Cambio della guardia in Veneto. Fratelli d’Italia mette la Lega all'angolo. E la base si sfoga sui social: «Via Salvini»
VENEZIA E' un terremoto politico quello che scuote il Veneto, dopo l'esito del voto per il Parlamento. Una svolta prevista ma non in queste dimensioni. Con un vincitore netto: il partito di Giorgia Meloni, nuovo dominus della scena.
E tra gli sconfitti la Lega di Matteo Salvini, che ne esce doppiata da Fratelli d'Italia nelle preferenze. Finisce percentualmente 32 a 14 la sfida nel centrodestra, con Fdi largamente il primo partito in Veneto. "Stiamo parlando di un tracollo vero e proprio" afferma Roberto Marcato, assessore regionale e 'colonnello' leghista.
Il colpo per la Lega - qui abituata a risultati bulgari quando Luca Zaia l'ha guidata alle regionali - è acuito dal sorpasso del Pd, che pur con un modesto 16% sopravanza, quale secondo partito, gli avversari del Carroccio. Esito che non potrà non avere contraccolpi, anche se per la presidenza di Palazzo Balbi - dove Zaia non potrà più ricandidarsi - si tornerà a votare solo nel 2025.
Lo smarrimento nel Carroccio è aumentato dalle conseguenze del brusco cambio della guardia. Ad iniziare dal dossier sull'autonomia differenziata, che difficilmente entrerà subito nell'agenda del futuro governo, se sarà premier Gorgia Meloni.
E così, mentre il governatore Luca Zaia parla di risultato "assolutamente deludente" per la Lega, e invoca un'analisi seria della cause senza "semplici giustificazioni", la rabbia della base leghista esplode nei commenti dei militanti sulle pagine social degli amministratori regionali. "Disastro annunciato" è l'espressione più ricorrente, seppur con varianti, a seconda che sia Matteo Salvini il bersaglio, o la classe dirigente locale.
"La sconfitta non ha un solo padre, ma anche tanti figli che hanno pensato a salvaguardare sé stessi infischiandosene di tutto il resto", è uno dei post sulla rete dell'arcipelago social leghista.
C'è anche chi critica coloro che oggi attaccano il Salvini: "Vi siete pure fatti fotografare con lui sul palco di Pontida" ricorda un militante, che non risparmia "i manifesti nei quali anche Zaia vi era ritratto assieme. Tutti voi che non avete voluto ascoltare le persone allo stremo, dovreste avere la serietà di chiedere scusa e dimettervi". Non meno tenero è l'assessore regionale Gianpaolo Bottacin: "credo che errori la Lega ne ha fatti sicuramente, ma l'esito è drammatico".
"Siccome siamo il partito dei commissari nominati dall'alto - aggiunge - il commissario rappresenta l'uomo solo al comando e come tale ha tanto potere e anche tanta responsabilità. Quando uno decide da solo, se le cose van bene è tutto merito suo, se vanno male è tutta colpa sua".
Difficile vedere adesso, dopo 20 anni di leghismo, il futuro della società veneta attraverso il vetro di queste elezioni. Fdi non ha finora in Veneto una tradizione amministrativa forte. Giorgia Meloni nel 2018 aveva raccolto qui un 4%. Il suo sindaco di punta era Federico Sboarina, a Verona, che a giugno ha perso il ballottaggio con Damiano Tommasi (centrosinistra) proprio per il mancato accordo tra Fdi e Lega.
Ora le cose sono cambiate. Fratelli d'Italia, partito tradizionalmente a impianto meridionale, prende proprio in Veneto "più voti che in ogni altra regione d'Italia" evidenzia il politologo Paolo Feltrin, pescando in particolare "nelle aree periferiche, non nelle città capoluogo". Ma, soprattutto, le mappe del voto evidenziano "una pressoché totale coincidenza tra le aree di calo di voti della Lega e quelle di aumento di FdI".