Accorpamento del Miche, via libera obbligato dalla Metrocittà di Firenze ma scontro aperto con la Regione
Approvata la delibera sul dimensionamento che unisce liceo Michelangiolo e liceo Galileo, mentre la sindaca Funaro contesta i criteri regionali e gli studenti tornano in piazza contro tagli e fusioni forzate
FIRENZE Alla fine, la delibera è passata. Non per convinzione, ma per necessità. La Città Metropolitana approva gli accorpamenti scolastici, obtorto collo, e nello stesso atto chiede alla Regione di fermarsi, di rivedere i criteri, di non infierire ancora su un sistema già spremuto. È una decisione che tiene insieme due forze contrarie: l’obbligo giuridico e la dissidenza politica. E dentro questo corto circuito, stamani, tornano in piazza gli studenti.
In Consiglio metropolitano la maggioranza dà il via libera al piano di dimensionamento: dal prossimo anno scolastico, a regole invariate, il liceo Michelangiolo dovrà fondersi con il Galileo. Stessa sorte per Capraia e Limite con Vinci. Un atto dovuto, spiegano da Palazzo Medici Riccardi, per non precludere agli istituti la possibilità di rientrare in eventuali correttivi futuri se il governo dovesse cambiare rotta. Ma, insieme all’approvazione, arriva anche lo strappo politico.
La sindaca metropolitana Sara Funaro alza il livello dello scontro e non si limita più a chiamare in causa Roma: nel mirino, ora, finisce anche Palazzo Strozzi Sacrati, sede della Regione. «Continuare con gli accorpamenti è una scelta sbagliata, soprattutto in territori virtuosi come il nostro», dice. I numeri sono l’argomento forte: la soglia ministeriale è fissata a 938 studenti per istituto, la media metropolitana è 1.097. Firenze, conti alla mano, potrebbe sostenere fino a 121 autonomie scolastiche, oggi è ferma a 106. «Siamo largamente sotto il tetto – rivendica Funaro – abbiamo tutte le carte in regola per non subire altri accorpamenti».
Una rivendicazione che fotografa lo scontro istituzionale apertosi negli ultimi dieci giorni. Prima la mobilitazione di docenti, famiglie e studenti. Poi la lettera della Regione in cui annunciava alla Metrocittà di esercitare il potere sostitutivo, arrivata nonostante il ricorso straordinario al Capo dello Stato, con dentro l’elenco secco dei tagli da fare e l’avvertimento sulla possibilità di esercitare il potere sostitutivo. In mezzo, le frizioni fra le dirigenze scolastiche, gli audio diventati virali, le parole di troppo. E infine l’atto più radicale: l’occupazione notturna del Michelangiolo, due giorni di autogestione, striscioni, assemblee, e una lettera degli studenti che accusava il dimensionamento di ridurre la scuola a una somma di cifre.
Stamani quella rabbia si è spostata sotto le finestre della Città Metropolitana. Gli studenti del Miche sono arrivati in corteo da via della Colonna con uno striscione che è una sintesi brutale: “Ci avete tolto troppo, ci riprendiamo tutto”. Davanti a Palazzo Medici Riccardi hanno incrociato un’altra protesta, quella del liceo artistico di Porta Romana, con i termosifoni ancora spenti e le aule al gelo. Due piazze diverse, un’unica accusa: la scuola come variabile sacrificabile.
«Forse è improbabile che il ricorso salvi il Miche come Miche – dice una rappresentante degli studenti – ma non è questo il punto. Il punto è il taglio strutturale all’istruzione». Classi sovraffollate, ansia, panic attacks, laboratori da usare con il giaccone addosso: l’accorpamento, raccontano, è una parola amministrativa che produce effetti molto concreti.
E così oggi Firenze vive una giornata doppia. Da una parte l’atto formale dell’istituzione che approva ciò che dice di non volere. Dall’altra la piazza che continua a dire no. Michelangiolo e Galileo non ci stanno. E neppure la sindaca, che ora prova a trasformare una sconfitta giuridica in un braccio di ferro politico con la Regione, oltre che con il governo.
Il paradosso resta tutto lì: si approva per poter chiedere lo stop. Si firma per poter contestare. Mentre i ragazzi, appena due notti fa, dormivano nelle aule occupate e scrivevano sui fogli appesi al portone che non volevano “sparire dentro un numero”. Oggi quei numeri sono entrati in una delibera. La partita, però, è tutt’altro che chiusa.
