Il Tirreno

Livorno

La Libertas esce tra gli applausi

di Giulio Corsi
La Libertas esce tra gli applausi

Solidità e personalità contro la corazzata Cantù che è più lucida negli ultimi 60 secondi Amaranto costretti a giocare due tempi senza cronometro dei 24” per l’ennesimo guasto

20 ottobre 2024
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LIVORNO I tremilacinquecento del PalaMacchia in piedi. A battere le mani. Un minuto di applausi. E la curva Nord che urlava “vi vogliamo così”. Come se la Libertas l’avesse vinta questa battaglia bellissima, intensa, strappacuore contro Cantù, capolista (insieme a Rimini), ambiziosa, fortissima, col suo roster da A1. Ecco, sembrava una partita da categoria superiore. Finalmente il debutto casalingo di domenica dopo due turni infrasettimanali in casa, probabilmente contro la squadra migliore del campionato, col suo centinaio di tifosi al seguito (compresi i gemellati di Montecatini).

Pareva che l’orologio fosse tornato indietro di trenta e rotti anni. Anche per lo spettacolo in campo: all’intervallo il tabellone diceva 44-52, poche difese forse, ma soprattutto tante grandi giocate in attacco. Basket vero, su entrambi i fronti.

Peccato. Peccato per tre cose: la sconfitta (e ne parliamo in seguito). Lo scappellotto a Moraschini dato da un tifoso della tribuna, che ha rovinato lo spettacolo bellissimo di un palasport pieno e bollente e che speriamo non costi la squalifica del campo. E l’ennesimo problema al tabellone dei 24 secondi, che stavolta non solo ha costretto gli arbitri a interrompere per tre volte la partita mandando le squadre in panchina, ma soprattutto ha costretto la Libertas a giocare gli ultimi due quarti senza vedere il cronometro. Roba da anni Settanta. Un problema legato ai nuovi canestri su cui sono stati montati i vecchi 24” attaccati letteralmente con i fili, una situazione che non è più accettabile. Non solo per il danno sportivo provocato ieri (come su un tiro sulla sirena di Italiano al suonare dei 14” in un’azione che poteva essere gestita diversamente), ma per l’immagine che una città dall’altissimo blasone sportivo come Livorno non merita. Sembra una maledizione se si pensa che la Libertas per colpa di un cronometro senza il contadecimi perse uno scudetto. Ma 35 anni dopo siamo ancora qui a fare i conti con un impianto non all’altezza. Il sindaco Luca Salvetti aveva garantito che entro ottobre la questione sarebbe stata risolta: adesso il problema non è più rinviabile.

La partita è stata bella e maledetta. La Libertas ha tenuto testa a Cantù per tutti i 40 minuti. Un monumento va fatto a Tommaso Fantoni, la cui conferma è stata una delle scelte vincenti dell’ultima estate. Il capitano ha giocato una partita gigantesca, chiudendo con percentuali monstre (5/6), subendo 6 falli e prendendo 8 rimbalzi in 30 minuti nei quali ha insegnato i movimenti del pivot ai totem canturini Possamai e Basile. Con lui Nazareno Italiano ha mostrato di essere già diventato livornese: cuore, punti, gomiti, faccia cattiva, trascinatore nel primo quarto (con 10 punti in 5 minuti) e continuo tutta la partita. Bellissimo Banks, elegante e capace di far apparire delle giocate magiche come cose semplici, indispensabile Hooker (ancora 9 rimbalzi e 5 assist), decisivo Filloy, uscito dall’oscurità nel momento più hot con due triple che hanno suonato la carica quando Cantù sembrava scappare via.

È a cavallo tra secondo e terzo quarto, i lombardi erano schizzati a più 12 (36-48 al 17’). Andreazza ha chiuso il tempo col quintetto più esperto: Hooker, Banks, Filloy, Italiano e Fantoni. E con quello ha ricominciato dopo l’intervallo risucchiando, grazie a una grande difesa, l’Acqua San Bernardo, con un parziale di 14-5 nei primi 5’ del terzo quarto, ispirato dall’argentino e da grandi assist di Hooker, fino al sorpasso 62-61 firmato da Quinton in sospensione.

L’ultimo tempino è stato un mix di emozione, speranza e paura. Cantù è andata avanti fino al 35’ solo con i tiri liberi (8 punti dalla lunetta) e diversi aiuti dei tre in grigio. A 100 secondi dalla fine la Libertas era a meno 1 (77-78). A un minuto dalla sirena (77-79) l’errore di Italiano dall’arco ha spianato la strada all’allungo ospite (77-81 De Nicolao) e la vittoria ha preso l’autostrada del Sole.
 

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