Bollicine per Natale: quali scegliere e regalare per brindare con stile – La nostra selezione (per tutte le tasche)
Tour nelle regioni “spumeggianti” ed emergenti in Italia e nel mondo: ecco una guida del giornalista e critico enogastronomico, Antonio Paolini, con 16 bottiglie perfette da bere, donare e abbinare ai menù delle feste
La grande novità delle ultime settimane è senza dubbio quella annunciata da Michelin. La guida più famosa e influente al mondo, che assegna dal 1900 in Francia (e dal’56 in Italia) le sue stelle ai ristoranti, ha recentemente ampliato il raggio d’azione (e di... controllo) anche agli alberghi e, volenti o nolenti, ha creato un trend e persino un modo di dire: qualsiasi chef che proponga un certo tipo di cucina e abbia una corrispondente fama e "allure" è ormai definito "stellato", anche quando non abbia ancora conseguito l’onorificenza. Ebbene, Michelin ha fatto sapere che dal prossimo anno assegnerà i suoi "macarons", come li chiamano confidenzialmente in madrepatria, anche alle cantine. Attenzione: alle cantine, non ai singoli prodotti in bottiglia, conferendo dunque una sorta di Oscar a metà tra attualità e carriera, visto che a determinarlo saranno la qualità media delle etichette e la costanza nel livello della produzione.
Resta da capire (come ha già osservato qualcuno) come si concilierà questo criterio con la stratificazione delle aziende dai grandi numeri (esempio: le super cooperative o i colossi privati) che operano su più linee, passando con disinvoltura dalle etichette apicali d’élite al bag-in-box o alle proposte pop da scaffale basso al supermercato. Chi vivrà, vedrà. Intanto, la buona notizia è che, in un momento certo non rose e fiori per il mondo del vino - stretto tra dazi, economie lente, tensioni internazionali e campagne "no alcol" - c’è chi, e non l’ultimo degli sprovveduti, investe sul suo futuro e su una prossima rimonta rispetto all’attuale impasse mondiale.
Anche Sae, editrice di questo e altri cinque quotidiani, più testate online e magazine, ha scelto di muoversi (dai, ci piace scherzare anche quando si fanno cose serie) in linea con Michelin. Fiduciosi nella cultura del gusto (appena onorata dal riconoscimento della nostra cucina come patrimonio Unesco) e nel Dna nazionale, raddoppiamo lo spazio (e il numero di referenze) assegnato nel 2024 alla nostra selezione di bollicine per le feste in arrivo. Partendo dalle regioni di casa per viaggiare in Italia e nel mondo: dalla Valle d’Aosta alle isole, dalla Champagne più classica al Sudafrica. Con una prima uscita oggi e una il 21 dicembre, nella convinzione che aiutare i lettori a scegliere il brindisi giusto (proponendo soluzioni per tutte le tasche, ma tutte di grande piacevolezza) sia insieme un servizio e un modo per fare loro, come in un brindisi ideale, i nostri auguri migliori. (1 - continua)
Toscana – Vallepicciola Perlinetto M.C. Rosé Extra Brut
Il top di gamma è un Rosé extra brut da Pinot Nero, vigne (a quasi 500 metri) in una delle unità geografiche del Chianti Classico, Castelnuovo Berardenga. E Classico è il metodo, con 48 mesi di sostanza e affinamento sui lieviti dopo raffreddamento uve e prima fermentazione in acciaio. Il coequipier porta invece il toponimo dell’area vitata, Pievasciata, ed è un riuscito charmat tutto Chardonnay. Sono le bolle di Vallepicciola, griffe di rossi di rango, strutturache include hotel a 5 stelle, relativa tavola e anche uno Champagne in distribuzione. È sapido, incisivo, da gioia e da cibo il rosa; floreale, divertente, disinvolto il bianco. E fanno entrambi benissimo, e a prezzi correlati: 12-13 lo charmat, sui 22 il Perlinetto.
Toscana – La Regola M.C. Brut L’Eccezione
Ha tutti i crismi e i perché l’ammiccante bisticcio tra il nome dell’azienda (Val di Cecina) e quello del suo Metodo Classico, proposto in più versioni. A fare… Eccezione è un po’ tutto: la quota (50 metri), la tradizione enoica locale devota decisamente ai fermi e la varietà impiegata. Perché i due Brut bianchi (il millesimato è un Nature non dosato, il terzo, un Rosé, usa canonicamente Pinot Nero) sono essenzialmente a base di Gros Manseng rifinito da una pennellata di Chardonnay. Tre anni sui lieviti il… base (si fa per dire), da beva gustosa e festosa ma anche da crudi e cotti di mare delicati; cinque il millesimato “60” che sale di complessità e spazia sugli abbinamenti. Prezzi 25 e 42 rispettivamente.
