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La dottoressa Dragoni e la sua vita da castellana al Sonnino: «Qui tra principi e baroni»

di Franco Marianelli
La dottoressa Dragoni e la sua vita da castellana al Sonnino: «Qui tra principi e baroni»

Il medico, volto storico del 118, e i suoi 25 anni a picco sulla scogliera del Romito tra vita e aneddoti

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LIVORNO Svegliarsi la mattina e poter ammirare il mare dalla propria finestra è cosa straordinaria. E poterlo fare tutte le mattine affacciandosi da un antico finestrone del Castel Sonnino fa moltiplicare quel piacere per mille.

Questa possibilità per 25 anni è toccata in sorte a Maria Rita Dragoni, medico, cavaliere del lavoro, volto storico del 118 livornese, di cui è stata responsabile per molti anni, che racconta la sua vita tra arazzi e torrioni.

«Mio padre è stato custode -factotum del castello e mia madre cameriera. Io ho abitato lì dalla mia nascita nel 1959 sino al 1984 quando babbo, dopo la morte di mia madre a soli 56 anni, lasciò il lavoro. Negli ultimi anni fui anche “dipendente” dei baroni come bambinaia dei loro figli».

Cosa portò i suoi genitori al Castello?

«Tutto nacque da una proposta dei marchesi Antinori di Bolgheri, qui lavorava mamma, nobili in amicizia con i “parisangue” baroni Sonnino discendenti del più volte ministro, nella seconda metà dell’800, Sidney che comprò e ristrutturò l’antico bastione che sorgeva sul promontorio subito prima di Quercianella. Mamma inoltrò la proposta a babbo, che in vita sua non aveva mai visto il mare perché era nato nelle campagne fiorentine e da lì non si era mai spostato. Giunto al Sonnino, fu talmente spaventato dall’impatto con il mare che per una settimana non sfece le valigie. Poi si convinse ma ci mise un po' ad “acclimatarsi” con la nuova realtà: lui cacciatore, non aveva mai visto, oltre che il mare, nemmeno i gabbiani. Vedendo questo uccello così grosso decise di sparargli. Quando lo portò da mamma per cucinarlo lei gli spiegò che non era».

Una vita da castellana la sua.

«Con le mie compagne di scuola studiavamo nella sala delle Armi con le sue immense finestre esagonali. Ogni tanto andavo nella camera da letto che fu della baronessa Sonnino ricavata dalla prigione con finestre a “bocca di lupo” e con i letti in pietra ricavati dentro le pareti. Poi le discese al moletto e le visite alla cappella nel parco. Non è da tutti avere una foto della prima comunione su un ponte levatoio».

Problemi logistici nel frequentare l’Università di Pisa?

«Sì: dal castello in bus a Livorno, un altro bus per la stazione, poi treno per Pisa e altro bus per la facoltà».

I rapporti con i proprietari ?

«Ottimi. Sto parlando di Ludovico, Ottavio e Franco De Renzis Sonnino, figli di Leone unico nipote del barone Sidney che non ebbe figli. Persone alla mano e generose».

Personaggi illustri?

«Molte teste coronate direi tra le quali Paola Ruffo di Calabria e Maria Beatrice di Savoia figlia di Umberto II».

Fantasmi?

«Personalmente no. I veri “fantasmi” che mio padre non è mai riuscito a “beccare” sono stati quelli che aprivano buchi nella recinzione per andare abusivamente a fare il bagno al moletto. E babbo ogni giorno ricuciva».l

Franco Marianelli
 

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