Il Tirreno

Toscana

Verso le regionali

Elezioni in Toscana, Giani cerca il bis: i dem e Schlein frenano e nelle chat dei riformisti scoppia la bufera

di Mario Neri

	Eugenio Giani ed Elly Schlein alla Conferenza nazionale del Pd sull politiche industriali (Foto Monaldo / LaPresse)
Eugenio Giani ed Elly Schlein alla Conferenza nazionale del Pd sull politiche industriali (Foto Monaldo / LaPresse)

Nel percorso verso le regionali gli schleiniani mettono in guardia il presidente ma lui incontra la segretaria a Roma: «Ho sostegno nel Pd e nella coalizione»

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FIRENZE. Per molti è un’epifania. Ma era invitato? Chissà. Andrea Orlando, il promotore, alza le spalle. «Vabbè, sarà uno dei suoi tanti cloni», scherzano in platea. Niente cravatta ma sorriso smaltato. Eugenio Giani si presenta agli Studios di via Tiburtina come se nulla fosse. Seduto in prima fila, allineato e coperto, mentre il Pd celebra la sua conferenza nazionale sulle politiche industriali. Un'apparizione non casuale, ma nemmeno concordata. Più un colpo di teatro che un gesto di diplomazia. Una presenza muta e ostinata, da candidato in cerca di benedizione o, più brutalmente, di un’investitura.
Gelo
A pochi metri da lui, Elly Schlein. Di armocromia vestita, come sempre. Bianconera stavolta. O così o niente, pare il messaggio. Quando si accorge che c’è Giani lo saluta. Un abbraccio con affetto, dice chi ha visto. Con circospezione, suggerisce chi sa. Di certo, senza alcun passo avanti. Nessun colloquio risolutore. «Qualche battuta l’abbiamo scambiata», dice il governatore, all’uscita, con il tono di chi sa che le sue battute non hanno fatto ridere nessuno. Non gli schleiniani in Toscana, che si son riuniti online in 150. Un quasi processo senza imputato. Nessuno lo mette in dubbio, nessuno però gli perdona gli azzardi. Il gelo di Schlein, infatti, appare più che indifferenza precisa scelta politica. Da giorni la segretaria è sotto pressione per la gestione delle alleanze regionali. Ci sono tutti gli alleati, manca Conte. La Toscana è una regione simbolo. È una culla, un laboratorio, un termometro, ma da giorni pure una polveriera. L’autocandidatura di Giani, lanciata all’improvviso senza consultazioni e sull’onda di appelli di sindaci che si son moltiplicati come Gremlins, ha scatenato una reazione dura nel partito.
Il fuggitivo
La nota che gli schleiniani diffondono nelle ore successive al blitz romano è indignazione pura, neppure la premura di edulcorarla: e allora si parla di «irritazione e sbigottimento per le fughe in avanti». E il fuggitivo, ovvio, è Giani. Gli «appelli e le dichiarazioni» dei sindaci – che i dem armocromizzati son convinti abbia insufflato lo stesso governatore – «minano il campo largo e l'alleanza con i Cinquestelle». Dietro, una riunione su Zoom con oltre 150 amministratori e dirigenti dem, il segretario regionale Emiliano Fossi e il deputato Marco Furfaro in qualità di luogotenente della segretaria. Il punto, per i fedelissimi di Schlein, è chiaro: Giani rischia di sabotare il fragile equilibrio che tiene insieme la coalizione. Non solo per la sua storia personale (da ex socialista a renziano della prima ora), ma per il metodo con cui ha annunciato di voler correre di nuovo. Una mossa «azzardata», dice chi ha parlato con Fossi e Furfaro, proprio nel momento in cui il Nazareno cerca di costruire un’intesa con il M5s a livello nazionale. E la Toscana, per i grillini, non è certo una priorità su cui cedere senza contropartite.
La scossa
Da settimane, Giani insiste sulla sua legittimità. Parla dei sondaggi super, di appelli dal territorio, di sindaci che lo vogliono. «Sento tanto sostegno nel Pd e nella coalizione». «Da parte mia c’era la necessità di dare una scossa». Tutto vero. La scossa, però, ha prodotto un cortocircuito. E la reprimenda dell’area schleiniana toscana è una scudisciata: «Il nuovo Pd ha aperto una stagione politica di grande cambiamento. Le leggi innovative promosse dal partito e dal gruppo consiliare hanno dato la spinta decisiva all'aumento del consenso del presidente e dell'azione di governo, due anni fa sotto la metà degli elettori e oggi al 60%».

Meriti

Come dire: se Giani è popolare oggi, lo deve a noi. A chi ha portato avanti la “nuova fase” con i suoi contenuti di sinistra: dalla legge sul fine vita e quella sui consorzi industriali. E, ohibò, a leggerli gli schleiniani Giani sembra quasi un beneficiario ingrato. La reazione è immediata. Nelle chat dell’area riformista, i bonacciniani toscani, con i loro capi Brenda Barnini e Leonardo Marras, scoppia il finimondo. «Autoconvochiamo la direzione e li mettiamo in minoranza», scrive qualcuno. «Con molte firme dei loro, per giunta». Uno dei big getta acqua sul fuoco: «Calma ragazzi, calma». Ma il tono è da resa dei conti. Con la minoranza, quella schleiniana, accusata di voler intestarsi pure i successi del governo. Il prossimo appuntamento, adesso è lunedì 14 luglio. A Roma, finalmente, un incontro ufficiale tra Giani e Schlein. Alla presenza di Fossi e Furfaro, che faranno da mediatori. «Eugenio dovrà fare pace con Elly», dice un dirigente toscano dei dem. In ballo c’è anche la data delle elezioni: il 12 ottobre, fissata unilateralmente da Giani, potrebbe essere rivista per dare più tempo alla costruzione dell’alleanza. Se il governatore cederà, sarà segno di un compromesso. Se insisterà, lo scontro diventerà inevitabile.

Osservatorio stellato
Intanto, i Cinquestelle osservano. Pronti a sfilarsi in caso di nuove «fughe in avanti». Anche perché al Nazareno si è letto con fastidio un retroscena del Foglio che raccontava di un Giuseppe Conte furibondo, deciso a far saltare il banco se il Pd insiste a trattarlo come un gregario, a dare per scontati i suoi candidati governatori. Così, mentre la destra lavora in silenzio ai propri candidati – la prossima settimana potrebbe arrivare l’ok ad Alessandro Tomasi – il centrosinistra rischia di affondare nelle sue trincee.

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