Il Tirreno

Il caso

Cecina, danni dopo un’operazione all’ernia cervicale: l’Asl deve pagare 560mila euro

L’ospedale di Livorno dove è stata operata la donna
L’ospedale di Livorno dove è stata operata la donna

La sentenza dopo quattro anni risarcisce una donna di Bibbona. A causa dell’errore ha problemi urinari e di deambulazione

18 febbraio 2024
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CECINA. Un intervento di routine, per un’ernia cervicale, finito male. La donna sottoposta all’operazione all’ospedale di Livorno, ha riportato danni permanenti con problemi di deambulazione e urinari.

Dopo quattro anni, ieri è arrivata la sentenza del tribunale civile di Livorno che condanna l’Asl nord ovest a pagare un risarcimento di 560mila euro più le spese legali. «La fine di un lungo incubo per la mia assistita - commenta l’avvocato Simone Rossi, che ha seguito il processo fin dall’inizio - perché per lei è stato un calvario durato anni, purtroppo con danni permanenti».

La donna, di Bibbona, al momento dell’intervento aveva 53 anni. Un’operazione di routine a cui si è sottoposta per un’ernia cervicale nel reparto di neurochirurgia dell’ospedale di Livorno.

L’avvocato Rossi ricostruisce la vicenda. «Durante l’intervento in sala operatoria si rompe un pezzo meccanico, un distrattore di Caspar (un divaricatore cervicale, ndr), come riportato nella cartella clinica; il pezzo viene comunque sostituito in corso d’opera e l’operazione viene completata. Tutto regolare». Sembra che l’intervento sia andato a buon fine, ma la donna riscontra da subito problemi: non cammina bene, ha difficoltà nell’espletamento delle funzioni corporali. «Dagli accertamenti viene evidenziato che ha avuto un danno midollare», spiega Rossi.

Che aggiunge: «Abbiamo effettuato delle consulenze peritali, con l’aiuto del medico legale Vittoriano Guzzonato di Cecina, ed è stato subito chiaro che il danno era compatibile con il problema verificatosi durante l’intervento operatorio. Nel 2020, come prassi nei casi di responsabilità mediche, abbiamo aperto un processo di istruzione preventiva».

È stato nominato un collegio peritale che «ha comprovato che il danno era riconducibile alla rottura del distrattore. Ma l’Asl non ha accettato il risultato, dunque siamo dovuti passare alla fase B, aprendo una causa civile ordinaria contro l’azienda sanitaria».

Un procedimento istruito davanti al dottor Cardi, giudice del tribunale civile di Livorno. Il processo è durato quattro anni, con una serie di testimonianze e perizie. L’ultima udienza si è svolta nel tribunale di via de’ Lardarel, lo scorso novembre. Ieri è arrivata la sentenza, con la quale il tribunale livornese condanna l’Asl a pagare un risarcimento di 560mila euro più le spese legali sostenute dalla donna nel corso di questi quattro anni.

L’Asl, contattata dal Tirreno, si è riservata di far sapere come intende procedere con il proprio studio legale.

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