Toscana – Volpaia Brut Nature M.C 2020
A metterci mano, intanto, non è stato uno qualunque: Nicolò (in arte Nika) si è fatto le ossa, da Pol Roger, celeberrima maison di Epernay. Ed è stata sua l’idea (e relativo lavoro) di mettere insieme in una bottiglia (ovviamente di Metodo Classico) Pinot Nero dell’Oltrepò e Zibibbo di Pantelleria. Il mandante poi si chiama Volpaia, gemma rodata del Chianti Classico, ospitalità, super Vin Santo ed etichette top da Sangiovese (la Riserva, il Coltassala) in alcuni casi mixato (il Balifico) con uve bordolesi. E Sangiovese è anche l’uva del Brut Nature, 36 mesi minimo (ma anche fino a 60) sui lieviti, oro e profumi ampi e seduttivi nel calice, presa avvolgente ma temperata d’agrume al palato. Costa 36 euro, 10 di meno il Nikka.
Le Vigne di Alice – Col Albi Prosecco Docg Rive di Collabrigo
Non avesse fatto vino, avrebbe fatto l’artista: Cinzia Canzian, oltre all’enoica ha la vocazione del bello (basta guardare le etichette o sostare nel wine resort a Carpesica dedicato, al mito creato da Carroll) . Suo marito, Umberto Cosmo, è contitolare della (super) cantina Bellenda. E lì, ma seguendo linee tutte proprie, Alice “fa”i vini. Uno scrigno ricco e originale. E che include di default un Rive. Ovvero la prova visiva e tangibile della banalità di chi taccia di banalità il Prosecco Docg. A Collabrigo, frazione di Conegliano Veneto, suoli rossi e antichi, nasce Col Albi, charmat lunghissimo (12 mesi sui lieviti) e millesimato, eleganza di seta, trama di raso, mix seduttore di spezie, frutta bianca, freschezza, suadenza. Euro 18.
Sudafrica – Villiera Brut un Natural Chardonnnay
In fondo, il pianeta è… a forma di bolla. Zero meraviglia dunque che la tecnica del Metodo Classico e la voglia di farne di buoni ne tocchi gran parte. Sudafrica incluso, ove Villiera è uno dei principali attori. Casa a Stellenbosch, gamma di rispetto, rodato sul fronte spumanti (il primo Brut Natural fatto qui porta la data del 1998) oggi come allora punta su un 100% Chardonnay da viticoltura attenta all’ambiente e senza solfiti aggiunti. Dopo la prima fermentazione alcolica la scelta è stondarne le punte facendogli svolgere la malolattica. Poi sosta nutriente sulle fecce fini, rifermentazione e 48 mesi sui lieviti. Sul mercato italiano, dove il prezzo proposto veleggia tra 25 e 30 euro, c’è ora il 2020, ricco, cremoso, note di pane grigliato e buona tenuta sapida, per uno sfizioso viaggio verso lidi vinosi diversi e lontani.
Franciacorta – Firma Giuseppe Vezzoli Rosé Pinot Nero
Una Franciacorta che non punta sul “glam”. Ma è concreta, vera, attuale. La firma Giuseppe Vezzoli, in squadra con la moglie Maria e i figli Jessica e Dario (a loro volta già in pista con vigna e marchio Sullalì) ed erede di una famiglia tra i filari da un secolo. Ecco allora la scelta: vigneti in sette aree della Docg, etichette proprie dal 1994, cammino sicuro verso la costruzione d’una gamma esaustiva senza strabordare, amore visibile per i grandi formati (il paradiso delle bolle) e sintesi tra ricerca laica e occhio al passato: come l’uso, all’antica, di zuccheri del mosto al tiraggio. Nasce così il Rosé, solo Pinot Nero, accoglienza e finezza (dosaggio a 3, 70 appena) , versatile tra cibo e piacere. Da 26 euro; ma a poco più del doppio regalatevi (o regalate) , potendo, una magnum. Il risultato compenserà la scelta.
Val d’Aosta – Cave Mont Blanc M.C. XT Extra Brut Morgex
Cominciamo dal vitigno, che è uno di quelli che trovi solo in un posto decisamente circoscritto e di cui non molti, di getto, saprebbero dire qualcosa; ma che tra i conoscitori e i fan si è guadagnato una reputazione strameritata: si chiama Prié Blanc, è valdostano, qui dove è di casa è franco di piede e d’età venerabile, ed è base di un bianco apprezzatissimo. La cooperativa che lo produce, e alleva le sue uve a quote siderali (ben sopra i 1000 e fino a 1250 metri), piccola com’è piccola la regione e la sua produzione vitivinicola ma guidata con piglio e attitudini energiche e giovanili, lo impiega anche per produrre questo Extra Brut: due anni sui lieviti, freschissimo (la quota) e mandorlato (l’uva) e dalle nuance fruttate sorprendenti, variegate e golose. Reperibile tra i 22 e i 25 euro, sorprenderà (in positivo) molti.
