Il Tirreno

Toscana

Il dolore

Strage di Suviana, i funerali di Alessandro. I fiori bianchi, le lacrime della fidanzata: «Guardami da lassù e aspettami»

di Andreas Quirici

	A destra la sorella e la compagna del 36enne
A destra la sorella e la compagna del 36enne

Tutto il paese alla cerimonia funebre del tecnico Alessandro D’Andrea, morto a 36 anni nell'esplosione della centrale

20 aprile 2024
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PALAIA.  «Guardami da lassù e aspettami. Prima o poi saremo di nuovo insieme. E sarà un giorno di festa». Sara Bianco scende dall’altare. La fidanzata di Alessandro D’Andreail tecnico morto nell’incidente della centrale idroelettrica di Suviana, ha appena concluso il suo ricordo della sua «metà del cuore» in una chiesa di Forcoli stracolma di persone, tutte con gli occhi arrossati dalla commozione durante il funerale del 36enne che abitava con lei a Milano, dopo aver trovato lavoro nella Voith Hydro di Cinisello Balsamo. Un dolore incredibile per mamma Carla Consoloni che viene sommersa dall’affetto di parenti e amici e tocca a lungo la bara su cui campeggia la foto di suo figlio sorridente, rose bianche con un “ti amo, Sara” e una composizione floreale arancione. Al fianco della donna il marito Daniele D’Andrea che non smette di ricevere condoglianze stringendosi in infiniti abbracci tra lacrime e qualche sorriso. Affrante le sorelle Federica, agente di polizia, e Nicoletta, architetto. Mentre tra le panche il paese si stringe attorno a quella famiglia che da oltre una settimana non riesce a trovare pace.

Che quanto accaduto ad Alessandro non sia una morte “normale” lo testimonia la presenza del vescovo di San Miniato, Giovanni Paccosi, insieme agli ex parroci don Andrea Cristiani, fondatore del Movimento Shalom e don Angelo Falchi che in questi giorni non ha lasciato sola la famiglia D’Andrea nemmeno un giorno. Insieme a loro il parroco Paikad Don Antony Sebastian. Ai lati il sindaco di Palaia, Marco Gherardini con la fascia tricolore, l’assessora regionale Alessandra Nardini con la fascia della Regione Toscana e il presidente del consiglio regionale, Antonio Mazzeo. C’è anche una rappresentanza di Enel Green Power, società proprietaria della centrale di Suviana.

Ma quello che colpisce, ancora una volta, è il coinvolgimento del paese. In centro i negozi sono listati a lutto e in piazza Brunner, dopo pranzo, le persone hanno i volti scuri di chi rispetta il dolore che è calato su tutti dopo la tragedia in Appennino. Per arrivare alla chiesa si deve fare una ripidissima salita, i parcheggi sono pochi, ma la Misericordia usa i propri mezzi come bus navette per trasportare i partecipanti alla celebrazione.

No, quella del 36enne non è una morte “normale”. È un incidente sul lavoro. Don Falchi, durante l’omelia lo dice chiaramente: «Sul come è morto Alessandro spetta a chi di dovere spiegare se si è trattato di una tragedia per errore tecnico, umano o per la sottovalutazione del pericolo. Noi ci domandiamo il perché si muoia a 36 anni, quando la vita è nel suo rigoglio, quando le aspirazioni stanno per diventare realtà». Il sindaco, poi, ha lanciato una sorta di appello alle istituzioni, affinché «la sicurezza sul lavoro diventi una questione prioritaria e venga trattata come un’emergenza. Morire così è inconcepibile». Secondo Nardini, si tratta di «un'urgenza assoluta. Serve il rilancio di un'azione comune delle istituzioni, a tutti i livelli, insieme alle parti sociali tutte, al mondo dell'impresa e ai sindacati, per fermare quella che è una vera e propria strage».

Ma questi sono stati gli unici accenni al “come” è morto Alessandro D’Andrea. I suoi cari hanno speso frasi struggenti nel suo ricordo. «Non esistono parole per esprimere quello che ho dentro – ha detto Sara Bianco, la fidanzata –. Ma a noi non servivano, bastava un cenno degli occhi. Eri il primo confidente, il mio migliore amico, l’amore della mia vita. Avremmo potuto affrontare il mondo, ma ora c’è un vuoto incolmabile. Mi è stata strappata la metà di me. Ma ti sono grata per avermi scelta».

La sorella Federica ha ricordato quando da piccolo Alessandro s’infilava nel letto: «Fingevi fosse il terremoto ma era la scusa per prenderti le coccole. Hai sempre smontato tutto, avevi il banco di scuola illuminato con i Led. Sei sempre stato un uragano. Poi sei diventato grande e sei partito per Milano con la voglia di spaccare il mondo. Sii la forza per mamma e babbo, rassicura Sara, pensa a me e Nico. Insegnami a vivere. Io ti ricorderò col cappellino in testa e la canna da pesca in mano. Ti porterà sempre con me».

L’altra sorella, Nicoletta, sorretta dal compagno, lo ha definito «il nostro inventore. Adesso aggiusta il nostro cuore e anche quello di babbo e mamma. Noi rimarremo con Sara, la cosa più preziosa che ci hai lasciato».

Poi, dopo la benedizione, un lungo silenzio dentro e fuori dalla chiesa. Solo le note del brano dei Metallica, Nothing else metter, non importa nient’altro.

 

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