La tragedia
Torniamo al rispetto
No a modelli repressivi, sì alle regole
La reintroduzione del voto in condotta scaturisce dall’assoluto bisogno di restituire autorevolezza e rispetto all’istituzione scolastica.
Dall’ingerenza pervasiva dei modelli edonistici e pacchiani dei social allo scarso riconoscimento del ruolo dei docenti da parte dei genitori, dall’idea sempre più frustrante che “la cultura non serve a niente” alla bassa attenzione alla manutenzione degli edifici scolastici, è ormai palese un attacco concentrico al principale presidio formativo ed educativo della società italiana.
Non si tratta di reintrodurre modelli repressivi e autoritari, ma di valorizzare la funzione e il prestigio di un’istituzione fiaccata da decenni di ottusa burocratizzazione e di nichilismo pedagogico.
Se nella società e nelle famiglie prevalgono elementi di disimpegno e di resa educativa, è assolutamente necessario che nelle scuole tornino ad essere garantiti valori fondamentali quali l’educazione civica, il rispetto dei docenti e dei compagni di scuola e il riconoscimento dell’autorevolezza della scuola.
E tutto questo anche per permettere ai docenti – sempre meno rispettati, anzitutto dai genitori – di operare con strumenti più incisivi all’interno di classi che a volte sono delle vere e proprie baraonde.
Nessuno può pensare di arginare il crescente disordine culturale, valoriale ed educativo con leggi miracolose, ma da qualche parte bisogna pur iniziare, e non già per far sentire un autoreferenziale pugno di ferro dello Stato, ma per difendere i tanti, troppi – forse tutti – che nel caos si sentono ancora più smarriti, demotivati, confusi e umiliati. Perché avere certezze e “modelli” di riferimento è qualcosa che fa bene, soprattutto quando si è ribelli, inquieti oppure segnati da esperienze personali negative.
Una società giusta è una società che si fonda sul rispetto delle regole e sull’educazione civica, ma è anche una società che sa governare e assorbire il dissenso, la ribellione e le cosiddette devianze. Chi entra a scuola, dunque, deve sapere che lì si studia e bisogna rispettare i docenti e i compagni di classe; ma deve anche sapere che chi sbaglia dovrà si pagare un prezzo, ma che poi le porte per lui rimarranno comunque aperte, perché una società giusta è una società che punisce chi indebolisce e aggredisce istituzioni nobili come la scuola, ma che poi fa di tutto per recuperare e motivare i tanti che, soprattutto durante l’adolescenza, danno segni di anarchia, di insofferenza e di ribellione.
A scanso di equivoci: questi provvedimenti non devono essere letti come provvedimenti di “destra”, ma come assunzioni di responsabilità da parte del mondo degli adulti, che spesso si comporta con eccessiva indulgenza e cinica pigrizia nei confronti dei giovani, che invece traggono grande giovamento e sicurezza dall’incontro-scontro con modelli culturali e valoriali forti, cementati dall’esperienza e dalla responsabilità educativa.
Nessuno nelle nostre scuole deve rimanere indietro e abbandonato a sé stesso, ma quando si entra a scuola bisogna rispettare alcune regole di civiltà, e queste regole fanno bene a tutti, soprattutto ai nostri ragazzi, che devono capire che senza senso di responsabilità la libertà può diventare distruttiva e autodistruttiva.
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