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La tragedia

Grosseto, ciclista 65enne travolto e ucciso: «Una vita intera dedicata a salvare gli altri»

di Matteo Scardigli

	Il medico e la figlia, a sinistra la bici
Il medico e la figlia, a sinistra la bici

Medico per 40 anni tra carcere e ospedale: il ricordo della figlia. La dinamica: »Aveva portato fuori il cane e stava tornando in bici verso Roselle»

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GROSSETO. «Ha passato quarant’anni a salvare le vite degli altri e non è riuscito a salvare la sua». All’indomani della morte di Eugeniu Dabija, il ciclista 65enne deceduto in seguito all’incidente del 25 aprile lungo via Senese, la figlia Marcela ricorda il padre tra le lacrime di una famiglia che ha perduto «il suo angelo».

Per cause ancora da chiarire sulla base dei rilievi e delle testimonianze compiuti e raccolte dagli agenti della polizia municipale, intorno alle 13,50 Dabija si era scontrato con una Volkswagen guidata da un 33enne grossetano, che – sotto choc – si era subito fermato per prestargli i primi soccorsi. Ad aiutare il conducente anche un residente della zona insieme ad alcune persone che si erano radunate sulla strada in seguito all’urto. Nel frattempo, sull’arteria diretta al Misericordia erano passate tre ambulanze con pazienti a bordo, e solo l’ultima – della Croce rossa – aveva potuto fermarsi. Poco prima delle 16 Asl aveva reso noto che dall’ospedale era stato certificato il decesso.

La famiglia del 33enne, fin dai primi momenti, si era rivolta a una legale di fiducia (arrivata in via Senese per parlare con il suo assistito e le forze dell’ordine) e «anche noi stiamo pensando di fare lo stesso», anticipa Dabija, ben consapevole del fatto che comunque «niente ce lo potrà restituire». Un uomo che – racconta – è stato «medico in carcere per metà della sua carriera, e per l’altra metà al pronto soccorso».

La figlia era arrivata a Grosseto nel 2007, con una sorella in Germania e il padre che faceva la spola dalla Moldavia ogni volta che poteva. Raggiunta l’età della pensione, Dabija era riuscito finalmente a essere maggiormente presente, e anche venerdì era appena stato accanto ai suoi affetti in Maremma. «Aveva portato fuori il cane e stava tornando in bici verso Roselle», racconta ancora la figlia, che – ricevuta la telefonata delle forze dell’ordine – si era precipitata sul luogo dell’incidente.

Eugeniu Dabija lascia la ex moglie, le due figlie e l’adorata nipotina. La salma si trova ancora all’obitorio a disposizione dell’autorità giudiziaria, presso la quale sono in corso valutazioni in merito alla richiesta di un’eventuale autopsia per chiarire le cause del decesso. La prima ricostruzione della dinamica dell’incidente suggeriva tuttavia che il 65enne, immettendosi dalla ciclabile su via Senese, potesse aver urtato la fiancata della Volkswagen finendo poi sul parabrezza, prima di essere scaraventato sull’asfalto: una ricostruzione sostenuta anche dal 33enne al volante dell’auto e compatibile con i segni dell’impatto sull’auto. Chi lo aveva visto in quei primi momenti lo descrive come «immobile, dallo sguardo vitreo nonostante tutti gli sforzi dei soccorritori per salvargli la vita».

Domani, domenica 27 aprile, la comunità ortodossa si stringe attorno alla famiglia Dabija, mentre la sorella di Marcela arriva in Italia dalla Germania: il calendario religioso già prevedeva un rito in suffragio dei defunti da celebrare alle 15,30 al cimitero di Sterpeto: un momento al quale parteciperanno anche dei parenti di Eugeniu.

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