Sicilia – Alessandro di Camporeale Extra Brut
Vigne giovani, a quote comprese tra i 300 i 350 metri di quota, che già esprimono però i segni convincenti di un potenziale che non potrà che implementarsi ulteriormente nel tempo. Intanto, ecco il già convincente risultato: un Extra Brut da 36 mesi sui lieviti che associa la giusta integrità e tensione alle caratteristiche della sua uva, Catarratto al 100%, Sicilia occidentale (siamn le Palermitano, zona della DOC Monreale e Camporeale come label toponima, che designa esattamente la località di produzione. Colore pieno e vivace, spezie e cenni di agrume candito, cremoso al gusto, l’Alessandro (l’altra metà dell’etichetta è il cognome di famiglia) ribadisce l’ampiezza e la variegazione degli atout enoici e con bolle che l’isola può giocare anche lontano dall’’enclave dorata dell’Etna. Da 28-30 euro.
Alta Langa – Bera propone Extra Brut Blanc 2021
Continua a salire l’Alta Langa, facendo onore alla promessa/premessa contenuta nella denominazione. È da qualche anno tra le aree spumantistiche di rango più vivaci e costanti. E d’altro canto il gene della bolla è da un pezzo presente nel Dna vinicolo regionale. E non fa sorpresa, se non relativamente, che un grande e affermato “moscatista” come Bera (peraltro produttore tra l’altro anche di quotati Barbaresco) convertito al Classico e al “secco” tiri fuori un hit come questo Extra Brut Blanc ’21, debutto di bouquet goloso e cremoso, poi largo a frutta bianca e sentori officinali per chiudere senza battute d’arresto e con presenza davvero importante il percorso gustativo. Valter e Alida, Riccardo e Umberto, eredi e piloti della ditta, possono esserne fieri, così come degli allori tributati dalla critica.
Champagne – Da Charles Heidsieck il Brut Réserve
L’etichetta grigia elegante e inconfondibile è tra quelle che gli appassionati di Champagne hanno nel cuore. A fondare la casa fu il personaggio celebrato in etichetta, primo ad aggredire a colpi di bolle champenoise il mercato Usa con la Cuvée Charlie. Il “suo” Champagne eponimo è oggi, insieme, una sicurezza e (come dice chi lo fa) fonte di continue sorprese. Complessità in primis. A partire dal mix di Chardonnay, Pinot Noir (40% entrambi) e Meunier con dentro il 50% di vini di riserva, fino a 20 anni con 10 d’età media (record per un Brut) e al 10% vinificati in barrique. Poi la ricchezza del mosaico: oltre 60 cru e 150 vini base tra cui pescare per l’assemblaggio. Quattro anni sui lieviti fanno il resto. Per un esito importante e avvolgente, ma di equilibrio e tenuta in profondità. Sui 45 euro.
Champagne – AMC 02 di Alberto Massucco
Vulcanico. Arduo definire altrimenti Alberto Massucco, patron della prima maison di Champagne (con vigne) targata Italia. Esplosivo il percorso. Importatore di nicchia, un progetto (Fa’Bulleuses) sintesi del lavoro di sette giovani “maker” di aree diverse, folgorato dall’incontro con un mano come quella di Erik De Sousa, dal 2018 sforna con lui una gamma aperta dalle eponime AMC. La 02 ad esempio, Chardonnay 50%, Pinot Noir e Meunier per il resto, vendemmia ’19, 60 mesi sui lieviti, dosata 2 grammi, onora lo spirito champenoise fondendo tensione e carezza di bolla in mirato equilibrio. Sul fronte import poi ecco nomi come Jean-Philippe Trousset, Rochet-Bocart o il singolare Bonnevie-Bocart. Assaggiate il Pur Meunier e vi affezionerete. Lo 02 “vale” 42 euro, l’assolo di Meunier poco più di 50.
