Firenze, accoltellata dall’ex compagno a Oslo: in aula il video choc della violenza
È cominciato il processo a carico di Mohit Kumar, 25 anni. Rischia fino a dodici anni di carcere per tentato omicidio e lesioni aggravate
FIRENZE. Nell’aula gelida del tribunale di Oslo scorrono le immagini dell’aggressione. Il video, l’audio, le urla. E il silenzio dopo. È cominciato così il processo per il tentato femminicidio di Martina Voce, la 23enne fiorentina accoltellata dall’ex fidanzato il 20 dicembre dello scorso anno nel negozio dove lavorava, a pochi passi dal centro della capitale norvegese.
Sul banco degli imputati c’è Mohit Kumar, 25 anni. Rischia fino a dodici anni di carcere per tentato omicidio e lesioni aggravate. Le telecamere di sorveglianza raccontano tutto, senza filtri: l’uomo che entra, poche parole, poi la furia. Dall’audio della prima chiamata ai soccorsi emergono le urla strazianti di Martina, il panico dei clienti, il sangue sul pavimento. Un’aula intera sospesa, costretta a guardare. Proprio nel giorno del suo compleanno, la ragazza ha affrontato quell’incubo davanti ai giudici, rievocando per oltre due ore la relazione finita, i messaggi ossessivi, la decisione di non denunciare perché lui «non aveva mai mostrato aggressività».
L’agguato scattò quando lei aveva già voltato pagina. «Probabilmente era geloso del fatto che stessi andando avanti con la mia vita», ha detto. Trenta coltellate, al volto, al collo, alla schiena. A salvarla fu anche l’intervento di Oliver, collega e oggi suo compagno, che si gettò sull’aggressore riuscendo a disarmarlo. Poi l’ospedale, gli interventi chirurgici, il coma, la riabilitazione. «All’inizio non riuscivo a chiudere le mani e ad aprire la bocca. Ora va meglio, riesco perfino a muovere un sopracciglio: è una speranza», ha raccontato Martina, che proprio oggi compie gli anni, al quotidiano norvegese VG. Le cicatrici restano, sul viso e sul corpo, ma anche come memoria incisa. In aula sono stati sentiti i testimoni, e toccherà anche all’imputato. La sentenza è attesa per il 9 dicembre. In gioco non c’è solo il destino giudiziario di un uomo, ma il riconoscimento pieno di una violenza che nasce dal controllo, dalla gelosia, dall’incapacità di accettare un “no”. Martina è tornata a parlare e a vivere. Ora chiede giustizia. Per sé e per tutte.
