Trasporti
Ironia sessista? No, grazie: pubblicità e slogan offensivi. Gli ultimi casi in Toscana
Tanti quelli segnalati, gli ultimi due a Cecina: nel mirino le donne. Un negoziante si scusa e toglie il cartello, intervengono anche i vigili
Ecco nuove “bocce” in un bowling siciliano. E le bocce, nel cartellone pubblicitario, sostituiscono una parte del corpo femminile. È solo uno dei tantissimi casi in cui i manifesti raccontano atteggiamenti sessisti, discriminatori. E se, spesso puntiamo l’indice contro le immagini della pubblicità, molte altre volte i nostri occhi neppure si accorgono del messaggio che video, fotografie o comportamenti indicano. Il sessismo permea la nostra vita. È nascosto, infrattato anche in una conversazione apparentemente innocua. In una battuta. È trasversale.
I casi
È accaduto a Cecina, giovedì pomeriggio (4 dicembre). Qui, il caso ha voluto che in due situazioni, e in contemporanea, due donne non si siano voltate dall’altra parte. In una ferramenta è apparso un cartello accanto a dei rotoli di fili di alluminio: “Alle donne sorprese a tastare i fili, gli saranno tastate le tette”. Pochi chilometri e in un altro negozio è stato fotografato un profumatore per auto su cui accanto alle informazioni sulla fragranza lo slogan “Ho cambiato l’auto e la donna: una succhiava troppo, altra troppo poco”.
Un oggetto che teoricamente dovrebbe essere attaccato all’auto e lasciato dondolare sul parabrezza. «Basta prodotti volgari e sessisti», ha scritto la sindaca Lia Burgalassi che poco prima aveva chiesto alla polizia locale, dopo una segnalazione, di far rimuovere il cartello nella ferramenta. Il titolare l’aveva già tolto e ieri ancora era stupito del clamore di quel gesto per lui semplicemente ironico. «Ieri è venuta una cliente e mi ha fatto notare che non era carino nei confronti delle donne. E mi ha detto: perché non c’è una battuta sui maschi? Io l’ho tolto subito», alza le mani.
Il titolare
Il titolare della ferramente, Salvatore Mercorella, ieri (5 dicembre), non riusciva ancora a farsene una ragione. E a comprendere cosa ci fosse nel suo cartello di così offensivo. «Mi scuso», ha detto.
«Il riferimento è solo alle donne perché il filo di alluminio viene utilizzato per fare la bigiotteria e piccoli gancetti. È un prodotto che acquistano prevalentemente le donne che usano toccarlo, manipolarlo per sceglierlo e si rompe. Mi è capitato di dover gettare i rotoli e quindi anziché limitarmi a un cartello con scritto “non toccare” volevo fare una battuta, mettere una scritta che per me era simpatica. Non era mia intenzione offendere nessuno. E invece sono venuti i vigili e ora vado anche sul giornale. Mi trovo involontariamente in una brutta situazione».
Il sito DonneXStrada
Il cartello della ferramenta è simbolico anche perché in buona compagnia. Nella pubblicità e nella musica con i testi delle canzoni che raccontano di donne solo rappresentandone l’aspetto fisico o con riferimenti sessuali. Il sito DonneXStrada, che si occupa di violenza di genere, ad esempio ripercorre il linguaggio forte e violento nelle canzoni ascoltate dai giovani e che usano stereotipi sessisti. «Dall’ascoltatissima “Hey Tipa” di Sfera Ebbasta – scrivono in un dettagliato articolo – in cui saltano all’occhio frasi come “Hey tr***! Quanto sei por*a dopo una vodka” alla canzone del rapper Junior Cally, salito alla ribalta delle polemiche nel 2018 per essere stato escluso da Sanremo per via di alcuni versi della sua canzone “Si chiama Gioia” in cui cantava “Lei si chiama Gioia, beve e poi ingoia. Balla mezza nuda, dopo te la dà. Si chiama Gioia perché fa la tr* per la gioia di mamma e papà. Questa non sa cosa dice, porca tr* quanto ca**o chiacchiera? L’ho ammazzata, le ho strappato la borsa, c’ho rivestito la maschera».
E allora spazio alla denuncia dei comportamenti sbagliati, anche quelli che sembrano marginali, perché, come ha detto Gino Cecchettin, padre di Giulia uccisa dall’ex fidanzato: «la violenza di genere non è una questione privata o isolata; è un fallimento collettivo, il risultato di una cultura che troppo spesso tollera l’indifferenza e il silenzio».