Trento Doc – Paradice 2018 dalla grotta in casa Endrizzi
Una storia lunga e gloriosa, da apripista veri: primi a lavorare Cabernet e Merlot (fine ‘800) ma anche Lagrein e Teroldego, i rampolli indigeni. Quelli di casa oggi sono i figli di Paolo, quarta generazione Endrici, e sua moglie Christine (tedesca): Luisa e Daniele, laureati in economia vinicola a Bordeaux e Geisenheim. Oltre ai fermi qui si va forte anche sulle bolle: con le cuvée Piancastello o i super Masetto Privé, Chardonnay uno e Pinot Nero il rosa, 84 mesi sui lieviti, ideati per celebrare i 130 anni dell’azienda. Profilo unico, ecco poi il Paradice. Affinato a 2000 metri, in grotta, ai piedi d’un ghiacciaio (l’ice dell’etichetta) per 35 dei 70 mesi totali. Sapido, agile ma tutt’altro che esile, complesso e intenso, il 2018 in circolazione (a 55 euro) racconta la vigna e la vicina montagna con voce fascinosa e intonata.
Champagne – R&L Legras BdeB Extra Brut Grand Cru
La griffe di questa casa di Pierry (appena a sud di Epernay) per conoscitori e fan di Champagne (e bolle in genere) è da un pezzo sinonimo di eleganza. Sei generazioni in fila, a partire da quell’Honoré che nel 1808 pianto la prima vigna di Chardonnay fino a una collezione che oggi ne conta 15 ettari, tutti Grand Cru, in quel di Chouilly. Eleganza per Legras (e il suo mentore attuale, Julien Barbier) vuol dire salvare senza compromessi l’anima più elegante e profonda del vitigno re dei luoghi. E dunque, eccola fotografata senza maschere (e a dispetto di un clima sempre meno “educato”) in questo Extra Brut, 4 grammi di dosaggio, fini note agrumate mixate a quelle di erbe officinali, frutta freschissima a polpa gialla a nutrire il focus del gusto. Da brindisi di gran classe o meditati abbinamenti (mare), stravale i suoi 60 euro.
Trento Doc – Maso Martis Monsieur Martis 2020
Qui c’è l’imbarazzo della scelta. Fattibile anche a occhi chiusi certi di pescar bene. Via negli anni Novanta in punta di piedi, poi crescita verticale, 14 ettari vitati, Pinot Nero e Chardonnay, Moscato Rosa, Meunier, Cabernet. E referenze top a iosa. A cominciare dai Rare Vintage dedicati alla signora di casa Steltzer, Madame Martis, per rimbalzare via via su tutta la gamma. Divertente allora puntare sul “rovescio” della Madame, il Monsieur Martis che (vera arguzia) è un rosa. Solo Pinot Meunier, scommessa patita nel 2015 con tirature minime e sperimentali, offre oggi un 2020 sapido, ricco, energico, armonioso: 48 mesi sui lieviti, sboccato a marzo scorso, farà felice chi lo gusterà e chi lo vorrà per raffinato compagno di tavola capace di accogliere esaltandoli i piatti della festa. Da 65-70 euro, ripagati.
Champagne – Moët & Chandon Colléction Inpériale N. 1
L’arcinota ditta Moët è in felice fermento. Novità, ricerca, grandi ambizioni grazie alla creatività dello chef de cave Benoît Gouez e a una palese voglia di posti apicali nella mappa d’un colosso come LVMH. Ecco allora la prima edizione d’un vino di rango, per i 280 anni di vita della maison: prova di forza e acrobazia, base 2013 (acciaio) e mix con altre sei annate (2012, 2010, 2008, 2006, 2000 nata in legno e 2004 tenuta sui lieviti in bottiglia) , non dosato, intenso alla vista, ha note complesse, serie quanto intriganti al naso e bissa alla grande in bocca con un finale teso e lungo. A corredo, ecco il jolly: figlio di una delle annate più a zigzag in Champagne, il Grande Vintage 2016 spiazza per struttura soda e reattiva e bouquet goloso. Da 65-70 euro. Oltre quota 200 l’elitaria Colléction.
Champagne – Bruno Paillard Blanc de Noirs Grand Cru
La gloriosa ditta creata da Bruno e condotta ora con l’impulso decisivo di sua figlia Alice non sbaglia un colpo. Dai (qui solo di nome) “base” alla vasta scala che ne segue. Arduo scegliere, insomma. Ma certi di pescar sempre bene. E allora, spazio al figlio di un poker (Verzenay, Mailly, Verzy, Bouzy, i templi nordici del Pinot), un Blanc de Noirs miultimillesimato, 80% acciaio, 20% fermentato in legni usati, 3 anni sui lieviti e 6 mesi di riposo in vetro, dosato appena 3 grammi, accordo trionfale (rosa, ciliegia chiara, pepe rosa, pompelmo rosa) in tinta rifinito al gusto da una base nobile di frutta bianca. Una delizia. Da circa 90 euro. Da confrontare, per i più esigenti e generosi, con la versione top dei rosé di casa: l’N.PU. (nec plus ultra, appunto,) 2008. Emozione vera, a costo correlato: attorno ai 500 euro.
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