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Firenze, il “mangificio” si può combattere: quattro artigiani spiegano come fanno

di Giulia Poggiali
Da sinistra: Lisa Gabellini, Leonardo Brogioni, Silvia Columbano, Mirko Arezzo
Da sinistra: Lisa Gabellini, Leonardo Brogioni, Silvia Columbano, Mirko Arezzo

Dagli occhiali di legno, alla boutique di carta fino all’atelier di illustrazioni

21 luglio 2024
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FIRENZE. Una città sempre più a portata di bistecca e calice di rosso con una trasformazione dove le osterie hanno preso piede tra le vie di un centro un tempo, ricca di artigiani. Tuttavia, ancora oggi è possibile trovare i loro negozi ma per sostenerli devono esserci una serie di condizioni, tra cui una buona posizione, la clientela e, soprattutto, affitti accettabili.

Trovare un fondo a un prezzo sostenibile è diventato una rarità, un' occasione da cogliere al volo. Come è successo a Silvia Columbano. La sua boutique della carta si chiama Elinoor Marianne e si trova in via Romana, una zona che presenta ancora alcune attività di vicinato e artigianato. La sua è una cartoleria particolare, la cui essenza ti trasporta in una dimensione preziosa e romantica. Vende sticker, quadernini, carta da regalo, ricettari e album fotografici dalle mille fantasie, tutte rigorosamente disegnate da Silvia, che vive a Firenze da 20 anni: «Temo che Firenze stia perdendo la sua personalità e i prezzi degli affitti sono altissimi, ed è anche per questo che le realtà storiche sono ormai difficili da trovare, Mi ritengo fortunata perché ho preso il fondo in un momento in cui erano scesi i prezzi durante la pandemia- e continua-. Secondo me bisogna mostrare ciò che c’è di te in ciò che vendi, altrimenti un marchio piccolo non riesce a vivere. A questo si aggiunge che bisogna tornare a dare un giusto valore alle cose, motivo per cui se si acquista da una artigiano i prezzi sono diversi».

Riportare la bottega in centro , per molti, è una priorità: «Gli artigiani, a differenza dei commercianti, progettano e realizzano un prodotto che vendono. Il prezzo è più elevato, ma questo perché richiede lavoro- sostiene Lisa Gabellini, di Atelier Woo Class-. Noi realizziamo occhiali da sole e da vista in legno e vendiamo anche all'estero, ma sono tanti i fiorentini che, venendoci a trovare nel nostro nuovo negozio in via dei Federighi, sono entusiasti di trovare un artigiano in centro. Dall'Oltrarno siamo qui grazie alla correttezza del proprietario del fondo, una qualità sempre più rara: gli artigiani sono costretti a nascondersi per motivi economici, e si sa, per quanto funzionano i social, è il passaggio pedonale ciò di cui abbiamo bisogno».

In via delle Terme, l'odore del cuoio invita il passante a entrare nel mondo di Mirko Arezzo, uno degli ultimi ciabattini di Firenze. Il padre aprì la bottega nel 1986 e Mirko ci lavora da almeno 13 anni: «La città si è svuotata di residenti, si è riempita di AirBnb e le aree pedonali che si sono realizzate non mi aiutano. Da dopo lockdown alcuni miei clienti hanno cominciato a lavorare da casa, perciò recarsi in bottega per loro risulta scomodo, anche perché molti parcheggi qua intorno sono stati eliminati. Direi che non mi lamento, continuo a lavorare grazie alle grandi firme che mi portano le loro calzature per essere aggiustate, certo è che Firenze è cambiata, ora c'è molta criminalità e il centro appare pericoloso».

E proprio per combattere la criminalità, attratta dalle saracinesche chiuse, sporche ed abbandonate, Leonardo Brogioni di Fatacadabra, atelier di illustrazioni e fotografia, pensa che sia necessario rivalutare il concetto di “Firenze mangificio”: «Un locale aperto è molto meglio di uno spazio lasciato a se stesso. Ritengo che abbiamo sviluppato una fobia nei confronti della ristorazione perché uno spazio occupato si sottrae alla criminalità». Brogioni, insieme alla moglie, è proprietario di due atelier, uno in zona Statuto e l'altro, più recente, in zona San Frediano.

La sua clientela è perlopiù fiorentina, che deve essere ancora considerata come il punto di riferimento per ogni attività: «Pensiamo troppo ai turisti, quando invece bisogna volgerci anche al residente, che noi curiamo molto, e che ama riscoprire i pezzi unici in un mondo di grandi catene e centri commerciali. Come artigiano, ritengo che sarebbe opportuno ristabilire l'equilibrio che favorisce l'accesso ai fondi commerciali, per non rendere Firenze una città inaccessibile».

 

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