Il Tirreno

Livorno

Il personaggio

Livorno, dall’incidente fino alla rinascita: «Ora guido l’auto e aiuterò gli altri». Il suo grazie a tre persone speciali

di Luca Balestri
Emiliano Penco sulla sua auto
Emiliano Penco sulla sua auto

Emiliano Penco è in carrozzina dallo scorso anno: «Vi racconto la prima cosa che ho fatto quando ho ripreso a guidare»

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LIVORNO. «Riprendere la patente è stato il primo vero traguardo per riprendere la libertà. Per avere una vita libera». È più che soddisfatto del risultato appena conseguito Emiliano Penco, persona disabile costretta alla sedia a rotelle dal 2023. E se mentre la sua rivincita sulla vita è appena arrivata, anzi forse è meglio dire che si è appena avviata, il percorso che lo ha portato a perdere completamente l’uso degli arti inferiori viene da lontano.

L’incidente sul lavoro

Livornese, classe 1988, era il 2015 quando Penco ha subito un incidente sul lavoro, al porto. Vertebra fratturata, prima operazione nel 2016. Ma il danno neurologico alla gamba sinistra ormai era stato realizzato. Fino all’anno scorso Penco riusciva a camminare, seppur zoppicando e con l’ausilio di un bastone. Ma a seguito di una brutta caduta, ha perso completamente la possibilità di muovere le gambe. «L’anno scorso mi è stato detto che la mia vita sarebbe cambiata. Camminare, anche con il bastone, è una cosa. Essere sulla sedia a rotelle è un’altra. Devo dire, comunque, che fin dal giorno dell’incidente, ho fatto di tutto per condurre una vita normale. Questo anche grazie all’Inail di Livorno, che mi ha mandato a Budrio per essere seguito».

La terapia

Se oggi Penco ha ancora voglia di vivere, oltre alla famiglia, lo deve a tre persone. Tre livornesi che gli hanno fatto credere di avere ancora la possibilità di una vita da vivere. «Devo ringraziare – dice – Luisa Favilli, l’assistente sociale dell’Inail, e anche il primario di chirurgia di Livorno Orazio Santocito, così come la caposala Susanna Rolla». E se oggi sente meno dolore rispetto a quello che sente di solito chi ha le sue condizioni patologiche, lo deve alla tecnologia. In particolare, alla tuta mollii. «In Italia, sono uno dei pochi che ha accettato di non usare la morfina contro il dolore. L’Inail mi ha proposto di entrare all’interno di una sperimentazione, con la tuta mollii, che mi ha salvato la vita», continua Penco. Ma cos’è esattamente questa tuta “salvifica”? «È una tuta che toglie il dolore neuropatico. Mi sarei ammazzato per questo dolore, ma grazie alla tuta, che indosso un’ora al giorno, su una scala da uno a dieci, se prima sentivo otto di dolore, ora sento quattro».

La guida

Anche grazie a questa strumentazione sperimentale Penco è riuscito a prendere la patente. Prima dell’incidente già guidava, ma farlo ora è completamente diverso. «La prima cosa che ho fatto quando ho ripreso la patente è stata andare a bere un caffè sul mare, in Baracchina Rossa», si racconta. «A Budrio ho fatto un paio di guide, poi altre ne ho fatte a Livorno, all’Autoscuola 2Go. Come guido oggi è più facile che guidare con le gambe». Ma come fa a guidare l’auto? «Guido con la mano sinistra sul volante, e con la mano destra sulla leva. Sulla destra, dove di solito nelle auto c’è il cambio, nella mia macchina ci sono acceleratore e freno. Il cambio del mezzo è automatico», continua Penco. Che spiega anche come fa a salire sulla sua Mercedes: «tengo la sedia a rotelle nei sedili posteriori. Quando devo scendere dall’auto mi sdraio, mi porto la sedia davanti e faccio un passaggio che mi hanno insegnato a Budrio per sedermici. Tecniche simili le uso anche per salire a bordo».

Il futuro

Dopo la patente per l’auto, Penco non vuole fermarsi. È pieno di energia. «Non mi fermo qua. Voglio prendere la patente A perché voglio guidare la moto. Quella con due ruote dietro e una davanti». È stanco della retorica del «povero disabile. Sono un ragazzo normale che vuole tornare a una vita normale, non mi sono rassegnato. Il mio messaggio vuole essere motivazionale per le persone che sono nelle mie stesse condizioni», dice. A Livorno, precisa, «quando ne ho avuto bisogno le persone mi hanno sempre aiutato, dal salire uno scalino fino allo scendere dalla macchina, non posso lamentarmi dei livornesi». Ed è qui, nella sua città, che Emiliano Penco pensa in grande, e spera di realizzare il suo sogno. «Voglio aprire una fondazione per dare l’input a chiunque ne abbia bisogno di far capire che anche se si è disabili c’è tutta la vita davanti da spendere. Ci vuole un attimo per farsi male e una vita per riprendersi, ma non ci si prova si è già morti».


 

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