre 1989 al giugno 1999 è stato pubblico ministero occupandosi dei reati in materia di incidenti sul lavoro. Lo ha fatto con sensibilità e meticolosità e le sue sentenze, per certi versi innovative, hanno rappresentato l’architrave della famosa legge 626 del 1996, quella sulla sicurezza sul lavoro. «Sono entrato con la riforma Vassalli e ho attraversato cambiamenti epocali con l’addio alle preture, la chiusura dei distaccamenti, l’avvento del giudice di pace».

La riconoscenza

Un magistrato è un uomo che s’interroga prima di scrivere e pronunciare una sentenza. C’è un caso recente (30 novembre 2016) che il giudice Pezzuti non può cancellare della memoria: «Quello di Massimo Donatini, condannato per omicidio volontario a 13 anni e 4 mesi in virtù di un vizio parziale di mente e che oggi è detenuto in regime di semilibertà. In carcere ha scritto un libretto dal titolo “Fine pena mai” che ha spedito a me e al pm che si occupò dell’indagine con allegata una lettera di ringraziamento e il desiderio di potermi incontrare per stringermi la mano. Quelle parole mi hanno scosso e commosso. Non ho ancora esaudito quella volontà, ma non è mai troppo tardi per farlo».
 

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