Cittadinanza onoraria a Francesca Albanese, rinviato il voto: si salva (per ora) l’unità dem
Firenze, Funaro detta la linea sulla relatrice Onu, il Pd media, Avs frena, Palagi insiste, le opposizioni (da Iv a FdI) attaccano. Cosa è successo
FIRENZE. Rinviato il voto sulla cittadinanza onoraria a Francesca Albanese. Dopo il “monito” della sindaca Funaro, il suo sì che lo era ed ha funzionato, il Pd prova a non mostrarsi spaccato e glissa sull’onorificenza alla relatrice Onu e studia un riconoscimento alternativo. Sul niet della sindaca si ricompatta il campo quasi largo e così Avs-Ecolò intiepidisce la sua posizione che lunedì era la cittadinanza senza se e senza ma alla stregua della sinistra-sinistra di Palagi, che però è all’opposizione. E i dem cercano una ricucitura fra ala schleiniana e ala riformista (quella della sindaca) facendo fare a Milani il pontiere. Ma qualche scricchiolio si avverte comunque nell’armonia ovattata dalle dichiarazioni felpate. E le opposizioni cavalcano le divisioni, appunto, quelle che la sindaca voleva evitare.
Il verdetto della mattinata arriva dalla Commissione Pace di Palazzo Vecchio: «In questo momento non ci sono le condizioni per la cittadinanza onoraria, non ci sono i numeri». A dirlo è la presidente Stefania Collesei, Pd, che certifica politicamente lo stop dopo due giorni di fibrillazioni. Ufficialmente non è un no definitivo, ma nella sostanza sì: la cittadinanza a Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu, non si farà. Al suo posto, forse, un riconoscimento più neutro, un convegno, un atto sul valore dei report. Niente fascia tricolore, insomma. Solo carta, dibattito, liturgia istituzionale. La linea è quella tracciata dalla sindaca Sara Funaro. Prima in una dichiarazione durissima lunedì, poi in un’intervista a Repubblica: la cittadinanza va data «a chi unisce e non divide». Il caso Stampa, l’irruzione nella redazione e le parole successive di Albanese, diventano lo spartiacque. La libertà di informazione è un cardine non negoziabile, ripete Funaro. Niente condanne con il “ma”. E su questo il Pd, alla fine, si allinea.
Ma nella maggioranza il movimento è più complesso. Avs-Ecolò non fa retromarcia formale, ma cambia passo. «Il riconoscimento ad Albanese non è solo al rapporto, bisogna lavorarci», dice Caterina Arciprete. Prima la cittadinanza era un punto fermo, ora diventa un cantiere. La sinistra di Palagi resta invece sulla linea dura: «È imprescindibile che ci sia un riconoscimento ad Albanese che dica chiaramente che è la benvenuta in città». E accusa la sindaca di aver anticipato la discussione, forzando il quadro politico.
Nel Pd va in scena la mediazione. Luca Milani fa il pontiere, suggerisce di togliere la cittadinanza e puntare su un atto condiviso. Convergenza sul merito, non sul simbolo. Pampaloni insiste sui report, Ciulli ripete che Albanese «più che unire ha creato divisioni», riprendendo quasi alla lettera il lessico della sindaca. È una ricucitura tecnica, ma fragile: tiene oggi, non è detto che tenga domani.
Intorno, le opposizioni soffiano sul fuoco. Italia Viva difende Funaro: «Stia tranquilla, da noi non troverà mai una posizione diversa». Matteo Renzi, da Roma, parla di «città presa in ostaggio dalle ideologie». Palagi ribatte chiamando in causa i rapporti internazionali del leader di Iv e perfino Marco Carrai, console onorario d’Israele e presidente Meyer. Fratelli d’Italia solleva eccezioni regolamentari, chiede audizioni della comunità ebraica, invita perfino la sindaca in commissione per mettere agli atti lo scontro.
Nel frattempo, tra il pubblico compaiono striscioni pro-Palestina. La scena è quella tipica fiorentina: istituzione composta, piazza che preme, politica che recita l’arte della mediazione mentre misura le crepe. Funaro, alla fine, osserva con distacco: «Ho espresso la mia contrarietà, ma rispetto l’autonomia del Consiglio». Una formula che è insieme rispetto istituzionale e blindatura politica. La cittadinanza non si farà. Il campo (quasi) largo si ricompatta sul no. Ma sotto la superficie resta la frattura: tra chi pretende simboli forti e chi teme che quei simboli diventino micce. E Firenze, ancora una volta, scopre che perfino una cittadinanza onoraria può diventare un caso politico nazionale. Non per ciò che dà. Ma per ciò che toglie: l’illusione dell’unità.
