Lucca, chi era l'uomo morto in cartiera: il passato da vivaista, i problemi di salute e perché lavorava ancora a 69 anni
Luca Cavati nel 2006 aveva dovuto abbandonare il vecchio lavoro per arrivare a San Pietro a Vico. Il ricordo: «Allegro e sorridente, metteva di buon umore»
LUCCA. Con i volti rigati dalle lacrime hanno chiesto, appena arrivati nello stabilimento di via dell’Acquacalda, di vedere il loro marito e padre. «Ridatemi mio papà – urla a squarciagola con la morte del cuore la figlia Nagaya –. Voglio vederlo di nuovo, voglio toccarlo, voglio abbracciarlo». Una richiesta condivisa in maniera straziante pure dalla moglie Antonella, accompagnata dall’altro figlio Cristiano, quasi a voler esorcizzare la scomparsa dell’uomo della sua vita, con cui si era spostata nel settembre 1980 e aveva creato una famiglia unita.
Dal vivaismo alla cartiera
Tutti e tre composti, insieme ad altri parenti giunti con il passare dei minuti sul luogo della tragedia, nel cercare di capire con gli inquirenti e i rappresentanti dell’azienda la dinamica di quanto accaduto poco dopo le 9 di ieri mattina. Un incidente sul lavoro consumatosi in quell’azienda diventata, da 18 anni a questa parte, la “casa” occupazionale di Luca Cavati. Originario di Pescia ma da diversi anni residente a Spianate (frazione di Altopascio), il 69enne prima di approdare nella storica cartiera lucchese aveva lavorato nel settore florovivaistico. Cavati, figlio di una terra dedita a questa produzione qual è la Valdinievole, infatti, era stato impegnato nel commercio di fiori. Poi i gravi problemi di salute che l’avevano portato nel 2006 ad abbandonare il vivaismo e a trovare un’occupazione nelle “Cartiere Modesto Cardella”, storica azienda sorta a San Pietro a Vico nata agli inizi del secolo scorso e acquisita nel 1946 dalla famiglia Cardella.
Luca era stato assunto, non è chiaro se all’interno di una cooperativa o direttamente nella cartotecnica, come categoria protetta. Ricopriva un incarico di raccordo tra gli autotrasportatori che ogni giorno scaricavano i materiali e gli uffici, consegnando le bolle dei scarichi da effettuare nel piazzale antistante la multinazionale e si muoveva in quell’ampio perimetro, che conosceva a menadito, facendo avanti e indietro con gli uffici interni. Nonostante i 69 anni, età alla quale la maggior parte delle persone è in pensione, aveva deciso di continuare a lavorare. Un po’ perché quell’impiego lo faceva sentire ancora attivo e un po’ perché con i contributi versati non avrebbe ottenuto un vitalizio adeguato. Gli autotrasportatori lo conoscevano tutti e il suo consueto buonumore li aveva conquistati facendolo benvolere da colleghi e maestranze.
L’amico camionista
Tra i più colpiti dalla tragedia c’è Matteo Amazzini, residente nel comune di Pescia, titolare di un’azienda di autotrasporto. È incredulo davanti al cancello chiuso delle Cartiere Modesto Cardella. Là in fondo al piazzale esterno, coperto da un telo bianco macchiato di sangue, c’è il corpo senza vita di uno dei suoi più cari amici.
«Con Luca – dice – siamo cresciuti assieme tra Pescia e Collodi e da quando lavorava in questa azienda lo vedevo quasi tutte le mattine. Non solo. Entrambi siamo grandi tifosi della Juventus e tra due settimane (sabato 23 novembre) saremmo andati insieme a San Siro a vedere i bianconeri contro il Milan. Era già tutto organizzato e lui non vedeva l’ora. Il calcio era la sua grande passione e a trascinarlo fuori di casa erano le partite della Vecchia Signora». È senza parole l’autotrasportatore: «Per anni ha lottato come un leone contro le malattie. Ha avuto un trapianto e dei problemi cardiaci. Ma ha sempre reagito con grande forza di volontà per la sua famiglia specie per la moglie che viveva con lui da più di 40 anni. Me lo rivedo davanti sempre sorridente, allegro e positivo nonostante tutto. A lui bastavano una giornata di sole e quattro chiacchiere con gli amici per essere felice. Da giovane lavorava in proprio al mercato dei fiori di Pescia. Con un furgoncino andava a vendere i prodotti della sua piccola azienda florovivaistica a conduzione familiare. Poi, in considerazione dei suoi gravi problemi di salute, ha dovuto mollare tutto ed è stato assunto da una quindicina d’anni in questa cartiera dove non svolgeva mansioni di fatica, ma di magazzino e di ufficio. Si trovava bene con tutti ed era felice». Passa un altro camionista, origini brasiliane, residente in Brancoleria: «Mi aveva ribattezzato Samba e quando mi vedeva entrare con il camion inscenava un mezzo balletto. Era simpaticissimo. Sapere che non lo vedrò più è duro da digerire». l