Firenze, Funaro stoppa la cittadinanza onoraria a Francesca Albanese. E sulla relatrice Onu si apre la prima crepa nel campo (quasi) largo
Pd e Iv dicono no, Avs sta con la sinistra di Palagi. Sullo sfondo, il caso Stampa, ma anche la prima vera divisione fra i dem e la sinistra di governo
FIRENZE A Palazzo Vecchio la pace passa per una spaccatura. Non su una grande opera, non su un bilancio, ma su una cittadinanza onoraria. Ed è proprio lì, sul nome di Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu per i diritti umani nei Territori palestinesi, che il campo non troppo largo fiorentino mostra la sua prima vera crepa. Un crinale simbolico che si fa subito politico, ideologico, identitario.
La sindaca Sara Funaro dice no. Un no netto, scandito con parole misurate ma definitive: «Non ritengo opportuno consegnarle la cittadinanza onoraria» ad Albanese. La motivazione sta tutta in quella parola che ormai a Firenze pesa come un macigno: divisione. Albanese, secondo la prima cittadina, «manda messaggi che portano a dividere più che a unire», anche nella comune causa della difesa del popolo palestinese. E Firenze - ribadisce la sindaca - è città di ponti, non di barricate.
La miccia che ha riacceso lo scontro è l’irruzione nella redazione della Stampa, un fatto che la Funaro definisce «gravissimo», da condannare «senza se e senza ma», senza attenuanti ideologiche. Per lei le parole di Albanese su quell’episodio sono «inadeguate», soprattutto quella condanna subito seguita dalla precisazione che il raid degli antagonisti avrebbe dovuto costituire un «monito» per i giornalisti. Insomma, un attacco alla libertà di stampa, quanto basta per la sindaca a congelare ogni cautela diplomatica e a rivedere la scelta finora appoggiata anche dal Pd di riconoscere la cittadinanza onoraria una delle voci più sferzanti contro Israele. Qui passa la linea del Pd: solidarietà piena al giornalismo, distanza politica dall’attivismo che scivola nella radicalizzazione.
Dall’altra parte della scacchiera, però, ci sono Sinistra progetto comune e Avs-Ecolò, quest’ultimo il cartello rossoverde che è appena entrato nella giunta Giani con un assessore e che a Palazzo Vecchio esprime uno dei big toscani dell’alleanza, Dario Danti, assessore e segretario regionale di Sinistra Italiana. Dmitrij Palagi rivendica l’atto come riconoscimento «al lavoro, non alle parole». E rilancia: Firenze deve stare «sul merito». Avs sta con lui, marca la differenza con i dem e apre formalmente la faglia dentro la maggioranza. Italia Viva, con Grazzini e Casini, usa toni ancora durissimi. Per loro la proposta è «irricevibile, divisiva, fuori luogo». E il “trattamento” riservato da Albanese a Liliana Segre è una linea invalicabile: chi ha pronunciato parole giudicate «vergognose» verso la senatrice non può ricevere onorificenze dalla città che della memoria civile ha fatto un vessillo.
Caterina Arciprete di Avs-Ecolò e i suoi parlano di ipocrisia, chiamano in causa Renzi e l’Arabia Saudita, spostano il tiro sul terreno geopolitico. Ma il nodo resta tutto fiorentino. Intanto, mentre la commissione Pace si prepara a discutere l’atto, Palazzo Vecchio lavora di fino per disinnescare la bomba: via il riferimento alla cittadinanza, forse solo una generica espressione di solidarietà per il lavoro su Gaza. Un compromesso linguistico per evitare lo strappo politico. Ma lo strappo, in realtà, c’è già stato. Il secondo round resta in programma per il 3 dicembre.
Perché su Francesca Albanese non si misura solo una dedica simbolica, ma l’equilibrio fragile del nuovo centrosinistra di governo. La maggioranza regge sui numeri, ma sul profilo politico barcolla. E questa, sotto le volte rinascimentali del Salone dei Duecento, è la prima vera fibrillazione
