Il Tirreno

Toscana

L'editoriale

Ben resti Giani contro il mondo al contrario

di Cristiano Marcacci

	Eugenio Giani
Eugenio Giani

Eppure Fossi e Taruffi hanno rischiato di far diventare la Regione contendibile

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Il voto in Toscana si sta personalizzando anche al di fuori delle elezioni amministrative. Non è più vero che sono i partiti a indirizzare le scelte degli elettori. I toscani (pochi per la verità, praticamente uno su due) hanno voluto guardare in faccia chi si è candidato con la pretesa di rappresentarli. Ed ecco, quindi, che le ultime elezioni regionali ci consegnano un grande vincitore e un grande sconfitto. Il primo è indiscutibilmente Eugenio Giani. Il secondo non è il suo sfidante Alessandro Tomasi, battuto prima ancora di presentarsi ai blocchi di partenza (tutti lo hanno sempre saputo tranne che il diretto interessato, a cui hanno comunque chiesto fino all’ultimo di spolmonarsi), bensì l’uomo con gli anfibi e paladino dei tratti somatici rappresentanti l’autentica italianità, il generale Roberto Vannacci, colui che ci aveva promesso di far finire tutte le guerre una volta eletto al Parlamento europeo.

A giudicare dai risultati delle urne se in Toscana c’è un generale, questo si chiama Eugenio Giani. Ma non ha né stellette, né anfibi. E indossa una sola divisa: quella su cui è disegnata la carta geografica di una regione terra di diritti da difendere e da conquistare. Un territorio che anche stavolta gli ha garantito vicinanza e consenso in cambio di attenzione e dialogo.

Chissà se ora in via Forlanini a Firenze e in via Sant’Andrea delle Fratte a Roma lo hanno capito. Fino a pochi mesi non lo avevano capito o facevano finta di non capirlo. A cominciare dal segretario regionale Emiliano Fossi e dal responsabile nazionale dell’organizzazione del Partito democratico Igor Taruffi, che per poco non convinsero la segretaria Elly Schlein della necessità di cambiare candidato (guarda caso l’alternativa a Giani sarebbe stato lo stesso Fossi) sebbene Giani fosse alla scadenza del primo mandato, veleggiasse abbondantemente in testa a tutti i sondaggi e fosse quotidianamente sospinto dalla stragrande maggioranza degli amministratori locali. Ci volle un po’ di tempo perché a Firenze e a Roma le navicelle rientrassero dalla Luna, ma alla fine fu “sdoganato” il Giani-2. Ovvero il solo, in questa fase, ad evitare di far diventare la Toscana contendibile politicamente e l’unica soluzione in grado di far rivincere con un largo vantaggio il centrosinistra in Toscana. Nonostante l’accordo programmatico tra Pd e Cinque Stelle, sopravvenuto successivamente, rappresenti un ordigno da disinnescare, affinché non determini più di un problema alle future giunta e maggioranza del maxi campo largo.

A proposito di campo largo, mai come in Toscana, fino a pochi giorni fa, i suoi confini sono stati estesi. Tra i maggiori alleati di Giani e del centrosinistra, c’è stato infatti sin dalle prime battute il suo competitor Alessandro Tomasi, il sindaco ammantato di quel civismo tanto ricercato che però Fratelli d’Italia ha subito “sporcato” con la nomina a coordinatore regionale del partito. Nessuno si è mai innamorato di Tomasi. Nemmeno a destra: per molti è troppo antifascista, è troppo moderato. C’era bisogno di controbilanciare, secondo ad esempio i leghisti.

Ed ecco la genialata di far “comandare” a Vannacci la campagna elettorale del Carroccio toscano, strappandone la guida dalle mani del segretario regionale Luca Baroncini. Ma gli elettori non sono una brigata di soldati “signor sì” e Vannacci ha scoperto sulla propria mimetica che a un generale si possono voltare le spalle. È unicamente questo il significato della pochezza del consenso elettorale che si è ritrovata tra le mani la Lega rispetto alla “leonessa” del 2020 Susanna Ceccardi. Nonostante l’elezione del “caporale” Massimiliano Simoni, che fa il proprio ingresso in consiglio regionale solo perché inserito nel listino bloccato su decisione militaresca dello stesso Vannacci, Salvini ne dovrà trarre le conclusioni e fare in modo che la Toscana possa trasformarsi al più presto nella tomba politica del generale dai tratti somatici del genio incompreso.

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