Economia
Liste d’attesa in Toscana, flop dei medici di famiglia: solo il 12% aderisce alla sperimentazione regionale
Nell’Ausl Toscana Nord Ovest appena 24 adesioni. La Regione difende l’iniziativa da 2 milioni di euro, ma i sindacati ammettono: «Serve meno burocrazia e più supporto per far crescere i numeri»
Otto a Livorno, sette a Lucca, sei nella Bassa Val di Cecina e Val di Cornia, due a Pisa e uno nella zona delle Apuane. Il totale fa ventiquattro ed è il numero complessivo dei medici che hanno aderito in tutto il territorio dell’Ausl Toscana Nord Ovest che va da Piombino fino a Massa Carrara.
Almeno sulla costa non sembra proprio aver fatto breccia il progetto sperimentale per consentire ai pazienti di svolgere dal medico di famiglia alcuni degli esami diagnostici più richiesti, un’idea promossa e sostenuta dall’amministrazione regionale, pensata ovviamente soprattutto per ridurre le liste d’attesa delle strutture pubbliche.
I numeri nelle province
Ma anche nel resto della Toscana l’adesione non è stata certo massiccia: nella Toscana Sud-Ovest, corrispondente alle province di Arezzo, Siena e Grosseto, infatti, i medici aderenti sono stati 64.
È andata un po’ meglio nella nell’Ausl della Toscana Centro: qui, infatti, hanno detto “sì” in 179, praticamente i due terzi (66,5%) di tutti i medici di famiglia della regione che hanno scelto di partecipare alla sperimentazione.
Complessivamente, comunque, l’adesione rimane bassa è se è vero che a livello regionale hanno detto “sì” in 269, appena il 12% di tutti i medici di famiglia toscani.
Non proprio i numeri che sarebbero serviti per contribuire in modo significativo a ridurre le liste d’attesa dato che la sperimentazione, della durata di un anno e su cui la Regione ha investito due milioni di euro, permette ai pazienti di effettuare dal proprio medico esami diagnostici quali ecografia al torace, all’addome, al collo e ai tessuti molli, ma anche elettrocardiogramma, esame Holter, ecodoppler, spirometria ed emogas solo per fare qualche esempio oltre a infiltrazioni contro il dolore oppure dosaggi di creatinina e glicemia glicata. A patto, ovviamente, che il medico in questione abbia deciso di dire “sì” al progetto dato che l’adesione è volontaria.
Una partecipazione più numerosa, insomma, forse era anche attesa, considerato che il progetto è stato inserito nel Piano regionale 2025 per il contenimento delle liste d’attesa. Anche se sul punto sia il presidente Eugenio Giani che l’assessore regionale al Diritto alla Salute, Simone Bezzini, hanno preferito glissare sottolineando comunque che l’iniziativa è il frutto di «un accordo siglato con i sindacati dei medici di medicina generale e rappresenta un passo concreto per migliorare la presa in carico degli assistiti, con un ruolo centrale e strategico affidato alle aggregazioni funzionali territoriali di medici di famiglia nello sviluppo del nuovo modello di assistenza territoriale e attivazione delle case di comunità».
Lo sa benissimo anche Niccolò Biancalani, segretario regionale della Fimmg, il sindacato dei medici di medicina generale, che non proprio tutto è filato per il verso giusto.
Guardare ai dati positivi
Però preferisce, comunque, guardare al bicchiere mezzo pieno, ossia «al fatto che grazie ai 269 che hanno aderito potremo attivare 451 ambulatori diagnostici negli studi dei medici di famiglia, 274 dei quali nella Toscana Centro e, rispettivamente, 128 e 49, nella Sud Est e nella Nord Ovest – spiega –. Invero non è poca cosa considerando che stiamo parlando del primo anno di una sperimentazione unica a livello nazionale».
Che, però, si possa e si debba migliora lo riconosce pure lui. Perché, nonostante le difficoltà della prima edizione, il progetto andrà avanti: «Penso che l’apertura delle case di comunità, dove troveranno posto tante aggregazioni funzionali territoriali e il nuovo accordo con la Regione, che doterà i medici di famiglia di segreteria e infermiera, saranno un contributo importantissimo per far crescere le adesioni, anche nelle zone più periferiche dove, in effetti, sono state un po’ basse». Però serve anche altro: «È importante che si riduca al minimo il tempo dedicato alla burocrazia per aumentare al massimo quello per l’attività medica e diagnostica – conclude –: consideri che, ancora oggi, in media un medico di famiglia dedica due o tre al giorno alla compilazione delle ricette». l