Il Tirreno

Toscana

L’intervista

Morta nella sfida tra auto, Nicola Larini: «Per scommessa ho perso due amici. Il mio consiglio a chi vuole sfogarsi»

di Alessandro Lazzerini

	L'ex pilota Nicola Larini
L'ex pilota Nicola Larini

L’ex campione di Formula 1 tra ricordi e prevenzione: «Penso che l’idea della patente a 17 anni con un accompagnatore sia positiva, perché così puoi cominciare prima a fare esperienza»

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Dopo la morte di Beatrice Bellucci, ragazza di 20 anni che ha perso la vita a Roma in un incidente stradale, torna d’attualità il tema delle sfide ad alta velocità tra giovanissimi. Nicola Larini, 61 anni, toscano doc di Camaiore, ha trascorso una vita al volante: dalle vetture turismo fino all’abitacolo della Ferrari, ultimo italiano sul podio con la Rossa in Formula 1, secondo nel Gran premio di San Marino nel 1994. «Sono sfide stupide – dice subito –. Quarant’anni fa ho perso due amici, in età giovanissima, per cose del genere. C’era di mezzo la scommessa: “Vuoi vedere che quella curva la faccio a 100 all’ora?”. Non sono mai salito in macchina quando sentivo certi discorsi».

Sono tragedie che rimangono addosso.

«Certo, non le dimentichi più. Sempre in quegli anni, una volta venendo via dal rally del Ciocco, un amico fece il cretino in discesa, forse galvanizzato dalla gara che avevamo appena visto, e finimmo dritti in un albero. Per fortuna ne uscimmo tutti illesi. Ma da lì non sono più salito su un’auto come passeggero».

Anche il tema dell’alterazione alla guida torna preponderante.

«Non ho mai bevuto in vita mia, motivo in più perché ho sempre voluto guidare io. Questo che lei menziona è un problema ulteriore. Perché quando si fanno queste sfide, spesso vengono fatte in condizioni non normali, per di più in strade che possono presentare condizioni dell’asfalto imperfette. Non c’è margine di errore».

I suoi genitori quando ha preso la patente si raccomandavano con lei di usare prudenza?

«Sono cresciuto in una famiglia che ha una scuola guida dal 1945, quindi certi concetti li ho recepiti per forza. Erano temi quotidiani in casa nostra. E io ho cercato di trasmetterli ai giovani che ho incontrato nei miei percorsi anche professionali. Serve massima prudenza, pure nel traffico di tutti i giorni. Oltre a gare di velocità, che sono di una stupidità assoluta, anche salendo in macchina tutti i giorni serve grandissima concentrazione».

Ha un figlio pilota (in Formula 4): come si fa a scindere le gare dal rispettare i limiti stradali di tutti i giorni?

«Fa parte del lavoro di un padre e spero di averlo fatto nel modo giusto. Davide ha la possibilità di sfogarsi nelle sue competizioni con macchine da 700 cavalli. Ha appena preso la patente, ma la strada di tutti i giorni è diversa. Sarebbe fuori luogo replicare certe azioni, mettendo a rischio la sua vita e quella degli altri».

Come si possono evitare certi eventi?

«Sicuramente se un ragazzo ha una certa passione per l’adrenalina può pagare l’ingresso in un circuito e divertirsi quanto vuole. Lì non ci sono attraversamenti o semafori da rispettare. Alcuni, come il Mugello, hanno costi inarrivabili, ma ne esistono di accessibili».

La prevenzione può aiutare?

«Ovviamente, ma non può da solo eliminare il problema. Ho fatto scuola di sicurezza per diversi anni con l’Alfa Romeo ai giovani. Ho sempre cercato di far capire che danni possa fare esagerare con la velocità in contesti diversi da un circuito. Servono tanti tasselli, come in un puzzle, per ridurre il fenomeno. Penso che l’idea della patente a 17 anni con un accompagnatore sia positiva, perché così puoi cominciare prima a fare esperienza». 

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