Il Tirreno

Livorno

La storia: l’imprenditore

Marco rinato da droga e carcere, a Livorno ha aperto il terzo locale: «Potevo essere morto, ecco qual è stata la svolta»

di Stefano Taglione

	Marco Brucioni
Marco Brucioni

La sua sala da ballo si chiama “Ops” e porta le iniziali di chi lo ha aiutato: la madre Olga, il fratello Piero e il padre Silvano

22 ottobre 2024
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LIVORNO. I suoi primi 30 anni di vita li ha trascorsi «da irresponsabile, da chi pensava di essere più forte della legge, ma era un grande bluff». La dipendenza dalla cocaina, lo spaccio: «Quando sono uscito di galera ero marchiato. Mentre ero alle Sughere ho perso mio fratello, non mi hanno fatto andare nemmeno al suo funerale». Poi, però, dal ’93 è iniziato il riscatto. E che riscatto: imprenditore, con una ditta di idraulica sulle sue spalle, nel 2011 ha aperto un ristorante-pizzeria (il “Ci Piace” di via Bacchelli, a Porta a Terra), l’anno scorso un bar (il “Last minute”, in via di Salviano) e da qualche mese pure una discoteca, l’Ops di via Aiaccia, a Stagno.

La storia

È una storia di rinascita quella del ristoratore livornese Marco Brucioni, 61 anni, uscito dal tunnel della droga e diventato uomo di successo dopo aver sconfitto i pregiudizi che in molti nutrivano nei suoi confronti. Sbagliando. «Ero marchiato come spacciatore, per certi versi anche giustamente, perché quello che ho fatto non lo nascondo. Ma ho pagato i miei errori, era un’etichetta che non avrebbe dovuto restarmi addosso». Il nome “Ops”, fra l’altro, riunisce le persone che lo hanno sostenuto, dandogli fiducia, nel cambiare vita: la madre Olga, morta un anno fa, il padre Silvano e il fratello Piero, anche loro scomparsi prematuramente. «Sono nel cuore, la mia vita», spiega. Marco, parte della sua storia, l’ha raccontata in un libro scritto nel 2019 col giornalista Sergio Consani, “Al di là della linea bianca”.

Il libro

«Negli anni Novanta – prosegue – potevo essere morto. Ho avuto il riscatto, la mia famiglia ha creduto in me, non mi sarei mai aspettato di farcela, ma ce l’ho messa tutta». Il "Ci Piace", vicino al Modigliani Forum, è ormai un’istituzione. Il “Last minute”, chiamato così perché dopo aver visto il fondo sfitto lo ha inaugurato con una rapidità incredibile, è un “circolino” dove i giovani possono anche giocare a biliardino e alla Playstation. L’Ops, invece, è un locale dove si balla il mercoledì, il venerdì e il sabato. «Il mercoledì mi aiuta il mio amico Dodo Salsa, che mi ha dato una grande mano e voglio ringraziare - sottolinea - mentre in futuro vorrei aprire anche il giovedì e la domenica. Balliamo latino-americano, il mercoledì è la serata dedicata, poi facciamo karaoke. Mi diverto a stare con le persone, nonostante i tantissimi impegni riesco a stare dietro a tutto. Non è facile, perché lavoro dalla mattina alla sera».

Il simbolo di "Ops" è un cuore rosso, con tre punti esclamativi. Tre, come gli amori della sua vita. Marco, all’inaugurazione, si è voluto subito scattare una foto con il nipote Jonathan Costa, «che insieme al resto della famiglia mi ha dato la forza per cambiare».

I consigli

«Un consiglio ai giovani? Non iniziate mai il mio percorso - le sue parole - perché è come una roulette russa, non sai mai se e come ci esci. Qualcosa mi ha dato, chiaramente, soprattutto dal punto di vista caratteriale, mi ha insegnato a essere forte. La vera vita è quella dopo il ’93, la seconda. Ho iniziato a lavorare con mio padre e mio fratello per la ditta, poi è arrivata la condanna e sono finito in carcere. Quando sono uscito, anche se ormai ero fuori da certi giri, le persone mi ritenevano ancora uno spacciatore, avevo questa etichetta addosso. Era sbagliata, perché avevo già pagato. Ho dovuto sudare il doppio, ma ce l’ho fatta. Non è stato facile ricominciare, anche perché mio padre e mio fratello non c’erano più. Sono contento che la pecora nera di casa, ovvero io, ce l’abbia fatta. Grazie ai miei familiari». La vita di Brucioni non è stata semplice. Neanche dopo. Il compagno della madre, il novantaduenne Nazzario Cerrai, nell’agosto di due anni fa è stato ucciso soffocato a scopo di rapina nella sua casa di via Garibaldi da un saldatore livornese, condannato in via definitiva a 23 anni e ora in carcere. Un altro dolore, per il ristoratore, che nel dicembre scorso la mamma Olga l’ha poi persa. «In quel caso, mio a modo di vedere - conclude - la giustizia completa non c’è stata». 

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