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Fumi e rumori molesti: quando si può agire in modo da farli cessare

Fumi e rumori molesti:
quando si può agire
in modo da farli cessare

È possibile chiedere il risarcimento: i consigli dell'avvocato Biagio Depresbìteris

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Vivo in un appartamento in locazione, un immobile posto al primo piano di un condominio. L’appartamento subito sotto è adibito a locale ristorante e dal vano cucina sia a pranzo che a cena vengono esalate molte quantità di fumo che confluiscono per forza di cose nel mio appartamento; anche i rumori sono insopportabili. A chi posso rivolgermi per far cessare questo inferno?
Francesco V.

Nel nostro ordinamento, il fenomeno delle immissioni moleste, quali fumi, odori, esalazioni, rumori e simili propagazioni provenienti da un fondo vicino, trova una disciplina specifica nell’art. 844 del Codice Civile. Tale norma stabilisce che il proprietario di un fondo non può impedirle se non superano la normale tollerabilità, criterio che non si basa su parametri assoluti, ma piuttosto su una valutazione caso per caso, tenendo conto anche della condizione dei luoghi e della conciliazione tra esigenze produttive e diritto di proprietà. In assenza di specifici valori soglia per le emissioni olfattive nella normativa statale, come confermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 18592/2019, il giudizio di tollerabilità deve essere ancorato a elementi oggettivi e soggettivi, quali intensità, durata, frequenza e contesto ambientale. A tal fine, risulta essenziale il ricorso a perizie tecniche condotte da esperti qualificati che, mediante l’uso di strumenti specifici e metodologie standardizzate, possano accertare la presenza, la gravità e la persistenza delle emissioni. Nel caso in cui l’uso di strumenti sia tecnicamente impossibile o assente, il giudice potrà basarsi sulle dichiarazioni testimoniali, pur con la consapevolezza che tali fonti probatorie possono risultare meno oggettive e più facilmente contestabili. Ulteriore elemento fondamentale è il nesso causale tra l’immissione e il danno subito: il semplice fastidio non basta. È necessario dimostrare che le esalazioni provocano una concreta lesione al diritto di proprietà o alla salute. Ad esempio, la necessità di tenere chiuse finestre e balconi, oppure l’insorgenza o l’aggravarsi di una patologia documentata da certificazioni mediche costituiscono elementi che possono rafforzare la posizione del danneggiato. Sul piano contrattuale, l’art. 1585 c.c. impone al locatore l’obbligo di garantire il conduttore da molestie di terzi che pretendano di avere diritti sull’immobile. Tuttavia, in presenza di immissioni da parte di terzi che non vantano diritti sull’immobile, il conduttore potrà agire direttamente in proprio nome contro gli autori delle molestie, specie qualora esse compromettano il pacifico godimento del bene locato. Il giudice civile nell’applicare l’art. 844 c.c. deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà nel caso di immissioni accertate nel limite della normale tollerabilità. Solo in questo caso la legge consente di imporre al proprietario l’obbligo di sopportare le immissioni, ove ciò sia funzionale alle esigenze di produzione (si pensi al ristorante), eventualmente considerando la corresponsione di un equo indennizzo. Quando però viene accertato che le immissioni di fumo, odore e rumore provenienti dal vicino sono intollerabili, il giudice non potrà effettuare questo giudizio di bilanciamento, bensì dovrà ordinare la cessazione delle immissioni e condannare chi le ha causate al risarcimento del danno (Cassazione civile n. 25820 del 2009; n. 5844 del 2007, n. 939 del 2011 e n. 8094 del 2014). Sul versante penalistico, è rilevante l’art. 674 c.p., che configura il reato contravvenzionale di getto pericoloso di cose, applicabile anche in presenza di emissioni moleste come fumo o odori, anche se provenienti da impianti autorizzati. La Cassazione (ord. n. 44257/2017) ha chiarito che l’elemento essenziale del reato è la molestia cagionata a persone, e non il superamento di soglie fissate da norme tecniche. Pertanto, anche un’attività formalmente autorizzata, come un ristorante dotato di impianto di aerazione, può incorrere in responsabilità penale qualora le esalazioni superino la soglia della stretta tollerabilità per i vicini. La giurisprudenza ritiene, inoltre, che il reato scatti al di là dell’effettivo danno, ma per il semplice pericolo che la condotta costituisce (il danno può servire se si chiede il risarcimento). In caso di danno concreto, può essere richiesta anche la tutela civilistica mediante risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., laddove il soggetto leso dimostri di aver subito una lesione a diritti inviolabili della persona, come il diritto alla salute o alla vita privata, costituzionalmente garantiti.

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